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DIECI FACCE DA SANREMO
di Angelo Costa | 17/03/2023 | 08:20

Di inedito ci sono la partenza da Abbiategrasso e i primi trenta chilometri di pianura. Il resto è arcinoto, con la Liguria, i suoi venti dispettosi, i capi per cominciare a indurir le gambe e gli strappi conclusivi di Cipressa e Poggio a decidere il verdetto finale. A dispetto dell’età ultracentenaria, la Milano-Sanremo conserva il fascino della classica difficile da conquistare perché di tutte è la più imprevedibile: la possono sognare i velocisti, i cacciatori di classiche, gli specialisti delle corse a tappe e pure chi ha nella cronometro il suo piatto forte. Alla distanza extralarge del tracciato (294 chilometri) si affida un interrogativo: sarà il solito viaggio da sbadigli prima di un finale con gli stessi effetti di due dita infilate nella presa elettrica oppure la nuova generazione di campioni che corrono senza far calcoli riuscirà a rivoluzionare anche questo spartito? Detto che l’assenza di Evenepoel allungherà il digiuno di iridati nell’albo d’oro (l’ultimo Saronni, quarant’anni fa esatti) e che di italiani vincenti in questo millennio se ne sono visti cinque appena (l’ultimo Nibali, cinque anni fa), ecco le dieci facce pronte a sventolare in cima al podio della Classicissima.

Tadej Pogacar. Vince perché quest’anno sembra riuscirgli con maggior facilità del solito, perché al primo tentativo in Riviera lo scorso anno ha già messo la faccia nei primi cinque, perché ha una marcia in più anche nelle classiche. Non vince perché su un tracciato così la concorrenza è abbastanza numerosa per riuscire a fermarlo.

Wout Van Aert. Vince perché è in condizioni smaglianti, perché nei quattro precedenti conta un successo, un podio e due piazzamenti nei primi otto, perchè può farlo sia scappando che aspettando la volata. Non vince perché nel gioco tattico di squadra avere al fianco Laporte è un vantaggio, ma potrebbe rivelarsi un problema.

Julian Alaphilippe. Vince perché questo podio l’ha frequentato tutto, perché lavorando per la squadra alla Tirreno-Adriatico ha lavorato anche per se stesso, perché in questa classica contano le gambe, ma pure esperienza e classe. Non vince perché con tanti candidati al successo qualcuno può scappargli.

Mathieu Van der Poel. Vince perché con questa classica ha un grande feeling, perché alla Tirreno-Adriatico ha pensato soprattutto ad allenarsi, perché dopo il quinto mondiale di cross non ha ancora fatto centro su strada. Non vince perché lo marcheranno stretto e in un arrivo in volata è meno veloce dei diretti rivali.

Biniam Girmay. Vince perché è una delle classiche che gli si adattano meglio, perché è un altro che alla Tirreno-Adriatico ha pensato solo a restar nascosto, perché in un arrivo ristretto è tra i più veloci. Non vince perché non ha ancora 23 anni e alla Sanremo, oltre a fortuna e gambe, l’esperienza conta.

Filippo Ganna. Vince perché per la prima volta si presenta per provarci, perchè in passato ha dimostrato di saper reggere gli strappi, perché per diventare uomo da classiche da qualche parte bisogna iniziare. Non vince perché, quando in volata non sei il più veloce della compagnia, sei obbligato a staccar tutti.

Mads Pedersen. Vince perché alla Parigi-Nizza ha dimostrato di esser pronto, perché dopo aver centrato il mondiale ha mostrato di avere la taglia per le grandi classiche, perché un anno fa al debutto ha chiuso sesto. Non vince perché questa è una corsa che non gli piace e magari se lo ricorda.

Caleb Ewan. Vince perché è l’unica grande classica che affronta, perché in cinque partecipazioni è arrivato due volte secondo, perché tra i velocisti è quello che digerisce meglio i capi liguri. Non vince perché nell’ultimo mese ha corso soltanto una volta e questo potrebbe averlo un po’ ingolfato.

Jasper Philipsen. Vince perché degli sprinter è il più in palla di tutti, perché è uscito dalla Tirreno-Adriatico rodato al punto giusto, perché se Van der Poel non avrà spazio può arrivare a giocarsela. Non vince perché i grandi favoriti si metteranno all’opera per tempo per lasciare indietro quelli come lui.

Matej Mohoric. Vince perché è stato l’ultimo a farlo, perché regge il passo sugli strappi e in discesa è un drago, perché come un anno fa ha preferito saltare la Tirreno-Adriatico per allenarsi. Non vince perché un conto è correre da outsider, un altro partire con gli occhi di tutti addosso.

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