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QUEL GESTO DI AMICIZIA E QUELLE PAROLE CATTIVE
di Pier Augusto Stagi | 01/09/2022 | 08:59

In via del tutto eccezionale, pubblichiamo l'Editoriale di tuttoBICI di Settembre, numero della rivista digitale che da ieri sera è a vostra disposizione. Un'editoriale che non riporta la nota della Federciclismo emessa ieri sera alle 21.13 ma che riteniamo giusto proporvi subito.

BIGHAMO. Daniel John Bigham ha sposato la causa di Filippo Ganna: il 30enne britannico di Stone, nato nella regione dello Staffordshire, in Inghilterra, realizzando il nuovo record dell’ora ha aperto la strada al nostro fuoriclasse piemontese. Nel velodromo di Grenchen, Svizzera, il 19 agosto scorso, in 60 minuti ha pedalato per 55,548 chilometri. Quindi 459 metri meglio del limite precedente (55,089) che Victor Campenaerts aveva realizzato ai 1.889 metri d’altitudine del velodromo messicano di Aguascalientes, in Messico, il 16 aprile 2019. Il primato di Bigham apre di fatto la strada al tentativo di Filippo Ganna. Sì, perché Daniel non è più un ciclista professionista a tempo pieno (anche se l’anno scorso era arrivato 16° nella crono iridata di Bruges), ma lavora per Ineos Grenadiers, la squadra del piemontese, come ingegnere della performance.

Questo record è stata una prova generale, visto che Bigham ha testato bicicletta in alluminio e materiali. La performance è chiaramente di valore assoluto: Bigham con bici tradizionale, come da regolamento, è andato più forte di Rominger nel 1994 (55,291) e dunque davanti idealmente resta solo il 56,375 di Boardman. E a questo punto sorge spontanea una domanda: Filippo Ganna dove potrebbe arrivare? Magari a toccare la soglia dei sessanta all’ora? Bigham non è chiaramente bigamo, ma è innegabile che abbia sposato la causa, così come si sia fatto in due.

A DOMANDA RISPONDE. E dire che in questa lunga estate calda abbiamo avuto una pioggia di medaglie. Tante, tantissime, da far girare la testa e riempire il cuore. Purtroppo, come in ogni estate che si rispetti, ci sono anche stati terribili temporali e tempeste, grandinate e trombe d’aria. La Federciclismo, che ancora adesso è nell’occhio del ciclone, è stata travolta da un pasticcio dato da provvigioni da pagare a una non ben identificata società irlandese, che poi si è chiamata fuori, adducendo il fatto di aver avuto solo contatti e non aver mai firmato mandati. Il pasticcio non è dato solo dalla società irlandese, ma dalla “manomissione” dei verbali. In pratica, il 4 agosto viene inviato ai consiglieri federali il verbale del 18 giugno per approvazione: a sorpresa salta fuori il punto 3.6, mai discusso, che prevede un contratto di procacciamento di sponsor con la Reiwa Management Limited e una provvigione di 106 mila euro. Solo Norma Gimondi, vicepresidente in carica, si accorge di questo inserimento e chiede spiegazioni. In sostanza dice: ma sono soldi che vanno a Roberto Amadio? Assolutamente no, la risposta. E quindi a chi vanno?, ribatte la Gimondi. Silenzio. Un silenzio che perdura, anche in questi giorni di lunga attesa, nonostante la società irlandese si sia defilata e così abbiano fatto le aziende chiamate in causa, le quali a loro volta, una ad una, si sono dissociate, assicurando che gli accordi commerciali sono stati fatti, ma con Roberto Amadio e la Federazione Ciclistica Italiana, senza l’ausilio di intermediazioni.

È una questione brutta, molto brutta, anche per il sottoscritto, che con Cordiano Dagnoni ha da sempre un rapporto di amicizia. Ci conosciamo da ragazzini e non ho problemi alcuno a dirvi che il 6 agosto vengo a conoscenza di questo problema e, dopo averne parlato con mia moglie (eravamo in vacanza a Sanremo), decido di chiamarlo, cosa che faccio l’8. In pratica la telefonata è riassumibile in questo modo: Cordy, ho saputo che vorreste pagare provvigioni a una persona facendo un bonifico della Federazione a una fantomatica società irlandese. Stai attento, guarda che gestisci soldi pubblici. Guarda che la Federazione non è tua. Lui è sorpreso, ma alla fine mi ringrazia: farò delle verifiche e ti farò sapere. Sono ancora qui che aspetto.

Il 18 agosto Andrea Fin, direttore responsabile di ciclismoweb.net, fa scoppiare il bubbone e io ricevo sul mio cellulare non meno di centocinquanta link di questo articolo: mi arrivano da tutto il mondo del ciclismo. Non posso far finta di nulla. Scrivo un pezzo per spiegare che forse non c’è illecito, ma sono necessarie delle spiegazioni semplici e chiare. È una questione perlomeno etica, ma solo per il fatto di aver “modificato” i verbali credo che si possa andare dritti dritti anche nel penale: di questo, però, se ne occuperà chi ha competenza e ruolo per farlo.

Quindi, ricapitolando, c’è un verbale che viene modificato e nel quale compare un punto che non era stato discusso nel Consiglio precedente. C’è una somma da pagare. C’è una società irlandese che dovrebbe incassare provvigioni per un lavoro che, si scoprirà chiaramente nei giorni seguenti, non ha mai stato svolto. Poi c’è la suddetta società irlandese che si dissocia, così come tutti i Ceo delle società chiamate in causa dal Corriere della Sera, che dichiarano uno ad uno che gli accordi sono stati presi direttamente con la Federciclismo e con Roberto Amadio.

Resto dell’avviso che non c’è del marcio in Irlanda, ma a Roma qualcosa che non va sì. In attesa di chiarimenti e risposte, io resto qui, tra qualche minaccia neanche tanto velata e alcuni avvertimenti di stampo mafioso. Sono triste, l’estate sta finendo.

Editoriale da tuttoBICI di settembre

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