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ELLENA: «SWATT CLUB? BRAVISSIMI, MA NON CHIAMIAMOLI AMATORI»
di Carlo Malvestio | 03/07/2025 | 08:40

Lo Swatt Club e Filippo Conca hanno travolto come uragani il Campionato Italiano di Gorizia. A pochi giorni dal via del Tour de France il dibattito pubblico e l’interesse degli appassionati è di gran lunga maggiore per l’exploit del piccolo club di appassionati che ha messo in scacco le grandi squadre piuttosto che per la Grande Boucle. In tutto il cinema che è venuto a crearsi, c’è anche chi prova a ragionare con lucidità ed è abituato a farlo da sempre, Giovanni Ellena. L’esperto direttore sportivo della Polti VisitMalta ha ammirato da vicino il capolavoro di Conca e compagni - quando era in Androni ha rilanciato tanti atleti proprio come sta provando a fare lo Swatt Club - ma non tutto ciò che è stato detto o scritto in questi giorni lo ha convinto fino in fondo.

Giovanni, cosa non ti è piaciuto della narrazione di questi giorni?

«Si è parlato troppo poco di chi è Conca, cioè un corridore vero. In Androni, assieme a Kevin Colleoni, gli facemmo firmare un precontratto nel 2019, fece un ritiro in Spagna con noi e lo guardammo da vicino. Da accordi rimase un altro anno in Biesse Carrera ma poi scelse di andare in Lotto nel WorldTour. In ogni caso, parliamo di un’atleta con numeri e potenzialità importanti, che non ha niente di meno rispetto agli avversari che si è trovato ad affrontare domenica. Gianni Savio avrebbe detto “ma di che c**** stiamo parlando?”».

Però è stato abbandonato dal professionismo…

«Nel ciclismo, secondo me, ci sono 3 categorie: l’amatore, che fa la sgambata la domenica come me per divertirsi, il professionista che è pagato per farlo e il professionale, che a volte lo fa meglio del professionista ma non ci vive dal punto di vista economico. Conca e Gaffuri al momento fanno parte di questa categoria, ma non solo loro…».

Chi altro?

«Il loro direttore sportivo, Giorgio Brambilla. Oltre ad essere un eccellente divulgatore non va dimenticato che è stato nelle ammiraglie di Cofidis e Tirol qualche anno fa. Non sono degli sprovveduti, non possiamo chiamarli amatori. È gente molto professionale a cui, di fatto, manca il supporto economico. Ben vengano queste realtà nel nostro ciclismo, che sanno lavorare e trasmettere gioia e motivazione ai ragazzi, è la conferma che c’è molta gente competente attorno allo sport, e anche che il problema principale è sempre il solito, trovare i fondi».

Ma come si spiega che nessuno abbia voluto puntare su Conca quest’anno?

«Purtroppo ci sono tanti corridori che rimangono a piedi pur non meritandolo, ma è un discorso internazionale e non solo italiano. Conca è sicuramente più forte di tanti atleti che al momento hanno un contratto da professionista. Ma poi ogni squadra ha le proprie gerarchie, le proprie esigenze, le proprie disponibilità, i propri contratti da rispettare. E casi come quelli di Conca succedono, in giro ce ne sono altri, viene da chiedersi chissà quanti ne abbiamo persi? Uno come Alessandro De Marchi lo abbiamo scovato che aveva 24 anni. Poi, parlando personalmente, uno come Conca sono andato a cercarlo nel 2019, l’avrei ripreso volentieri e lo riprenderei volentieri, perché è un bel corridore. È stato bravo a non arrendersi e ora troverà sicuramente una nuova sistemazione. Diciamo che se in Italia ci fossero 5 Professional invece che 3, probabilmente avremmo meno di questi problemi perché ci sarebbe più spazio».

Che lo Swatt Club abbia messo tutti nel sacco, però, è innegabile.

«Hanno corso benissimo da un punto di vista tattico, son stati svegli e reattivi, e avevano preparato in maniera intelligente e professionale il Campionato Italiano. Lo stesso non si può dire di tutte le altre squadre, che in questo momento fanno un calendario volto alla ricerca dei punti UCI, intenso e dispendioso, e in più la gara arriva dopo il Giro d’Italia, che naturalmente impegna gran parte dei corridori italiani e li sfinisce. Mi sembra l’abbia ammesso anche Conca che in tanti erano molto stanchi, ma è sempre stato così. Noi vincemmo il Tricolore nel 2012 con Franco Pellizotti, che appunto era fresco e non aveva corso il Giro. Chi come Jonathan Milan stava invece bene, non aveva abbastanza compagni per tenere la corsa chiusa».

A proposito di punti UCI, per la tua Polti VisitMalta comincia una seconda parte di stagione di caccia aperta.

«Anche qui mi tocca citare Gianni Savio: “ci vorrebbe più meritocrazia”. Il sistema dei punteggi è a dir poco discutibile. Faccio un esempio, l’altro giorno il vincitore del Trofeo Città di Brescia si è preso 40 punti UCI, gli stessi che si prendono finendo 6° in classifica generale a una corsa come l’O Gran Camiño, che negli ultimi anni ha vinto due volte un certo Vingegaard. Non mi pare molto normale. Per farne di quasi sicuri dovremmo andare a correre le gare .2, ma in quel caso andresti ad oscurare una vetrina che dovrebbe essere per i giovani, e questo non è molto nella nostra filosofia. Sono scelte. Ciò non toglie che dovremo lottare per fare più punti possibili».

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