Gatti & Misfatti
Nibali o Aru, chi è meglio?

di Cristiano Gatti

Il dilemma è nato timidamente al Giro d’Italia, certo esploderà con altra risonanza adesso che comincia il Tour: ma allora - si sono chiesti in tanti - è più forte Aru o è più forte Nibali? Per quanto gratuita, superficiale, impossibile possa apparire la domanda, soprattutto perché il confronto riguarda due atleti ancora in piena attività, bisogna ammettere che si porta dietro un indubbio gusto, diciamo il gusto antico dei confronti e dei paragoni sempre al centro del ciclismo, ma in fondo di tutto lo sport. Proviamo tranquillamente a costruirci una risposta, davvero la domanda è semplice ed elementare: più forte Aru o più forte Nibali?

Tanto per cominciare: chiunque dovrebbe subito rispondere che al momento non si pone proprio il discorso, perché Nibali ha vinto tutti i tre grandi Giri mentre Aru ancora non ne ha vinto nessuno. A maggior ra­gione, bisognerebbe poi ag­giun­gere a favore di Aru che ha solo 25 anni, mentre Ni­ba­li è uomo fatto e campione affermato. Di che stiamo parlando, allora? Come si fa a parlarne?
Ci si capisce: oggi, al punto in cui siamo, ovviamente non interessa sapere chi è il più forte negli albi d’oro: interessa soltanto parlare di stoffa. Di qualità, di peso. A prescindere di età e traguardi già raggiunti. Questo no che non è un ragionamento impossibile: se ne può discutere, senza alcun timore di parlare a vanvera.

Un giorno, al Giro, Con­tador si è sbilanciato senza problemi: “Nibali è completo e regolare, ma Aru è più esplosivo”. Alzi la mano chi ha qualcosa da ridire. Questo verdetto ha tut­ta l’aria di una verità assoluta. Nibali non ha mai colpito con scatti da ko, è uomo che stronca in progressione e accelerazioni. Aru invece è una dinamite che esplode di colpo, secco e letale. Direi pari, invece, sul piano della resistenza, del fondo, del recupero. Quan­to al carattere, è una bel­la lotta: uno ha l’orgoglio siculo, l’altro ha la tenacia sarda. Impossibile vederli piagnucolare sulle crisi e sulla sfortuna: messi alle corde, trovano subito da qualche parte la forza di ripartire, in qualche modo. Si piegano, non si spezzano. Mai.

Forse dovremmo am­met­terlo: dire se un cam­pione sia meglio di un altro, il più delle volte, non dipende dalle loro effettive qualità, ma dalle nostre personalissime aspettative e dal nostro gusto individuale. È dai tempi di Coppi e Bar­tali, passando per Moser e Sa­ron­ni, fino a Bugno e Chiap­pucci, che non se ne viene fuo­ri. Prendiamo gli ultimi due: bisogna avere proprio due fette di fontina davanti agli occhi per non riconoscere il talento naturale di Bugno, eppure c’è ancora in giro qualcuno che considera più forte Chiappucci. Non dipende da loro: dipende da chi emette il giudizio. Chi riconosce e ap­prezza la classe, chi invece vuole tanto fumo e tanta battaglia. Impossibile trovare una comune verità, unica e indiscutibile. Non se ne viene fuori.

Però non possiamo ca­varcela così. Nessuno può sottrarsi al giudizio, evitandosi i rischi dello sfondone. Troppo bello il sen­so dello sport, le sue dispute e le sue libere opinioni. E dunque andiamo, con una opinabile e discutibile conclusione. La mia è questa: Aru forse ha qualcosa in più in salita, ma è ancora troppo lento a cronometro. Per questo, al netto del­la differenza d’età e dei risultati acquisiti (l’abbiamo detto: su questo piano il confronto è improponibile, stravince Nibali), restando alle semplici attitudini personali, in chiave grandi Giri si fa preferire Nibali. Non che a cronometro sia un fulmine. Nem­meno a parlarne. Però è indiscutibilmente più portato di Aru, anche a 25 anni. Il che resta al momento decisivo. Rimediare in salita i dan­ni subiti a cronometro, se so­no danni seri, è ormai umanamente impossibile.

Quel che succederà da qui in avanti è tutto da studiare. E da go­dere. Se Nibali a trent’anni ha già vinto i tre grandi Giri, Aru a 25 è già arrivato terzo e secondo in due Giri d’Italia. Una vera certezza l’abbiamo: entrambi hanno il pedegree delle bestie di razza. Più delle loro vittorie, sarà però il no­stro cuore, alla fine, a decidere la classifica.
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