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ARU. «RIPARTO DALLA FAMIGLIA PER TORNARE IL VERO FABIO»
di Pier Augusto Stagi | 28/11/2019 | 07:55

È tutta una questione di natività. L’arrivo di Ginevra, il 15 ottobre scorso, e il Natale che è alle porte. Ma anche Fabio Aru è pronto per una rinascita, dopo due anni complicati e un sacco di motivi per non parlarne più. Nessuna letterina da mettere sotto l’albero, ma solo un piccolo grande desiderio da inviare sopra le stelle: la speranza di stare finalmente bene.

Fabio non ha fretta, ha imparato a portare pazienza, ma sa che la prossima stagione sarà quella del riscatto e anche della verità. Il Fabio visto nelle ultime due stagioni non può essere quello ammirato qualche anno fa, capace di ottenere due podi al Giro, la vittoria alla Vuelta e un 5° posto al Tour de France.

Fabio, come va?
«Molto bene, con la bimba è tutto più bello».

Come è cambiata la vostra vita?
«È cambiata tantissimo, ma in meglio. Ti assicuro che è bellissimo e ogni giorno lo è sempre di più, perché interagisce anche di più con noi, anche se ogni tanto è disturbata da qualche colica e dorme poco».

Tu e Valentina pensavate che fosse così?
«Sinceramente è molto più bello di quanto sognavamo. L’attesa è tutto un continuo immaginare e pensare: come sarà? Poi arriva il momento, e tutto viene resettato. Pensi di essere prontissimo, ma è sufficiente vederla e averla per la prima volta tra le tue braccia e ti accorgi che la realtà è sempre più bella. Noi siamo semplicemente felici».

Probabilmente anche i nonni…
«Chiaramente sì. Poi non manca qualche simpaticone che mi fa notare che ha preso tutto dalla mamma. E io cosa posso dire? meglio così…».

Cosa ha preso da te?
«La pelle.  È ambrata, come la mia. I capelli anche, sono scuri. Gli occhi forse sono azzurri come quelli della mamma, anche se bisogna aspettare ancora un po’ perché ci hanno detto che è ancora tutto in evoluzione e non si può mai sapere».

Con Ginevra, vacanze a casa.
«Chiaramente. La bimba è troppo piccola. È nata da poco più di un mese e non era il caso di fare viaggi faticosi. Mi sono mosso solo io, per qualche giorno, per andare a trovare i miei: toccata e fuga»

Matrimonio?
«Era tutto pronto, ma a gennaio abbiamo fermato tutto per concentrarci sull’arrivo di Ginevra. Quando lo faremo? Con calma, per certe cose non c’è fretta: vogliamo occuparcene direttamente io e Valentina».

A livello fisico ora come ti senti?
«Molto meglio. Dopo la Vuelta è stata dura: ero giù fisicamente e moralmente».

Quanto sei stato fermo senza toccare la bicicletta?
«Un mese e mezzo. Ho iniziato dopo il ritiro di Abu Dhabi, da due settimane, ma sono ancora in una fase molto easy. Niente palestra. Ho fatto una visita e mi devono arrivare i risultati per sapere da quando posso cominciare a incrementare gli allenamenti».

Il prossimo passaggio il ritiro di Benidorm.
«Dal 9 al 20 dicembre. Lì decideremo i programmi. So che in questi giorni ne stanno parlando i direttori, ma al momento io non so nulla».

Un’idea però te la sarei fatta?
«Certo, su questo ne puoi star certo».

Hai visto i percorsi dei Grandi Giri, quale ti piace di più?
«Non mi sono soffermato con attenzione, ma sia il Giro che il Tour mi sembrano molto belli. Ma quello che m’interessa in questo momento è tornare a star bene, il resto verrà di conseguenza».

Cosa ti è successo?
«Il virus che ho avuto mi ha tagliato le gambe. E poi con il senno di poi si possono fare un’infinità di considerazioni».

Forse era meglio non correre il Tour…
«Forse, ma la cosa certa è che sono stato operato a inizio aprile, poi senza una preparazione specifica sono arrivato 14° al Tour. Il resto sono solo parole. Ho chiesto troppo al mio fisico? Dirlo dopo è facile».

Sai che c’è chi sostiene che tu quello che dovevi dare l’hai dato.
«È uno stimolo in più per farli tacere per sempre».

Con la squadra come va?
«Bene, come in tutte le famiglie arriva anche il momento di guardarsi in faccia e dirsi quello che è giusto dirsi, ma ora è giusto rimettersi al lavoro e io sono prontissimo».

Cosa pensi di Pogacar?
«Che è uno dei giovani più talentuosi che ci sono in circolazione e fortunatamente ce l’abbiamo noi in squadra. Insieme potremo fare grandi cose».

Una cosa è certa: quello visto in questi ultimi due anni non è il vero Fabio Aru.
«Neanche lontanamente. Forse durante il Tour mi sono un pochino avvicinato, ma l’Aru che conoscente è di tutt’altra pasta».

Cosa chiedi al 2020?
«Le stesse cose che chiedo ormai da due anni. Io sono sempre stato un corridore costante e affidabile, nelle ultime due stagioni sono stato costante solo verso il basso. Non va bene. Io vorrei tornare a lottare, anche per la maglia azzurra e un posto per Tokyo. Vorrei tornare ad essere lì con i migliori, poi si può anche perdere, ma è ben diverso da non entrare mai nella bagarre per provare a vincere. In ogni caso adesso ricomincio dalla mia famiglia, dai miei affetti, dalla mia bimba. Sono loro la mia energia. Sono loro la mia forza. Ed è per loro che tornerò ad essere Fabio Aru. Per loro e per quanti mi vogliono bene».

Ti aspettiamo Fabio.




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