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UMBERTO MARENGO E IL SOGNO DI UN RAGAZZO TESTARDO
di Giulia De Maio | 27/12/2018 | 07:19

È stato un viaggio lungo e accidentato, ma la grinta non gli è mai mancata e dopo tante delusioni finalmente è arrivata la grande chance. Umberto Marengo è pronto a sbarcare tra i professionisti. Vinto l’Oscar tuttoBICI Gran Premio Merida come miglior Élite 2018 in maglia Viris L&L Sisal Matchpoint, si prepara ad approdare nella massima categoria con il team di Citracca e Scinto. Il ventiseienne torinese, che nella nostra challange ha avuto la meglio su Jalel Duranti (Petroli Firenze Maserati) e su Filippo Tagliani (Delio Gallina Colo­sio Euro­feed), dopo una faticosa gavetta tra i dilettanti ha ottenuto l’occasione a lungo inseguita di affrontare il grande salto nella massima categoria.

Ti aspettavi questa super stagione?
«Speravo di riconfermare quella dell’anno scorso che mi era valsa sette vittorie, ci sono andato vicino con cinque centri e non posso recriminare nulla. Tutti i successi sono stati belli, la prima vittoria a San Ginese di Compito è arrivata presto e mi ha dato morale, sono seguite quella a Castelnuovo Scrivia, il prestigioso Piccolo Giro dell’Emilia, il successo di Ceglie Messapica fino all’ultimo sigillo a Som­ma Lombardo. Da Elite si fa fatica a farsi notare dalle squadre dei professionisti: confesso che a metà stagione ho avuto un momento difficile e mi sono chiesto se avesse senso continuare, avevo iniziato con buoni propositi, ma diventava sempre più complicato, tanto che avevo quasi perso le speranze. Poi ho ripreso ad andare forte e finalmente mi è stato proposto un contratto tra i grandi».

Come mai sei sbocciato così tardi?
«Non sono riuscito ad emergere prima perché non avevo la maturità fisica della maggior parte dei miei coetanei. Sono sempre stato piccolino e poco sviluppato. Negli ultimi tre anni sono cresciuto fisicamente e mentalmente, il che è fondamentale visto che per il 90% secondo me conta la testa. Cosa avrei fatto se non avessi sfondato con il ciclismo? Probabilmente sarei andato a lavorare per mio zio, che fa parquet».

Che emozione hai provato a salire sul pal­co della Notte degli Oscar tuttoBICI?
«Quella che si prova quando tagli un traguardo prestigioso: è stata una bella soddisfazione. Questo riconoscimento è stato vinto da corridori importanti, spero sia di buon auspicio. A dire la verità non sapevo nemmeno di essere in classifica, l’ho scoperto a fine anno, è stato una conseguenza dei buoni risultati ottenuti. Ho voluto condividere questo orgoglio gigante con il mio amico Marco Vallante, che mi ha aiutato tanto a tener duro in vista del passaggio».

Chi ti ha trasmesso la passione per il ci­clismo?
«Da piccolo stavo spesso dai nonni pa­terni, nonno Matteo usciva in bici co­me amatore, la sua bici da corsa mi sembrava stupenda. A 2-3 anni ho co­minciato a pedalare senza rotelle. A 8 anni ho convinto i miei genitori a farmi provare con il ciclismo. Nonno purtroppo non c’è più da due anni, ma penso sarebbe orgoglioso di quello che sto facendo. Papà Roberto ha fatto qualche garetta da amatore prima che nascessi, ma nulla di più. Lavora in un’azienda meccanica come operaio, mamma Tiziana invece è maestra alla materna. Ho un fratello più piccolo, Emanuele, che fa le stagioni in montagna come cuoco. Viviamo tutti insieme a Roletto, in provincia di Torino. La mia famiglia mi ha sempre sostenuto, se sono arrivato fin qui è merito loro».

Sei fidanzato?
«Sì, con Ornella. Stiamo insieme da tre anni, prima di conoscermi non seguiva il ciclismo, ora si sta appassionando per “colpa” mia».

Come ti definiresti?
«Sono una testa dura: sono grintoso e testardo, un atleta completo».

Ricordi la tua prima gara?
«Sì, fu a Valenza da G3 in sella ad una bici arancione, costruita da papà. Ri­cordo che sopportai tanta fatica. Negli anni ho vissuto tanti momenti no, po­chi sì, ma sono uno che non molla facilmente».

Il tuo piatto preferito?
«Tutti (sorride, ndr). Mi piace mangiare qualsiasi cosa, sono una buona forchetta».

Il tuo idolo?
«Da piccolino ammiravo moltissimo Marco Pantani e Mario Cipollini: sportivi fondamentali nella storia del ciclismo. Tra i corridori in attività è facile rispondere Peter Sagan. Ha vinto tre titoli mondiali consecutivi ed è il corridore di quest’era che colpisce di più».

La gara dei sogni?
«Sono due, la Milano-Sanremo e il Gi­ro d’Italia».

Con chi ti alleni generalmente?
«Il mio compagno “storico” è Jacopo Mosca, abbiamo corso insieme da ju­nior e dilettanti, abitiamo molto vicini, siamo grandi amici, ci vediamo anche al di là della bici. Da quest’anno esco anche con altri tre ragazzi del Team Overall, sono Under 23 del secondo e terzo anno».

Cosa ami fare nel tempo libero?
«Mi piace fare un giro con gli amici più cari, anche una semplice passeggiata. Non amo stare chiuso in casa».

Il tuo punto forte?
«La testardaggine. Di qualsiasi cosa si tratti, voglio farla al meglio, non tanto per farla. Anche per questo non ho in­trapreso l’università dopo il diploma che ho preso al liceo scientifico tecnologico. In Piemonte non c’erano squadre, ho dovuto allontanarmi da casa per inseguire il mio sogno a due ruote, quindi non avrei potuto seguire le le­zioni».

Quello debole?
«Tendo ad abbattermi facilmente. Per natura tengo duro, ma quando le cose non vanno come vorrei mi scoraggio un po’. Come tutti, credo».

Cosa ti ha dato il ciclismo finora?
«Mi ha insegnato che non bisogna mollare mai, che bisogna trovare la forza di affrontare tutto quello ti accade. Lo sport come la vita è imprevedibile, di sicuro non c’è nulla».

Ora passerai professionista, cosa ti aspetti? 
«Di fare tanta fatica (sorride, ndr). Ho corso il Giro dell’Appennino con la Na­zionale: è stata una bellissima esperienza, con l’indossare la maglia azzurra ho realizzato un sogno, ma mi sono trovato di fronte ad un altro mondo, un altro ciclismo rispetto a quello dei di­lettanti. Non sono spaventato e ho voglia di iniziare questa avventura. Fi­nora il mio è stato un percorso duro, con più periodi no che momenti piacevoli. Ora inizia il bello, o almeno lo spero».

Un augurio per la tua carriera?
«Spero di essere all’altezza, di essere d’aiuto ai miei capitani e di riuscire a trascorre più stagioni possibili tra i prof. Prima però permettetemi di co­gliere l’occasione per ringraziare la mia famiglia, che mi è sempre stata vicina, le squadre in cui sono cresciuto e quella che nei prossimi mesi mi farà realizzare il sogno che avevo fin da bambino».

da tuttoBICI di Dicembre

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