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DANIELE BENNATI. «TADEJ E REMCO I FARI DELLA CORSA. SOGNO PERO' UN COLPO DI SCENA»
di Pier Augusto Stagi | 28/09/2024 | 10:27

Sarà un mondiale duro e per duri, per gente forte e tenace, per corridori di livello superiore e tutto lascia pensare che sia una sfida a due, tra Tadej Pogacar e Remco Evenepoel, il numero uno del ciclismo mondiale, vincitore quest’anno di Liegi, Giro e Tour, e il “little gold”, che a Parigi si è portato a casa entrambe le medaglie d’oro, sia quella della prova a cronometro che quella in linea e che qui a Zurigo, domenica scorsa, ha conquistato per la seconda volta in carriera il titolo mondiale della crono e spera di abbinarlo con quello in linea, esattamente come ha fatto il 3 agosto scorso sotto la Torre Eiffel.

 Sono due superassi, due veri fenomeni del pedale che non hanno più bisogno di presentazioni, anche perché la loro fama ormai li ha preceduti, entrando di diritto nel lessico abituale di chi ama il nostro sport. Si contenderanno la maglia iridata su uno dei tracciati più esigenti degli ultimi anni: 4400 metri di dislivello, tre salite nella parte in linea, il circuito di 27 km da ripetere sette volte con Zürichbergstrasse (700 metri all'8,4%) e Witikon (1,9 km al 6,2%).

Domenica scorsa il belga d’oro si è fatto portare delle pizze in hotel per festeggiare, non prima di aver esclamato: «Le gambe ci sono, questo è chiaro. E verso domenica, come ho già fatto all'Olimpiade, posso migliorare ancora un po'». Pogacar lo sa ed è pronto alla sfida, che non li vede uno contro l’altro in una prova in linea dalla Liegi di un anno fa, quando lo sloveno fu costretto al ritiro a causa di una caduta (frattura dello scafoide, ndr) e il belga andò a vincere per la seconda volta in carriera la Doyenne.

In questo contesto, ci siamo anche noi italiani, che rischiamo di fare la figura delle comparse, ma non siamo i soli. Con quei due le corse sono generalmente segnate, anche se è chiaro che nulla è scontato nella vita come nello sport. Gli avversari magari non saranno in grado di vincere, ma possono provare a farti perdere e questo lo sanno bene sia Tadej che Remco. Ed è su questo che puntano Mathieu Van der Poel, campione del mondo in carica che sogna il colpaccio, anche se il tracciato sembra particolarmente esigente. «Ma sta bene e anche lui può far parte della sfida tra titani», ci dice Daniele Bennati, ct della nazionale italiana dal 2 novembre 2021.

Sarà una squadra giovane e con sei esordienti.

«Dobbiamo puntare sull’esperienza, ma anche pensare a quei ragazzi che hanno necessità di farne un po’. Credo sia giusto dare la possibilità ai nostri giovani di mettersi in mostra».

Ulissi, Rota e Bagioli, oltre ai sei esordienti Cattaneo, Ciccone, Frigo (riserva), Tiberi, Zambanini e Zana. Non ci sarà Alberto Bettiol, che ha passato la mano, perché con una condizione non proprio “mundial”.

«Mi ha chiamato alla vigilia delle convocazioni proprio per dirmi che gli dispiaceva togliere il posto a chi può contribuire alla causa azzurra. Sperava di arrivare all’appuntamento iridato con una condizione più buona, ma non ce l’ha fatta. E io ho apprezzato tantissimo il suo atteggiamento: questa si chiama serietà e senso di responsabilità».

Tra le nostre piccole grandi speranze Antonio Tiberi, quinto e maglia bianca all’ultimo Giro d’Italia.

«Sta bene e l’ha dimostrando vincendo il Giro del Lussemburgo proprio davanti a Van der Poel. È il nostro corridore di riferimento per le corse a tappe, ma è giusto che a 23 anni si misuri anche in una sfida iridata».

Con quante punte correremo?

«Partiamo dal concetto che questo mondiale ha due grandi favoriti. Se non grandi, grandissimi. Noi, al pari di tutti gli altri, abbiamo ben poco da perdere. Quindi, proveremo a sfruttare ogni minima occasione. Dovremo essere bravi a leggere la corsa e, magari, anche creare qualche occasione giusta. Le punte? Antonio (Tiberi, ndr) è chiaramente una delle nostre possibilità, ma sarà Diego Ulissi una pedina fondamentale: in corsa, sarà lui la nostra guida».

 Che corsa si aspetta?

«Dura. E sono anche persuaso del fatto che Pogacar e Evenepoel incominceranno le danze a cento chilometri dal traguardo».

 Ha una scommessa?

«Andrea Bagioli: ha una condizione in crescendo e uno come lui può essere una buonissima opportunità».

 Il percorso è duro?

«Sì, ma non impossibile. In Ruanda, il prossimo anno, sarà ancora più duro, anche perché si correrà in altura».

 Pogacar e Eveneopoel gli uomini da battere, chi può guastare loro la festa?

«Lo svizzero Marc Hirshi: sta andando fortissimo. Attenzione, però, anche Van der Poel se la giocherà, così come Roglic».

 Come sta Ciccone?

«Molto bene: è un’altra freccia del nostro arco».

 I giovani sono pronti?

«Zambanini sta davvero pedalando molto bene. Zana in Spagna avrebbe potuto fare di più ma sta bene. Rota è un ragazzo tosto. Bagioli, come le ho già detto è la mia scommessa».

 Sarà contento se…

«Avranno dato tutto. Se si saranno divertiti e di conseguenza avranno divertito. Chiaro che se arrivasse almeno una medaglia…».

Sei mondiali da corridore, quale le è restato li?

«Nessuno, perché ho sempre dato e fatto quello che mi hanno chiesto. Sono soddisfatto. Diciamo che a Doha, in Qatar nel 2016, quando vinse Peter Sagan e Giacomo Nizzolo arrivò 5°, stavo davvero bene. Ma nessun rimpianto, felice di quello che ho ottenuto».

 C’è un corridore oggi nel quale lei si rivede?

«Matteo Trentin, anche se lui ha sfiorato un mondiale (2°) e ha vinto un titolo europeo. Entrambi, però, abbiamo avuto la caratteristica di saper vincere e mettersi anche al servizio della squadra. Diciamo che entrambi abbiamo una buona intelligenza tattica».

Pogacar o Evenepoel?

«Sono due fuoriclasse e saranno i dettagli a fare la differenza. I momenti e i movimenti, anche delle squadre avversarie, saranno la chiave di questa corsa. Sono due corridori diversi, ma con eguale talento e voglia di vincere. Tadej è completo come nessuno, Remco nelle corse di un giorno, però, non ha nulla da invidiargli. Tadej ha una progressione mozzafiato, Remco se ti guadagna cento metri però ti stordisce, come il peggiore dei boa constrictor, quei serpenti che ti avvolgono e ti uccidono lentamente per soffocamento. Non saprei farle un nome, ma è chiaro che spero in un colpo di scena. E sa bene a cosa mi riferisco».

 

 

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