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GATTI & MISFATTI. SIGNOR FUGLSANG, ABBASSARE UN PO' LE ARIE
di Cristiano Gatti | 12/10/2020 | 14:39

Egregio signor Jakob Fuglsang, approfitto di questa giornata riposante per inviarle due righe sentite e doverose in merito al suo atteggiamento in questo strano Giro 2020. Mi riferisco in particolare all'intervista in cui spiega i suoi rapporti con Nibali, cordiali come quelli tra Biden e Trump, con tanto di spiegazione: “Abbiamo corso quattro anni assieme all'Astana, ma in questo Giro non ci parliamo. Lui mi ignora. Magari fatica ad accettare che io ultimamente sia più forte di lui”, eccetera, eccetera.

Naturalmente non ho la minima intenzione di intromettermi nelle vostre questioni personali: nessuno, dal di fuori, può sapere se vi dividano conti arretrati. Cose vostre, le conoscete davvero soltanto voi. E nessuno deve impicciarsi.

A me, dal di fuori, preme soltanto farle presente un risvolto che riguarda e coinvolge tutto il pubblico del Giro, tifosi e non tifosi suoi, tifosi e non tifosi di Nibali. Per dirla in breve, riguarda il tono del suo dire e l'importanza che si dà nel porsi davanti a tutti quanti.

Va bene, a forza di ricevere no grazie da tanti big prima ancora di cominciare, a forza di veder saltare i pochi presenti, come Thomas e Yates, è chiaro che attualmente lei può godere della carica di favorito. Lo sarei anch'io, se corressimo in due.

Ma se lo lasci dire in tutta franchezza: le arie e la postura che si dà non sono giustificate da altro. Non lo dico io che magari sono una carogna, lo dice la sua ormai lunghissima carriera. Basta andarla a rivedere, come ho fatto io perchè non mi piace mai dire così per dire. A beneficio di chi magari si è lasciato convincere dai suoi toni padronali, riassumo velocissimamente: di veramente sostanzioso, a 35 anni e mezzo, lei può vantare la Liegi del 2019 e il Lombardia di quest'anno (strampalato). Aggiungiamoci doverosamente anche l'argento olimpico a Rio 2016, che comunque è una sconfitta.

In ogni caso, siamo già alla conclusione. Oltre tutto, restiamo sempre nel campo delle corse in linea, un giorno da leoni e morta lì. Se passo ai grandi giri, di cui stiamo parlando in questi giorni, il curriculum sarebbe da buttarla fuori a calci nel didietro in qualunque colloquio di lavoro: miglior risultato al Tour il settimo posto del 2013, su nove partecipazioni, miglior risultato al Giro 12esimo posto nel 2016, miglior risultato alla Vuelta decimo nel 2011.

Questo per dirle che magari Nibali non sarà più quello dei trent'anni, tant'è vero che magari quest'anno le riuscirà di batterlo, ma che al momento niente l'autorizza a darsi tutte queste arie da capobastone. L'idea mia, senza mancarle di rispetto, sarebbe che queste arie andrebbero un po' abbassate, in rapporto alla sua effettiva statura e al suo reale prestigio.

E per piacere non ci provi nemmeno a dire che sono il solito italiano provinciale e partigiano, subito pronto a difendere il suo compare: l'anno scorso Nibali fece un po' il bulletto con Roglic, salendo a Ceresole, gli disse una cosa del tipo ei amico, se non tiri vorrà dire che vedrai il trofeo del Giro a casa mia, ti posso invitare, così ti lucidi la vista. Puntualmente, in tanti glielo facemmo pesare. Pure troppo, dopo tutto.

Di più. Posso garantirle che tutti noi italiani siamo pronti a riconoscerle le previste celebrazioni in caso di un suo trionfo nella bislacca edizione 2020 del Giro. Promessa solenne. Però, prima di fare il bullo, cominci a vincerlo sul serio. Se davvero Nibali muore d'invidia nei suoi confronti, ci faccia capire perchè, dominando questa corsa. A 35 anni e mezzo, per qualunque uomo, non è più il tempo delle parole: contano e restano solo i fatti. D'altra parte, anche a lei non restano più tante occasioni: alla sua bella età, deve ancora dimostrare di saperlo reggere, un grande giro, prima ancora di vincerlo. Sotto questo profilo, Nibali non deve dimostrare più nulla. Eppure sta zitto, non sta a rivangare niente, le corre al fianco da avversario e fa di tutto per batterla un'altra volta.

D'altronde, non sta scritto da nessuna parte che due avversari debbano amarsi e magari pure sposarsi. Neppure se hanno corso nella stessa squadra per quattro anni. Se Nibali non le rivolge la parola, avrà i suoi motivi. Ne trovi uno per tacere anche lei. E pedalare. E vincere. Nell'attesa, se le riesce, abbassare un po' le arie. Magari diventa pure più aerodinamico.

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