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DIECI FACCE DA LIEGI
di Angelo Costa | 22/04/2023 | 08:15

Ultima classica di primavera prima dei grandi giri, la Liegi-Bastogne-Liegi offre ai cacciatori di classiche il menu più indigesto: non bastassero i 258 chilometri da percorrere, le undici cotes da scalare e un dislivello da tappone alpino, spesso ci si mette anche il meteo a complicare la vita ai corridori. Tracciato tradizionale per la più vecchia delle grandi corse, che col Lombardia si divide il titolo di più dura: uniche novità il ritorno della Côte de Forges e il debutto della Côte de Cornemont, piazzata subito dopo la Redoute, la salita più iconica. Quest’ultima resta decisiva almeno quanto la Roche aux Faucons, l’esame finale prima del traguardo. Dei vincitori più recenti manca soltanto Roglic, tutto concentrato sul Giro, per l’occasione torna Evenepoel, anche lui da settimane impegnato a preparare l’appuntamento rosa: ad attenderlo c’è un certo Pogacar, che un anno fa alla vigilia rinunciò a correre per un lutto che colpì la fidanzata. Sono le facce più attese per tornare nell’albo d’oro, dove già sono entrambi: con le loro due, ecco le altre otto che invece potrebbero regalare un risultato a sorpresa.

Tadej Pogacar. Vince perché è una cosa che gli viene naturale e in questo momento persino facile, perché le classiche monumento sono quelle che preferisce, perché vuole entrare nella storia facendo tripletta nelle Ardenne. Non vince perché prima o poi anche ai fenomeni qualcosa va storto.

Remco Evenepoel. Vince perché un anno fa al debutto ha subito fatto centro, perché anche lui ama le classiche più dure, perché deve risollevare il bilancio di una squadra che nelle corse che contano è sparita. Non vince perché non corre da un mese e il ritmo di gara non si improvvisa.

Mattias Skjelmose. Vince perchè sembra fatto apposta per le corse più impegnative, perché a 22 anni ha fretta di dimostrare di essere un astro nascente, perché il secondo posto alla Freccia è un segnale e non un’eccezione. Non vince perché la distanza lunga può giocargli contro.

Romain Bardet. Vince perché ama questo genere di classiche, perché su percorsi come questo e il Lombardia è stato spesso protagonista, perché a 32 anni non gli resta molto tempo per vincere una grande corsa in linea. Non vince perché trova sempre chi ha un guizzo migliore del suo.

Michael Woods. Vince perché non c’è corsa più adatta a lui di questa, perché si presenta pronto al punto giusto, perché nelle ultime sei edizioni non è mai uscito dai primi dieci. Non vince perché per non correre rischi deve lasciare per strada l’intera concorrenza.

Tiesj Benoot. Vince perchè è una corsa dove con gli anni è migliorato, perchè non teme né distanza né fatica, perché ha sulle spalle il peso di una Jumbo che ha promesso tanto e mantenuto niente. Non vince perchè in corse così dure gli manca sempre il centesimo per fare l’euro.

Mikel Landa. Vince perché a questa campagna del Nord si è presentato nella forma giusta, perché questa è una delle poche classiche che gli stanno di misura, perché fare corsa d’attesa potrebbe portarlo lontano. Non vince perchè gli manca sempre l’attimo giusto per fare la differenza.

Giulio Ciccone. Vince perchè è l’italiano che ha le maggiori chance di riuscirci, perchè alla Freccia ha confermato il buon avvio di stagione, perchè su un terreno come questo ha le qualità giuste. Non vince perchè la sua generosità lo porta spesso ad anticipare i tempi sprecando energie utili.

Alexey Lutsenko. Vince perchè è adatto a questo tipo di percorsi, perchè è sceso dall’altura con un altro passo, perchè a trent’anni se vuoi dimostrarti uomo da classiche devi cominciare a vincerne. Non vince perchè in questa corsa o si è ritirato o si è smarrito presto.

Tom Pidcock. Vince perché ha le qualità per farlo, perchè deve riscattare una stagione di classiche al di sotto delle attese, perchè resta comunque uno da tener d’occhio. Non vince perchè dopo la caduta alla Tirreno gli è sempre mancato qualcosa per essere perfetto.

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