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UNA QUESTIONE DI CUORE
di Pier Augusto Stagi | 09/02/2021 | 07:30

UNA QUESTIONE DI CUORE. È una questione di cuore e di passione, che non si compra di certo al mercato, che non puoi ingannare, raggirare o prendere in giro, anche perché in questo caso prenderesti per il naso solo te stesso. Tanti i corridori di alto livello che, ricoperti di soldi, finiscono per essere schiacciati da facili palanche e responsabilità, aspettative altissime e attività pubbliche. Poi ci sono il cuore e la passione, che se vengono meno o non ti hanno mai sorretto, perché per tanti anni ti sei trovato a fare il corridore solo perché ti riusciva facile, beh, allora son dolori. Non è il caso di Tom Dumoulin, che la passione l’aveva, ma è venuta meno quando la pressione ha preso il sopravvento su tutto. Aveva due strade: far finta di nulla e nell’infelicità più totale portare avanti la bicicletta pensando solo al portafoglio che ha nelle vicinanze del cuore, o affidarsi al buon senso. Ha scelto il cuore.

DUE CUORI E UNA DOMANDA. Diego Ulissi e Elia Viviani, due cuori e una capanna, intesa come dimora e luogo, tetto e casa. Ospedale Universitario Lancisi di Ancona, reparto di cardiologia e aritmologia diretto dal professor Antonio Dello Russo. Qui il campione toscano e quello veneto sono stati, a distanza di un giorno, presi in cura per sistemare i loro cuori. Aritmie sospette per Elia, miocardite per Diego. Due cuori e una domanda: ma come è possibile che un medico di chiara fama e competenza riconosciuta in tanti anni di militanza in squadre di livello assoluto (come Fassa Bortolo, Liquigas, Quick-step, Uae Emirates…)  che risponde al nome di Roberto Corsetti non sia più appetibile ad un team professionistico di World Tour? In alternativa: come è possibile che i corridori di alto livello che hanno avuto la fortuna in questi anni di incontrarlo sulla propria strada, abbiano deciso e scelto di non cambiar indirizzo per restare sempre con lui? Come è possibile che ancora oggi tanti atleti ricorrano alla sua competenza in materia di cardiologia o medicina dello sport, ma lo stesso non facciano team di chiara fama? Poi, lo so, ci sono le domande che mi farà Roberto Corsetti, il diretto disinteressato: perché hai scritto queste cose? Chi ti ha chiesto niente? Non ho bisogno di farmi compiangere! Non gli darò risposta, come sono solito fare, anche perché prima aspetto dal mondo del ciclismo che conta una risposta: alla mia domanda.

BATTICUORE. Ci siamo, tra pochi giorni avremo il nome del 23° presidente della Federazione Ciclistica Italiana. Conosceremo il suo nome, il suo cognome e anche il genere, perché potrebbe essere anche una donna. Sarebbe la prima volta. La prima donna nella storia nella Federazione Ciclistica Italiana, nata nel lontano 1885. Sarebbe anche la prima presidente di una Federazione nella storia dello sport italiano.

Daniela Isetti, Cordiano Dagnoni, Silvio Martinello, Fabio Perego: quattro nomi per una poltrona. Tutti e quattro dirigenti, chi più chi meno, di alto profilo. Con una storia, con un importante bagaglio politico-sportivo alle spalle. A differenza di altre Federazioni che hanno presentato un unico candidato, il nostro beneamato e bistrattato sport presenta quattro candidature che dicono molto di noi, e dico noi perché mi sento di far parte a pieno titolo di questa grande famiglia.

Cosa dicono queste quattro candidature? Che c’è una base, che c’è tanta progettualità. Dicono che ci sono eccellenze che hanno ancora voglia di mettersi in gioco, bisognerà solo capire se il nostro movimento è più pronto per la rottura o per la continuità. C’è da capire se il ciclismo vuole premiare il nuovo che avanza strappando alcune pagine, o se punta a cambiare quaderno per cominciare a scrivere una storia totalmente nuova con una donna.
Comunque vada è già un successo. Qualsiasi sarà il responso dell’urna, il ciclismo ne uscirà rinforzato, rinfrancato e a testa alta, per il dibattito che ne è nato ed è stato portato avanti in questi due mesi. Per le cose che sono state dette e scritte. Per quanto hanno fatto vedere e sentire queste quattro eccellenze che si sono fatte in quattro. Resta solo da capire una cosa: uomo o donna? Rottura o continuità? Con Perego e Martinello è chiaramente discontinuità. Con Dagnoni è tradizione. Con la Isetti è tutto e il contrario di tutto. Lei è un ossimoro: continuità e innovazione. Diciamo pure emancipazione. Con Silvio Martinello si fa punto e a capo; con Daniela Isetti è punto esclamativo! Il ciclismo ancora una volta è laboratorio di cose nuove e può essere foriero di qualcosa di rivoluzionario, in una sfida pazzesca all’ultimo voto, anche in questo caso, da batticuore.

Editoriale da tuttoBICI di Febbraio

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