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VERSO SANREMO. TOP GANNA: «I MIEI SOGNI DI PRIMAVERA...»
di Giulia De Maio | 19/03/2025 | 08:35

Super Pippo o Top Ganna, chiamatelo come volete, non è mai stato uno da proclami ed è in bici che quest’anno vuole alzare ulteriormente l’asticella. Messa da parte, almeno per le gare e il momento, la pista che lo ha portato alla ribalta nel mondo, è nelle prove in linea (e non solo in quelle contro il tempo di cui è uno specialista) che vuo­le dimostrare di essere uno dei più forti in circolazione. A partire dalla Milano-Sanremo che due anni fa lo ha visto sul secondo gradino del podio e la passata stagione gli è sfuggita solo per una foratura e un guaio meccanico quando era lì a giocarsela con i migliori.

Non possiamo che partire dal tuo arrivo a braccia alzate in Portogallo...
«Che dire? Già gli scorsi anni mi mancava la vittoria nei primi mesi dell’anno quindi non è un dramma, anzi non mi è mai successo di essere lì davanti a febbraio quindi prendiamo il lato positivo... Purtroppo nemmeno la crono era adatta alle mie caratteristiche quindi non c’è stato nulla da fare, ma le sensazioni sono state buone, anche se è in­negabile che si va sempre più forte. La qualità in gruppo continua a crescere: se qualche anno fa nelle prime corse dell’anno su 150 corridori 50 erano pronti, oggi 140 sono già in forma. Il livello è altissimo».

L’UCI invece che focalizzarsi sulla lunghezza dei calzini, dovrebbe preoccuparsi di più della sicurezza in gara. Hai co­min­ciato l’anno all’Etoile de Bessèges dove ti sei ritirato insieme alla maggior parte del gruppo per evidenti mancanze da quel punto di vista.
«A Figueira al contrario ho notato piacevolmente che a ogni incrocio c’era del personale addetto a chiudere le strade. Bisogna organizzare le gare se si hanno i mezzi per farlo, ci sono dei costi, è innegabile, ma ne va della no­stra sicurezza e non si può risparmiare sulla nostra pelle. Per quanto riguarda i regolamenti, a noi quest’anno hanno fatto storie per la visiera dei caschi, sinceramente non ho capito cosa non andasse bene. La tecnologia avanza, tutti migliorano, se qualcuno è bravo da adottare un’innovazione non vedo perché penalizzarlo».

Ci sono state parecchie novità nella struttura tecnica di Ineos Grenadiers.
«Sì, per cercare il rilancio dopo qualche stagione difficile: spero che diano i risultati sperati. Io penso a pedalare, ad esprimere in bicicletta tutto me stesso. Sono fiducioso, lo sport è fatto di cicli e magari, a volte, abbandonare la nave può sembrare la scelta più semplice e immediata, invece è più bello riuscire a riportare la nave in acque più tranquille, non così burrascose. Si tratta di un processo in atto. La squadra ha mostrato di avere fiducia nei confronti di noi atleti, e pure noi dobbiamo averla verso di loro. Cercheremo, tutti, di essere pronti al momento giusto e mostrare di essere tornati quelli che eravamo».

Come stai preparando i grandi obiettivi di questa stagione?
«Dal Portogallo sono volato direttamente a Gran Canaria fi­no alla Tirreno-Adriatico, sono arrivato alla Corsa dei due Nari con la testa e il corpo al posto giusto, consapevole di stare bene. La mentalità fa tanto in questo ciclismo, quindi voglio restare calmo, senza fasciarmi la testa prima del dovuto. Mi piacerebbe far bene sia alla Milano-Saremo che alla Paris-Rou­baix, avessi una sfera di cristallo mi piacerebbe sapere come andranno a finire, ma non è possibile fare previsioni, quindi lavoro per arrivarci nella miglior condizione possibile. Una volta fatto il massimo, se arriverà il risultato benissimo, se qualcuno sarà più forte di me gli farò i complimenti e se commetterò degli sbagli li analizzerò per migliorare».

Ti senti di avere più tempo libero senza le gare in pista?
«Diciamo che se avessi dovuto aggiungere altre trasferte a quelle già in programma per la strada non saprei dove avrei potute inserirle, ma la pista mi manca e non lo dico tanto per dire. Dopo la crono finale dell’Algarve ne ho parlato con Dario David Cioni (che resta il suo riferimento per le cronometro, nonostante abbia un nuovo “pri­mo” tecnico, l’olandese Dajo San­ders, per la parte atletica, ndr): gli ho riferito che sento che mi manca il lavoro lattacido in posizione ad alti regimi. Non mi sono sentito il Filippo migliore di sempre, ho accumulato fatica e il giorno dopo la crono ho avvertito fastidio ai glutei come quando non fai palestra per un po’ e poi sei tutto indolenzito. Sor­pre­sa: Filippo non usa tutti i giorni la bici da crono».

Quindi devi tornare nei velodromi?
«A Gran Canaria intanto mi sono portato la bici da crono, e poi sì riprenderò a fare allenamenti in pista perché mi fanno bene. Chiamerò Diego (Bra­gato) e Dino (Salvoldi), visto che sono i nuovi CT di riferimento, anche se il gruppo whatsapp “Chi odia Villa” che riunisce gli azzurri che finora sono cresciuti sotto l’ala di Marco non si tocca. L’affiatamento creato tra noi pistard e lo staff con cui abbiamo raggiunto le medaglie olimpiche non dipende dai ruoli assegnati in federazione. Ab­biamo un legame umano che va oltre a dove sei posizionato nel settore, continueremo a portare avanti il rapporto. Con Dino finora a parte qualche “ciao, ciao” non ho avuto a che fare, averlo come coach sarà una nuova esperienza. Lo chiamerò. Per la strada, Marco do­vrà fare soprattutto un lavoro di selezione più che di direzione in corsa. Il meeting alla sera prima è importante, ma non avendo le radioline in gara siamo poi noi atleti a prendere le decisioni. Vedremo in base ai percorsi, a chi convocherà per forma fisica e tattiche... Ovvia­mente spero di essere utile alla causa».

Cosa hai imparato dalle precedenti partecipazioni alla Milano-Sanremo?
«L’edizione 2023 mi ha insegnato a credere di più in me stesso, quella successiva che la testa fa più delle gambe in certe situazioni. Non ero il miglior Ganna di sempre ma ho stretto i denti e finché ho potuto me la sono giocata. Nel 2025 spero di provare sensazioni ancora migliori, ne riparliamo dopo aver tagliato il traguardo di via Roma».

I rivali più temibili?
«Se per la Roubaix è facile fare i nomi di Wout van Aert, Mathieu van der Poel, Jasper Philipsen, Stefan Küng, Mads Pedersen, i corridori nella top ten più o meno sono sempre i soliti, la Sanremo invece è un punto di domanda. Ogni anno qualcuno di diverso e inatteso arriva in fondo, quindi po­trebbe vincere un outsider come spesso accade o il campione del mondo Tadej Pogacar riuscirà a mettere nel sacco tutti».

Oppure il gruppo sbaglia strada e Ganna vince.
«E non la annullano? Dai questa volta sbaglio anche io per solidarietà (ride, ndr). Battute a parte il mio finale da sogno può essere di tre tipi: arrivo in fondo al Poggio con le migliori gambe e anticipo come fece Fabian Can­cellara, ci arrivo con mezza gamba e tento l’all-in in volata oppure dal Poggio ci ritroviamo in un gruppetto ristretto e ce la giochiamo come viene perché... non si capisce nulla. Abbiamo a che fare con lo stesso percorso, le stesse pendenze, più o meno gli stessi corridori, ma la Sanremo è imprevedibile e mai scontata. Questa è la meraviglia di questa corsa».

Ritorna anche la prova per le donne...
«Meno male! Sul ciclismo femminile mi informo soprattutto tramite Elena Cecchini e ovviamente tifo per le ragazze italiane. Non fatemi fare nomi però perché sono negato, pure con gli uomini. Pensate che nei giorni scorsi in gruppo ho chiesto a chi era di fianco a me come si chiamava uno della Red Bull Bora perché non mi ricordavo chi fosse. Dopo 10 minuti ho dovuto ri­chiedere come si chiamava perché mi ero già scordato il cognome che mi avevano appena detto. È un problema mio, che ha percepito il mio compagno Axel Laurence che ho chiamato Alex non so quanto a lungo. Non mi rispondeva mai... poi ho capito perché».

Cosa ti spinge a sudare ogni giorno in sella?
«Le gare che ancora mi mancano da vincere: Milano-Sanremo, Parigi-Roubaix e una tappa al Tour de France. E poi vorrei tornare a vincere un mondiale (toccherebbe quota 10, compresi i 2 a crono e quelli già conquistati in pista, ndr). A inizio anno mi hanno chiesto, potendo scegliere, cosa avrei voluto vincere tra la Milano-San­remo o la Parigi-Roubaix? Ho risposto e ribadisco che non è il momento di scegliere, è il momento di vincere. Questo è il mio obiettivo per il 2025, trionfare il più possibile».

da tuttoBICI di marzo

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