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SCIANDRI. «CARAPAZ SARA' UN BIG, IL CICLISMO ITALIANO INVECE...»
di Stefano Fiori | 04/05/2020 | 08:00

L'appellativo di giramondo si attanaglia perfettamente a Maximilian Sciandri, ex ciclista di successo e da anni direttore sportivo affermato, con le squadre nazionali di ciclismo dilettanti d'Inghilterra, poi con i team Pro Tour/World Tour di BMC e attualmente della spagnola Movistar. Nato a Derby (Regno Unito) nel febbraio del 1967 ma da quando aveva 7 anni stabilitosi a Quarrata con la famiglia, Sciandri ha gareggiato da professionista da 1989 al 2004, vestendo la maglia di squadre italiane, statunitensi, inglesi, francesi e danesi, vincendo 35 gare in varie parti del mondo e facendo amicizia con personaggi come Lance Armstrong, Rolf Sorensen, Pascal Richard, Mark Cavendish e tanti altri.

Con un padre che gestisce un qualificato ristorante in California, un figlio che lavora a Miami, in Florida e parenti in Inghilterra, Max ha ormai individuato con certezza e con il cuore il suo buen retiro perfetto – dove ha vissuto l'ormai celeberrimo Lockdown causato dal covid-19 – cioè la tenuta di Buriano, sulle colline di Quarrata.

«Qui è impossibile sentirsi isolati, abbiamo terra e strutture abitative, volendo c'è da lavorare tutto il giorno senza farsi prendere dallo sconforto. Inoltre l'olio di oliva che produciamo, a detta di molti esperti, qualitativamente è tra i migliori d'Italia». La Sciandri-dynasty contro il coronavirus è così schierata: Max, la moglie Valentina, i figli Tancredi, Clelia, Leonardo a Buriano, la figlia maggiore Anastasia con il nipotino a Pistoia e il quinto figlio, Lorenzo con un altro nipote, a Miami in Florida. «Siamo una bella squadra, dal morale sempre alto e affrontiamo con serenità questo momento così difficile per l'umanità».

Ma come valuti questa situazione così complicata?

«Non getterei la croce addosso a chi ci governa, il virus ci ha assaliti di sorpresa e mi sembra che ci sia stato ben poco da fare. Altri Stati che avrebbero potuto mettere a frutto la nostra esperienza negativa, tipo Inghilterra e USA, non l'hanno fatto e stanno pagando cara la loro noncuranza. Piuttosto, qui in Italia mi sembra che attualmente ci sia mancanza di chiarezza d'idee e non si prendono decisioni risolutive anche se, fortunatamente, stanno facendo ripartire le industrie più importanti, quelle che tengono in piedi la nostra economia. Anche altri Stati hanno capito che se non si ripartirà presto si morirà di fame invece che di virus, ma esiste tuttora il rischio che noi si resti indietro. E' una fase pericolosa per il nostro futuro, bisogna prendere decisioni appropriate e veloci per scongiurare il peggio, che non è solo dal punto di vista sanitario, bensì anche da quello economico».

Intanto da noi le prime a ripartire sono state le librerie...

«Sì e con tutto il rispetto mi viene da ridere. Le librerie non erano certamente un settore strategico e come il governatore Zaia disse che gli italiani erano diventati all'improvviso tutti maratoneti, qualcuno potrebbe affermare che siano diventati tutti lettori. Certo, anche le piccole attività economiche, le partite IVA, sono importanti perché danno da mangiare a tante famiglie. A quanto dicono, tutte queste attività dovrebbero riaprire entro i primi di giugno, per non correre il rischio di dover chiudere del tutto, ma non sarà affatto facile metterle in sicurezza. Ad esempio, per sanificare un ambiente occorrono 15 euro al metro quadro, perciò i conti di quanto dovrà sborsare un commerciante sono presto fatti e non saranno certo spese esigue...».

Come potrà risolversi definitivamente questa dura battaglia?

«Solo con il vaccino, da approntare prima possibile. Vedo che il fondatore di Twitter ha messo a disposizione un miliardo di dollari per la ricerca ed è un bell'esempio».

Passiamo al ciclismo: a Buriano c'è stato un periodo in cui tu gestivi le nazionali inglesi dilettanti, e ora?

«Tutto finito, ma è stata un'esperienza importante nella mia carriera di tecnico, ho conosciuto Thomas, Froome, Swift e tanti altri.. Molti di quegli atleti sono rimasti in buoni rapporti con me, come Mark Cavendish – anche se sono ormai due anni che non viene più da queste parti – o Steve Cummings, che è in movimento continuo tra Andorra, Liverpool e Quarrata».

Ora sei diesse alla spagnola Movistar di Unzue, come ti trovi?

«Benissimo. Lo sponsor è solido ed è un operatore telefonico a livello mondiale, quindi i nostri stipendi sono garantiti anche in periodi burrascosi come questo. Dal punto di vista sportivo mi è spiaciuto aver perso tre atleti validi come Carapaz, con il quale ho vinto il Giro lo scorso anno, Landa e Quintana. Se, come sembra, la stagione ciclistica riprenderà a fine agosto con il Tour, seguito da Mondiale, Giro e Classiche, il giovane e talentuoso mallorchino Eric Mas sarà la nostra punta».

Il Giro d'Italia 2019 lo ha vinto Carapaz o lo hanno perso Nibali e Roglic, con le loro polemiche?

«Carapaz era già molto forte, per me sarà uno dei big del futuro a livello mondiale. Forse avrebbe vinto lo stesso però al Giro, devo ammetterlo, ci hanno notevolmente aiutato i media, contribuendo a far saltare in più occasioni i nervi a Vincenzo e a Roglic».

E Landa?

«Ottimo scalatore, ma dovrebbe mostrare maggiore grinta e cattiveria. Partire da capitano in una squadra lo danneggia psicologicamente, sente il peso dei pronostici, mentre lui è abituato a inseguire, a scattare da dietro quando sente l'ispirazione e senza troppe responsabilità, oppure sclera. Poteva avere vinto almeno un Giro d'Italia, con un carattere diverso».

Quali sono stati i momenti più belli dei tuoi 16 anni di carriera Pro?

«La prima vittoria ottenuta a Lugo, nel Giro di Romagna, con il team Titanbonifica di Carlino Menicagli. Dopo l'arrivo scattò qualcosa in me e presi consapevolezza dei miei mezzi. Memorabile anche la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atlanta 1996, battuto da due amici come Pascal Richard e Rolf Sorensen che, a cose normali, avrei sempre superato agevolmente allo sprint. Purtroppo mi presentai stanco morto agli ultimi 500 metri, essendo stato in fuga per la quasi totalità della gara olimpicaı.

Com'è la salute del ciclismo italiano?

«Per le gare a tappe non ci siamo, rispetto Nibali, un grande, ma non può durare in eterno e ha già vinto tanto. Per le gare in linea vedrei bene Sonny Colbrelli, ma deve compiere l'ultimo salto di qualità. Viviani è un bravissimo ragazzo, un ottimo atleta ma non mi sembra un super, non mi ha mai entusiasmato. Invece Filippo Ganna ha un motore eccezionale e non sappiamo ancora dove potrà arrivare: pensa che lo avevo cercato di persona quando era Allievo, garantendogli assistenza tecnica e materiali, per poterlo poi accompagnare fino al professionismo, ma ad un certo punto ci è... sfuggito di mano per colpa della concorrenza..

I tuoi prossimi impegni con Movistar?

«Ci sentiamo spesso con Unzue e i ragazzi. Ormai siamo abituati a fare il punto in Conference Call, con l'auspicio che questa annata 2020 non vada persa del tutto».

 

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