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I VOTI DI STAGI. SAGAN ESALTA LA BORA E IL TOUR, GLI ALTRI APPLAUDONO
di Pier Augusto Stagi | 10/07/2019 | 18:56

Peter SAGAN. 10 e lode. Fa Hulk, anche se di incredibile Peter non fa più nulla, perché lo conosciamo: sia per come vince che per come ottiene le sue vittorie. Anche i suoi Bora Hansgrohe sono semplicemente strepitosi (controllano tutto e tutti per tutto il giorno: voto 9), con un Burghardt che si mette in testa e tira come se dovesse andare a passeggio. Se è per questo anche Peter fa una volata come se alle sua ruota ci fossero dei bimbi in gita, invece siamo al Tour. Con quella di oggi porta a 12 le sue vittorie di tappa alla Grande Boucle, come Bartali, Indurain, Zabel e Cipollini. Insomma, è in buona compagnia.
 
Wout VAN AERT. 9. Fa un’altra volata, perché Peter oggi era di un altro pianeta. Il belga supera al fotofinish il nostro Trentin: un secondo posto di sostanza, ottenuto davvero di poco.
 
Matteo TRENTIN. 9. Fa tutto giusto, tutto bene, ma con l’incredibile Hulk oggi c’è poco da fare. Peter è straripante, incontenibile. Maltratta la bicicletta e fa i buchi per terra. Matteo si accoda: e non è cosa da poco.
 
Sonny COLBRELLI. 6,5. Parte tanto dietro, pure troppo. Fa una volata talmente pulita e bella, che ha il difetto di essere troppo perfetta: quasi timida. Non voglio istigare alla violenza, ma un po’ di spazio è lecito procurarselo anche con le maniere forti.
 
Julian ALAPHILIPPE. 7. Si tiene la maglia gialla, ma riesce anche a contenere la sua esuberante voglia agonistica. Scalpita, e si vede anche oggi. Alla fine fa decimo in volata: che corridore…
 
Alberto BETTIOL. 5,5. Era una tappa che poteva sorridergli, arriva scuro in volto.
 
Michael MATTHEWS. 4. La sua Sunweb lavora come poche nella fase finale di corsa (voto 8), lui non riesce a tradurre il lavoro in vittoria.
 
Rui COSTA. 6,5. Prova il colpo a 7 km dal traguardo e viene ripreso a 2 km dopo aver messo in mostra una bellissima azione. Di gran classe.
 
Ilnur ZAKARIN. 5. Anche oggi si stacca, ma non è più una novità, perché è due anni che si stacca. È chiaro che pensa ad uscire di classifica per puntare a una tappa.
 
Rik ZABEL. 8. Un fogliettino giallo in favore di telecamere, per far leggere “happy birthday Leo” all’amore della sua vita.
 
Tim WELLENS. 7. Il portacolori della Lotto Soudal (si vince due Gpm e rafforza la sua maglia a pois) parte con Mads Wurtz della Katusha Alpecin, Toms Skuijns della Trek Segafredo (ultimo a resistere al ritorno del gruppo: ripreso a 22 km dal traguardo) e Simon Clarke della EF Education First. Gruppetto ben assortito, di ottimi corridori, che rappresentano solo formazioni di World Tour: anche una fuga, da queste latitudini, ha tutto un altro peso.
 
Lance ARMSTRONG. 0. Parla, parla, parla. Ha ancora voglia di parlare, e soprattutto c’è chi lo ascolta e pensa: però, non dice cose sbagliate. Si, certo, come no. Andate a chiederlo a Marco Pantani, che è passato a miglior vita con un dubbio che si è fatto poi con il tempo certezza: Armstrong era protetto. Armstrong era un capo cosca. Armstrong è stato il vero male del ciclismo, e il ciclismo non ha fatto nulla per fermarlo: né l’Uci né tantomeno l’Aso. Loro erano genuflessi e adoranti al cospetto del re. Poi ci ha pensato la giustizia ordinaria americana a fargli un bel lavoretto e a sbugiardarlo, non certo quella sportiva. No, quella era in preda a sostanze lisergiche. Dice in un’intervista circolata oggi: «La decisione di scegliere il doping è stata un errore, ma non cambierei nulla nella mia carriera. Sono orgoglioso di tutto quello che io e le mie squadre abbiamo fatto per affrontare e vincere il Tour de France dal punto di vista della preparazione, dell’alimentazione, dei materiali, della tattica. E se tutti avessimo corso puliti, avremmo vinto lo stesso tanti Tour». E ancora: «Sapevo a cosa andavo incontro correndo in Europa, sapevo che non sarebbero bastati i pugni, ma sarebbero serviti i coltelli. E poi sono apparse le pistole: a quel punto sono andato al negozio di armi». Un bandito, da bandire.
 
LECLERC. 10. Da quest’anno è lo sponsor della maglia a pois, che è andato a sostituire il Carrefour (che resta sponsor alla Vuelta). Ogni giorno regala quintalate di t-shirt bianche a pallini rossi lungo le strade e gli appassionati sembrano gradire parecchio, tanto è vero che si fa prima a dire chi non la indossi. Grande operazione di marketing, in uno sport che, soprattutto dalle nostre parti, fatica a regalare cappellini e borracce. Valli a capire…

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