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ULISSI. «IL RITORNO DA ABU DHABI, L'ABBRACCIO ALLE MIE DONNE...»
di Stefano Fiori | 17/03/2020 | 10:19

Diego Ulissi si attendeva sicuramente qualcosa di molto diverso da questa ormai agonizzante annata ciclistica 2020 infettata dal coronavirus. A 30 anni, con tanta esperienza da vendere, Diego da Donoratico (ma è nato all'ospedale di Cecina) ha sfoggiato nel corso della sua brillante carriera ciclistica caratteristiche tecniche molto versatili, che in 10 anni di professionismo lo hanno portato a vincere 35 gare, incluse 6 tappe al Giro d'Italia, il GP Montreal di categoria World Tour, classiche italiane come la Milano-Torino, il Giro d'Emilia e la Coppa Sabatini, oltre a cinque corse a tappe di prestigio come il Giro di Slovenia (2 volte), la Settimana di Coppi e Bartali, i Giri della Repubblica Ceka e di Turchia. In considerazione di quanto sopra, Ulissi aveva ottenuto quest'anno la conferma di un ruolo di primissimo piano all'interno dell'UAE Team Emirates gestito da quella “vecchia” volpe” di Beppe Saronni e la sua stagione, focalizzata sulle grandi Classiche e sulle Olimpiadi di Tokyo, era iniziata nel migliore dei modi a metà gennaio dall'altra parte del mondo, in Australia, dove nell'importante Tour Down Under – gara in cui aveva ottenuto un successo di tappa nel 2014 – si era addirittura piazzato secondo assoluto nella classifica finale. Poi è però accaduto qualcosa d'imprevisto e questo ce lo racconta proprio Diego Ulissi dalla sua casa di Lugano, dove è rientrato solo sabato per poter riabbracciare finalmente e dopo un periodo pieno di stress e tribolazioni, la moglie Arianna e le figliolette Lia e Anna, quest'ultima nata a proprio a inizio marzo

Allora Diego, raccontaci cosa ti è successo durante lo UAE Tour di Abu Dhabi.
«La corsa prevedeva sette tappe e dopo la quarta tappa iniziarono a circolare delle voci preoccupanti. Tutti noi sapevamo che c'era, latente, il rischio del contagio da coronavirus, ma fino ad allora non c'erano mai stati dei casi, nemmeno in altre competizioni».

Poi cosa è accaduto?
«Al termine della quinta tappa la corsa è stata dichiarata conclusa e io addirittura mi sono piazzato nono assoluto nella classifica generale. Siamo rientrati negli alberghi e subito siamo stati bloccati dal personale sanitario, che ha messo in quarantena noi della UAE Team e alcuni atleti di altre squadre. Allo stesso tempo ci è stato fatto un primo tampone. Purtroppo Gaviria e Richeze sono risultati positivi e da quel giorno è iniziato il nostro isolamento forzato, che per me è stato di 16, lunghissimi e per certi versi angoscianti, giorni. Durante questo periodo ci sono stati fatti altri tre tamponi, tutti  fortunatamente risultati negativi e così ci hanno dato il via libera per poter tornare a casa».

Il rientro a Lugano è stato commovente?
«Sì, davvero. Negli ultimi giorni ad Abu Dhabi il morale era molto basso, sapevo dai media cosa stesse accadendo in Italia, con quel maledetto virus che anche qui in Svizzera sta ormai imperversando. Rivedere Arianna, Lia e soprattutto abbracciare la piccola Anna, che è nata i primi di marzo, è stato uno dei momenti più belli della mia vita, una scena di una tenerezza indimenticabile».

Come trascorri ora  la tua giornata e cosa pensi dello stop alle gare ciclistiche?
«Lo stop è stato sacrosanto, inevitabile.  Servirà per fronteggiare questa terribile pandemia. Noi ciclisti durante l'annata agonistica giriamo tutto il mondo e soggiorniamo in ogni tipo di alberghi, veniamo a contatto con tanta gente lungo i percorsi e agli arrivi, così come i nostri staff e i collaboratori più stretti. Di conseguenza sarebbe troppo grande il rischio di propagare il virus. Ritengo che bisognerà eventualmente accettare anche la possibilità che la stagione ciclistica 2020, dopo i tanti rinvii di corse più o meno importanti, venga cancellata definitivamente, se ciò sarà utile per la nostra salute. Personalmente mi alleno con regolarità, qui in Svizzera per ora non esistono limitazioni di circolazione relative alle bici».

Com'è la situazione del coronavirus in Svizzera?
«Non siamo ancora giunti ai livelli dell'Italia, ma in questi giorni sono stati adottati provvedimenti restrittivi come quelli del nostro Paese».

Domenica, in zone della Toscana che tu ben conosci, circa 500 “gitanti della domenica” diretti alle spiagge in auto sono stati fermati dalle Forze dell'Ordine: cosa pensi dell'accaduto e della situazione generale in Italia, visto che ci sono tuttora gruppi di ciclisti in giro in barba ai divieti?
«Penso che siamo di fronte a dei pazzi criminali, che fanno del male a loro stessi e agli altri. Bisogna seguire le ordinanze governative. Stare in casa e non uscire al momento sembra essere il solo modo per ora efficace per arginare l'avanzata del coronavirus. Ragazzi, se proprio non ce la fate a stare fermi – e qui mi rivolgo ai miei colleghi ciclisti di ogni età e categoria – fate come me, ad Abu Dhabi ho fatto quattordici giorni di rulli nella mia stanza di hotel. Non scherzate col fuoco e con le vite vostre e degli altri, questa è la mia raccomandazione».

da Il Tirreno

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