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QUEL TRICOLORE A COMPIANO. SARONNI CONFESSA CHE...
di Pier Augusto Stagi | 29/06/2019 | 07:53

Quel giorno fu sufficiente che i due si sfiorassero. La spalla di Giuseppe Saronni finisce per toccare lieve quella di Francesco Moser. Tra i due è già scoppiata da un pezzo la rivalità, troppo diversi per essere amici; troppo ambiziosi per non diventare acerrimi rivali.

Quel giorno a Compiano, sulle strade tricolori della Val di Taro, se lo ricordano bene entrambi, più Beppe Saronni che è sempre stato pronto ad inzigare il trentino.  È sufficiente un piccolo contatto, con la spalla. Quella di Moser che intercetta quella di Saronni e il Beppe nazionale che butta lì uno stizzito quanto provocatorio «ma se non sai più andare in bicicletta, stattene a casa…». Lo “sceriffo” – così era chiamato in gruppo Moser – non la prende benissimo e gli giura battaglia: gliela farà pagare. «Ero stato io a toccarlo inavvertitamente – ci racconta Saronni – e oggi posso dire che non è stata una bella idea dirgli quello che gli ho detto. Non è stato né carino né tantomeno utile. L’ho caricato a molla e me l’ha giurata. Non l’ho più visto se non all’arrivo».

Moser quel giorno finisce davvero per dominare la sfida tricolore sul traguardo di Compiano, dove domani Nibali, Aru, Trentin, Visconti e Ulissi si contenderanno il titolo di campione d’Italia.

Alla fine, dopo trentotto anni - dicasi 38 - Giuseppe Saronni ammette di aver sbagliato. Quel 21 giugno del 1981 il campione di Parabiago se lo ricorda bene. «Ricordo bene anche quel circuito – ci racconta Saronni, che domani tornerà su queste strade per seguire da vicino i ragazzi della UAE Emirates, Fabio Aru e Diego Ulissi su tutti -. Stavo bene, avevo una buonissima condizione e puntavo a quella maglia tricolore. Era un tracciato selettivo, quasi tutto in salita: diciannove giri, pari a 237 chilometri e 3800 metri di dislivello. Da battere tanti campioni del calibro di Moser, Argentin e Baronchelli. Ad un certo punto, quando i chilometri cominciano a farsi sentire, inavvertitamente la mia spalla tocca al sua e io pronuncio l’infelice frase. Franz la prende malissimo. Talmente male che parte rabbioso all’attacco. Se solo fossi stato meno impulsivo, non sarebbe finita in quel modo…».

Finisce con Francesco che supera allo sprint i suoi due compagni di fuga: Wladimiro Panizza, compagno di squadra di Saronni e Alfredo Chinetti.

È un Saronni che dice di aver riposto le armi, ma non è così quando si parla di Moser. «La nostra rivalità? Bella, vera e autentica. Accusavo Vincenzo Torriani, l’organizzatore del Giro, di disegnare la corsa rosa per Francesco, ma oggi lo posso dire: quello che andava bene a lui era perfetto per me. Però sapevo come farlo innervosire, anche se ogni tanto non mi andava bene, proprio come quel giorno a Compiano».

Uno dei ricordi più belli? Al Giro 1983, il secondo successo rosa per Saronni. «Tappa che finisce sui Colli di San Fermo, nella Bergamasca. Poco prima d’incominciare a salire, Francesco mi affianca e mi dice: “Beppe, io mi fermo qui, mi ritiro. Ho capito che le corse a tappe non fanno per me. Complimenti”. Insomma, riconosce la mia forza. Questa cosa mi colpì molto».

Poi però arrivò il progetto della Enervit, quello che prevedeva l’assalto al record dell’ora e per Francesco ci fu una seconda giovinezza, che culminò nel 1984 con il primato dell’ora e la conquista di Sanremo e Giro d’Italia. «In verità l’Enervit venne prima da me e poi andò anche da Gregor Braun, ma chi sposò il progetto fu Francesco: anche in quell’occasione, rifiutando, mi sono trovato a fare il suo gioco».

Ammette di aver fatto più volte il gioco di Moser, per questo gli chiediamo di fare anche le carte alla sfida tricolore di domani (226,9 km). Su un percorso molto simile a quello di 38 anni fa, domani si assegna ancora una maglia tricolore. Al via il campione uscente Elia Viviani, Matteo Trentin, Vincenzo Nibali, Fabio Aru, Diego Ulissi, Giovanni Visconti, Alberto Bettiol, Davide Ballerini, Fausto Masnada, Mattia Cattaneo, Alessandro De Marchi, Sonny Colbrelli, Giulio Ciccone, Giovanni Carboni e via elencando. «Del circuito duro, loro faranno solo dieci giri, contro i 19 che facemmo noi – racconta Beppe -. Non voglio sembrare scortese, ma non c’è paragone. Quello di oggi è un tracciato severo, ma il nostro era impossibile. Chi vincerà? No, questa volta sto zitto: è meglio».

 

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