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DAVIDE MARTINELLI: «WOLFPACK, È STATO UN ONORE! E ADESSO PIÙ LIBERTÀ IN ASTANA»
di Carlo Malvestio | 18/10/2019 | 07:59

Dopo migliaia di chilometri con il vento in faccia e tante volate tirate ai capitani, tra Davide Martinelli e la Deceuninck-Quick-Step è giunto il momento di dirsi addio. E il destino ha voluto che nella corsa del suo commiato, il Tour of Guangxi, il bresciano si sia ritrovato ad avere i gradi di capitano, quasi fosse un tributo per tutto il lavoro svolto in questi quattro anni di militanza. 

«È l'ultima corsa con questa grande squadra e ho la possibilità di essere il velocista di riferimento dopo la brutta caduta di Alvaro Hodeg in Belgio - spiega Davide a tuttobiciweb - Avrei dovuto essere il suo ultimo uomo, invece mi ritrovo a lottare negli sprint. Ci sono un paio di velocisti quasi imbattibili, però penso di avere le qualità per portare a casa qualche buon piazzamento, viste anche le tante opportunità. Si è vero, è quasi un paradosso, mi ritrovo ad essere capitano della squadra alla mia ultima gara, dopo aver lavorato per tanti anni per i miei compagni. Il direttore sportivo ha detto che mi merito questa chance e di godermi il momento».

Il fatto che si corra in Cina non vuol dire che ci siano meno responsabilità, anzi, soprattutto se la tua squadra ha raccolto 66 vittorie in stagione: «Alla fine è pur sempre una corsa WorldTour e non nascondo che avevo anche un po' di pressione nell'essere il capitano di una delle squadre più forti del mondo. Negli ultimi mesi abbiamo comunque vinto tanto e non dobbiamo salvare la stagione qua e questo mi sta aiutando a correre più a cuor leggero».

Le luci della ribalta ha voluto lasciarle a qualche altro suo compagno di squadra, ma Martinelli sa di aver fatto parte di un gruppo che negli ultimi decenni ha avuto pochi eguali. Proprio per questo, il fatto di non aver avuto molto spazio per le sue ambizioni è diventato quasi secondario: «Ho fatto parte di una squadra storica e fantastica. Ogni anno abbiamo fatto un record di vittorie, ci siamo migliorati continuamente. In inverno ci dicevamo "è impossibile ripetere il record dell'anno scorso", e invece puntualmente vincevamo di più. Anche Lefevere ci diceva che non si aspettava vincessimo così tanto, però ogni volta lo sorprendavamo migliorando il bottino. L'anno scorso 73 vittorie, quest'anno siamo vicino alle 70. In questa formazione ho fatto un tale esperienza che in altre formazioni non avrei fatto in 15 anni. Ho corso con una decina di corridori che hanno fatto la storia del ciclismo moderno. Spero che mi serva già l'anno prossimo in Astana».

Davide la sua firma l'ha comunque lasciata, nel 2016, al suo primo anno da professionista, vincendo una tappa al Giro di Polonia e una al Tour de la Provence che, per ora, rimangono i suoi unici successi tra i grandi. «Quando sei neoprofessionista nessuno conosce i tuoi limiti, così ti lasciano spazio per esprimerti. Poi in squadra si sono accorti che ero bravo a tirare le volate, così mi hanno utilizzato soprattutto per quello. Inoltre sono arrivati due corridori come Hodeg e Fabio Jakobsen, che hanno sorpreso tutti dimostrando di poter portare a casa 10 vittorie a testa all'anno, così ho avuto ancora meno spazio. Ma io sono felicissimo comunque, è stato un piacere lavorare per due bravi ragazzi come loro».

Adesso lo aspetta l'Astana, un'altra realtà che di successi ne inanella parecchi. A differenza di quanto accadeva in Belgio, però, lo scomparto classiche del nord, le sue preferite, sarà meno intasato: «Mi piacerebbe ritagliarmi un po' di spazio per le classiche del pavé, dopo l'ottima esperienza che ho fatto in QuickStep. Sono passato professionista come prospetto delle cronometro, ma quando arrivi nel WorldTour ti rendi conto che per essere competitivo contro il tempo devi tralasciare quasi tutto il resto. Invece io preferisco essere un corridore completo, resistente alle salite meno impegnative e veloce in caso di volata ristretta».

Senza dimenticare che nella formazione kazaka ritroverà il papà Giuseppe, che un po' di esperienza in questo sport ce l'ha: «Non penso che ci incontreremo molto, lui farà un altro calendario, più improntato sulle corse a tappe, come sempre ha fatto. Adesso poi si concentra più sulla logistica, poche volte ce l'avrò col fiato sul collo. Certo, capiterà di averlo in ammiraglia, ma conoscendolo mi tratterà esattamente come tratta gli altri corridori».

 

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