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L'AVVENTURA DI LUCIANO CAPOLICCHIO: DALLA MALATTIA AL SOGNO OLIMPICO CON L'UZBEKISTAN
di tuttobiciweb | 26/05/2023 | 08:10

Che i tecnici italiani siano particolarmenet apprezzati all'estero è cosa nota, basta leggere gli organici delle formazioni di tutto il mondo. E che spesso da un momento difficile possano nascere nuove opportunità, la vita lo ha insegnato in qualche modo ad ognuno di noi.

Bene, se uniamo queste due verità troviamo... la storia di Luciano Capolicchio cremonese di 63 anni. Il tecnico lombardo era uscito dai radar giusto un anno fa, quando era stato costretto a lasciare la guida della formazione juniores della Feralpi Group Monteclarense a causa di un serio problema di salute. Oggi ritroviamo Luciano... dall'altra parte del mondo, in Uzbekistan. E così gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia.

Innanzi tutto, come sta? L’ultima volta che ci siamo sentiti era in Feralpi.
«Proprio così. Purtroppo sono stato costretto a lasciare l’incarico a metà stagione, dovevo affrontare dei problemi di salute e non sapevo come il mio corpo avrebbe reagito: non potevo garantire alla squadra la presenza necessaria, per fortuna abbiamo trovato Damiano Cima che, seppur parzialmente, ha accettato di prendere la guida dei ragazzi della Feralpi. Quanto a me, la salute è sotto controllo, naturalmente incrociamo le dita».

E ora, invece...
«Citando Roberto Vecchioni direi che “sono andato a Samarcanda per evitare una nera signora che mi guardava con malignità" e invece ho trovato la Federazione Ciclismo Uzbeka che mi ha offerto una opportunità e mi ha proposto una sfida: centrare la qualificazioni per le Olimpiadi di Parigi 2024! È una Federazione giovane, che sta crescendo e che oggi conta 40 atleti fra uomini e donne, con due squadre Continental Uomini ed 1 Donne: la Tashkent City Professional Ccyling Team, impegnata con uomini e donne, e la Samarkand Professional Cycling Team che ha solo la formazione maschile. A questo quadro si aggiunge poi tutto il movimento giovanile».

E come sta procedendo  l’avvicinamento a Parigi?
«Molto bene, quando siamo partiti eravamo al 46° posto nel Ranking Mondiale UCI maschile con 514 punti, oggi siamo risaliti al 34° posto con 1.114 punti: abbiamo più che raddoppiato i punti e se riusciamo a mantenere la posizione sino ad ottobre, andremo a Parigi. Con gli atleti del Tashkent Team, di cui mi occupo direttamente, negli ultimi Campionati Nazionali abbiamo vinto 3 maglie su 4, e la crono individuale elite l’abbiamo persa per soli 2”. E negli Under 23, siamo la prima nazione nel Ranking UCI Asia».

L'Uzbekistan dista 6.000 km dal cuore dell'Europa che è il centro nevralgico del ciclismo: com’è seguito nel Paese lo sport delle due ruote?
«Quello uzbeko è un popolo stupendo per determinazione e volontà, nonostante una miriade di problemi oggettivi credono molto nello sport e nel ciclismo in particolare. Hanno tanta voglia di crescere e stanno facendo tanti investimenti, Nel 2024 sarà terminato un velodromo di ultima generazione, che nel territorio asiatico sarà una vera punta di diamante. Qui poi esiste ancora il riconoscimento del merito, delle capacità e della esperienza. I ragazzi si rivolgono ai propri tecnici con stima e rispetto e i genitori non fanno i tecnici dei propri figli. Ma soprattutto i ragazzi, gli atleti, hanno tanta tanta tanta voglia di fare fatica e di ottenere risultati; uno spirito che negli ultimi anni avevo trovato solo nei gioani colombiani con cui avevo lavorato; uno spirito che purtroppo in Italia ormai si trova raramente. Stiamo anche progressivamente costruendo uno staff di persone che hanno accettato la sfida di Parigi 2024, accanto a me come sempre ho Mattia Pollini come direttore sportivo e come preparatore. Non solo, in Italia abbiamo trovato da subito sponsor che ringrazio in prima persona: Cinelli bici, Ursus ruote, Alka abbigliamento, Accapi intimo, DMT scarpe, WallBike pulizia bici».

Il futuro quindi vi sorride...
«Per l’anno prossimo abbiamo molti progetti in cantiere, bisogna cominciare a pensare a Los Angeles 2028. E uno di questi progetti riguarderà l’Italia, ma è ancora presto per parlarne…».

E allora buon lavoro, Capolicchio: ci incroceremo presto sulle strade del grande ciclismo!

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