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STORIE DI CAMPIONI. LA SFORTUNA DI OCAÑA
di Stefano Fiori | 23/03/2020 | 07:50

Nella storia ultracentenaria del ciclismo, i Campioni con la C maiuscola si potrebbero dividere in due categorie illustri: i Campioni baciati dalla Dea Bendata e i Campioni con Sfiga Incorporata.

Tanto per fare solo alcuni illustri esempi, della prima categoria farebbero sicuramente parte Eddy Merckx, poiché il “Cannibale” ha avuto pochissimi problemi fisici o incidenti  nel corso della sua sfolgorante carriera,o Miguelon Indurain, che nei suoi anni d'oro è sembrato un vero carro armato invulnerabile, o “maitre” Jacques Anquetil che ha avuto una lunghissima carriera con pochi infortuni rilevanti e fino a Bernard Hinault, che si è dimostrato un “tasso” dalla salute di ferro.

Nella seconda categoria gli esponenti sono molti e famosi, ma vanno citati Fausto Coppi e Gino Bartali, che hanno visto notevolmente accorciate le loro carriere a causa della guerra e di incidenti più o meno gravi e ancora Raymond Poulidor lo scalognato per antonomasia, il plurifratturato e più volte malato Giovanni Battaglin, Greg LeMond e l'indimenticabile Marco Pantani, per il quale le parole non servono. Anche Luis Ocaña, “l'Hidalgo” o il “Toreador” di Priego va doverosamente inserito in questa assai poco ambita categoria ciclistica. 

Campione, Ocaña lo è stato davvero e seppure per pochi anni, in pratica dal 1969 al 1973, la sua stella ha brillato di luce intensissima. Atleta perfetto sulla bicicletta, un misto di eleganza, stile e di potenza, Ocaña ha incarnato una specie ciclistica molto rara, quella di un eccezionale scalatore che andava fortissimo anche nelle cronometro e solo la malasorte gli ha impedito di costruirsi un palmarès ancora più importante di quello – comunque di rilevanza assoluta – che è riuscito a mettere insieme in 16 anni di attività ciclistica. 23 vittorie da dilettante, 43 da Indipendente incluso il GP delle Nazioni a cronometro e 121 successi tra i professionisti, con il Tour de France 1973, una Vuelta di Spagna, tre Dauphiné Liberé, 2 Settimana Catalana, due Giri dei Paesi Baschi, una Volta a Catalunya, tre campionati di Spagna (2 individuali e uno a squadre) sono soltanto la parte più importante delle vittorie colte tra i Pro oltre a innumerevoli piazzamenti in gare a tappe. Da evidenziare anche la medaglia di bronzo conquistata ai mondiali del Montjuich in Spagna nel 1973, la sua annata d'oro con 34 vittorie. Luis si piazzò terzo lasciando Merckx alle sue spalle, nell'incredibile sprint che laureò Gimondi campione del mondo davanti all'astro nascente Maertens.

Nato a Priego, un paese di tremila anime della Nuova Castiglia a ovest di Mardid, il 9 giugno 1945 da una famiglia umile in un luogo dove l'attività principale era l'allevamento di pecore, gli venne imposto il nome di Jesus (che però non userà mai) Luis Ocaña-Pernia dai genitori Luis Ocaña e Julia Pernia; nel 1948 nascerà la sorella Amparo, nel 1950 il fratello Antonio, nel 1960 l'altra sorella Marie France, mentre un altro fratello morì in tenera età. La vita in Spagna a quel tempo è molto difficile, i guadagni sono insufficienti e in più il piccolo Luis, su decisione condivisa dai genitori, abbandona gli studi dopo essere stato picchiato a sangue, sulle mani e anche in volto, da una maestra dal righello troppo facile.

Nella speranza di un avvenire migliore la famiglia Ocaña si trasferisce in Francia, dall'altro versante dei Pirenei prima a Magnane, poi a Le Houga e quindi a Mont-de-Marsan dove la situazione familiare migliora notevolmente anche se Luis contrae la tubercolosi all'età di 12 anni, prima avvisaglia della sorte avversa che lo accompagnerà tutta la vita. Papà Luis, provetto muratore, fa terminare al figlio gli studi e lo avvia all'attività di carpentiere, ma proprio nel periodo dell'adolescenza nasce in Luis la passione per la bicicletta, assai rinvigorita nel 1959 quando assiste insieme a suo padre al criterium di Madrid, celebrativo della storica vittoria di Bahamontes al Tour. Alla riunione sono presenti tutti i più grandi campioni dell'epoca, da Coppi ad Anquetil, a Riviere, a Geminiani e Van Looy. Dopo questa giornata indimenticabile Luis decide che avrebbe praticato questo bellissimo sport e, nonostante la contrarietà assoluta dei genitori - dovette addirirttura falsificare la firma del padre sull'autorizzazione necessaria - riesce a farsi tesserare da un club come “non licencié”, L'Avenir Aturin.

Nel 1962 arriva la prima tessera ufficiale con il club Aire-sur-l'Adour e, dopo le prime vittorie, nel 1964 passa al glorioso Stade Montoise dell'ex-partigiano Pierre Cescutti – che fu tra i primi ad entrare nel rifugio di Hitler a Berlino e festeggiò con una sbornia solenne utilizzando le bottiglie di vino pregiato rinvenute all'interno del bunker – il quale vede già in lui le stimmate del campione e Luis non lo delude, inizando ad accumulare i successi. Nel marzo di quell'anno ottiene nel GP Bagnères de Bigorre il trionfo più eclatante; in una giornata da tregenda con pioggia, neve e temperature di tre gradi sotto lo zero: dei 120 partenti solo in cinque ce la fanno a tagliare il traguardo e Ocaña vince con oltre sei minuti di vantaggio sul primo inseguitore.

Gli anni successivi sono quelli della consacrazione, con successi in gare a tappe, a cronometro (il GP delle Nazioni) fino ad arrivare al professionismo con la spagnola Fagor, nel 1968, dopo che la Mercier del grande Antonin Magne se lo lascia sfuggire, facendo inoltre tramontare la possibilità per l'asso di Priego di ottenere la cittadinanza francese. E' di quell'anno l'unica partecipazione di Luis Ocaña al Giro d'Italia, 37° nella classifica finale, 3° nella classifica a squadre con la Fagor 2° nella 19a tappa a Roma battuto in volata da Dalla Bona e 4°nella 21a tappa-Rocca di Cambio-Block Haus con arrivo in salita sulla Majella, a 13” dal vincitore Bodrero. In Italia Ocaña vincerà una sola gara, il Trofeo Baracchi a Bergamo nel 1971, cronocoppie con Leif Mortensen e facendo segnare la media record.

Sempre nel 1968 vince il campionato spagnolo. Il 1969 inizia con vittorie in serie in brevi gare a tappe e con il secondo posto assoluto (vince il prologo e due tappe) nella Vuelta vinta dal regolarista Pingeon, ma tutto è focalizzato sul debutto al Tour de France. Dopo un buon inizio la malasorte colpisce duro ancora una volta Il campione di Priego. Nel corso della sesta tappa, quella del Ballon d'Alsace, Ocaña cade nella discesa di Herrenberg, si rialza senza fratture ma è una maschera di sangue e solo con l'aiuto dei compagni Lopez Rodriguez, Santamarina, Perureña e Gabica riesce a concludere la tappa. Prende il via il giorno successivo, sofferente e incerottato come una mummia egizia, ma il dolore lo costringe al ritiro dopo pochi chilometri.

Nel 1970 l'highlight è il trionfo nella Vuelta di Spagna, ma problemi al fegato e le “solite” emorroidi – le stesse che lo avevano frenato al Giro d'Italia di tre anni prima – contribuiscono a metterlo quasi subito fuori dai giochi della classifica. Sull'orlo del ritiro il campione castigliano resiste stoicamente e sul finire del Tour recupera una buona condizione, tale da consentirgli di vincere per distacco la tappa di Saint Gaudens e di piazzarsi secondo nella crono conclusiva vinta dal solito Merckx. Finisce 31° in classifica.

E arriva il 1971, l'anno che lancia Luis Ocaña nella leggenda come il primo corridore capace di umiliare il Cannibale Eddy Merckx. Poco importa se, ancora una volta, la sfortuna gli impedirà di fare suo un Tour già vinto: l'impresa compiuta nella 12a tappa del Tour, con arrivo in salita ad Orcières Merlette, resterà inserita per sempre nella Hall of Fame della storia del ciclismo. Che Merckx cominciasse a cigolare gli atleti della Bic, guidati da quel volpone di Maurice de Muer, lo avevano  già capito in occasione delle prime frazioni di montagna e Ocaña aveva battuto un colpo significativo vincendo e distanziando Merckx sul Puy de Dome, nella nona tappa. Tre giorni dopo, l'otto luglio 1971, giunse la data memorabile. In avanscoperta quasi subito con Agostinho, Zoetemelk e Van Impe, a una settantina di chilometri dall'arrivo Ocaña scatta e lascia tutti per strada mentre Merckx, rimasto indietro, va in crisi. L'asso di Priego spinge ancora sull'acceleratore e il suo vantaggio continua ad aumentare: al traguardo di Orcières Merlette Van Impe è secondo a quasi tre minuti mentre Merckx subisce la peggiore disfatta della sua carriera giungendo a 8'42”, ma ha ancora il fiato per dichiarare: «Oggi Ocaña ci ha matati come El Cordobès nell'arena mata i tori...».

Il Cannibale ridurrà il distacco da Ocaña in maglia gialla nelle due tappe successive, quella in linea con arrivo a Marsiglia vinta da Luciano Armani e la cronometro in cui recupererà solo pochi secondi. L'11 luglio si disputa la Luchon-Revel, tappa del dramma assoluto per Ocaña. Si va su è giù per i Pirenei, il meteo è infame. Quasi in fondo alla discesa del Col de Menté si scatena un nubifragio, Merckx scivola, Ocaña cade nel tentativo di evitarlo ma alle sue spalle arriva come un macigno Zoetemelk che colpisce lo spagnolo in pieno petto. Ocaña cade a terra, anche Agostinho e Lopez Carril lo urtano. Il diesse De Muer lo soccorre subito e, riscontrando che il suo atleta non muove le gambe, teme per seri danni alla colonna vertebrale. Per fortuna non sarà così e, trasportato in elicottero all'ospedale di Saint Gaudens, vengono riscontrate a Ocaña solo forti contusioni e nessuna frattura. Ma intanto la maglia gialla conquistata e difesa con grinta e tenacia è rimasta là, in fondo alla discesa maledetta del Col de Mentè.

Il 1972 sarà un anno interlocutorio, con la seconda vittoria nel campionato spagnolo e un nuovo ritiro al Tour - contraddistinto da dispetti e polemiche a non finire con Merckx che Ocaña soprannominerà “El Puta” - dovuto a una brutta broncopolmonite. Il 1973 è finalmente  l'anno delle rivincite, con il trionfo al Tour (però senza El Puta al via...) e un ragguardevole bottino di sei tappe vinte; un Tour dominato in salita e a cronometro, dove annichilisce campioni del calibro di Thevenet, Fuente, Zoetemelk e Van Impe, tutti distanziati di oltre 15 minuti in classifica. 34 sono i successi di quell'annata memorabile alla quale, anche a causa di guai fisici e malanni vari, non viene dato un degno un seguito dal 1974 al 1977, gli anni dell'inarrestabile declino e di qualche altra tribolazione. Il ritiro dalle gare avviene dopo l'ennesima, bruttissima caduta alla Settimana Catalana.

In seguito Ocaña perde l'occhio sinistro in un incidente stradale. Negli anni successivi sarà opinionista per Antenne 2 e TVE, ambasciatore del ciclismo in Paraguay e infine viticoltore nella sua tenuta di Caupenne-d'Armagnac, insieme alla moglie Josiane –  fonte di progressivi problemi unitamente all'abuso di alcol che lo portano alla depressione - e ai due figli, fino alla tragica fine, il 19 maggio 1994 quando la moglie stessa lo trova nella cantina della loro tenuta con il cranio perforato da un proiettile esploso dalla sua rivoltella, al culmine di un periodo di depressione dopo che il campione spagnolo aveva avuto conferma di essere affetto da epatite C e successivamente da un cancro al fegato. Al suo funerale è presente anche Eddy Merckx.

In soli due momenti ho incontrato il mio idolo giovanile Luis Ocaña. Il primo nel settembre del 1971 quando venne in Toscana a disputare il Circuito di Larciano e mi autografò una sua foto facendomi pure una una dedica. Il secondo incontro avvenne il 2 giugno del 1990, quando Ocaña seguiva il Giro d'Italia per la TV spagnola come opinionista. Era il Giro del trionfo di Gianni Bugno e Ocaña mi rilasciò una lunga intervista in attesa dell'arrivo della tappa sul Pordoi, che Bugno avrebbe gentilmente regalato a Charly Mottet.

Luis mi sembrò un vero Hidalgo (=Nobile) di Spagna, solito fisico longilineo, solito carnato scuro, soliti occhi penetranti e l'ansia evidente di un uomo da sempre “in lotta con se stesso, contro tutti, contro il destino. Ecco perché Ocaña non ha capito il mondo che ha dovuto vivere, tanto meno il mondo ha capito lui”. Questo è l'epitaffio perfetto per Luis Ocaña, scritto dal giornalista spagnolo de “El Pais” Carlos Arribas, autore del libro “Ocaña”. Da leggere anche se in spagnolo, per ogni ammiratore/tifoso di questo immenso e sfortunato campione che non dimenticheremo.

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