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SCHWAZER E REBELLIN ASSOLTI, A QUALE GIUSTIZIA CREDERE?
di Pier Augusto Stagi | 21/02/2021 | 10:00

Tutti felici e pronti a festeggiare dopo l’ordinanza shock firmata dal Gip di Bolzano Walter Pelino con l’archiviazione della posizione penale di Alex Schwazer e le pesanti accuse a Wada e Iaaf (ora World Athletics). Ma sì, giustizia è fatta! Con tanto di punto esclamativo. Il problema è un altro, in tutta questa vicenda restano troppi punti di domanda. Il punto è sempre lo stesso: è giustizia? Gli atleti di ogni sport possono dormire sonni tranquilli all’indomani di questa sentenza? Dobbiamo attenerci al principio del primato della giustizia ordinaria su quella sportiva? Se così fosse chiudiamo tutto e quelli della Wada mandiamoli pure a casa, o forse già che ci siamo, chiudiamoli direttamente dentro le loro stanze.

Giustizia ordinaria e sportiva: non è la prima volta che una va da una parte e una dall’altra. La Wada si dice «inorridita», noi anche. Inorriditi dalla superficialità con la quale si è accolto questa sentenza, che è tutt’altro che chiarificatrice. Doping? «Manipolazione altamente probabile». Altamente probabile? O c’è manipolazione o non c’è! In ogni caso, «Assolto per non aver commesso il fatto». Esattamente come successe al ciclista Davide Rebellin, coinvolto con la positività al Cera alle Olimpiadi di Pechino 2008. Vinse l’argento e poi gli fu tolto (mai accaduto allo sport italiano, ndr). Dopo sette anni, nel 2015, anche lui fu assolto dal giudice Beatrice Bergamasco del Tribunale di Padova».

Allora il giudice accolse la tesi difensiva dell'avvocato De Silvestri, uno dei massimi esperti italiani di diritto sportivo, docente all'Università Ca' Foscari. «Sappiamo che ci sono state delle falle nella catena di custodia dei campioni – disse -, che alcuni di essi erano deteriorati e non più utilizzabili. Anche il metodo utilizzato per trovare il Cera al tempo non era validato. Poi mancava come prima cosa il lodo del Tas (il tribunale arbitrale dello sport, al quale Rebellin si era appellato, senza successo: ndr) perché il Coni non lo ha prodotto».

Insomma, una storia che si ripete. Ieri come oggi, la giustizia ordinaria va in controtendenza contro quella sportiva. Quindi, cosa c’è da festeggiare? Proprio nulla. O si prova, come sostiene Sandro Donati, che dietro a questo caso c’è un giro di corruttela che ammorba da tempo le stanze di Iaaf e soprattutto Wada, o si deve credere alla giustizia sportiva.

Cosa faranno adesso? I legali del marciatore decideranno di ricorrere al Tribunale Federale svizzero per annullamento del lodo del Tas o faranno un’istanza di revisione al Tas? Oppure decideranno di fare una richiesta di grazia, che può dare solo il Cio? O andranno direttamente alla Corte Europea per i diritti dell’uomo, rischiando però tempi biblici? Occorre terzietà e indipendenza, ma la Wada è ancora in grado di garantirla? Non ho risposte, solo domande. Ma una cosa la so perfettamente. C’è poco da festeggiare e stare allegri. Qui non c’è in ballo la credibilità di Alex Schwazer, c’è in gioco la credibilità dello sport mondiale.

 

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