Ce n’è voluta, ma finalmente abbiamo la scoperta del secolo: hanno inventato il ciclismo. L’attesa è durata più di cent’anni, da quando i primi goffi tentativi partorirono aggeggi ridicoli come il biciclo e il triciclo. Sono servite tante sperimentazioni, una montagna di errori e di correzioni, ma ne è davvero valsa la pena: grazie alla Sky, nasce finalmente l’affascinante sport della bicicletta.
Prima? Prima non c’era niente. Lo sappiamo tutti. L’abbiamo visto tutti. Squadre scalcinate, approssimazione, disorganizzazione, sciatteria, miopia e stupidità. Un movimento allo stato brado. La Banesto? La Mapei? La Motorola? E prima ancora, ai tempi loro, la Salvarani e la Molteni? E la Carrera e la Chateau d’Ax? Non scherziamo. Compagnie amatoriali, circoli parrocchiali. Adesso che è arrivata la Sky, finalmente tutti possono fare i confronti e tirare le debite conclusioni. Non fossero arrivati gli inglesi, chi mai avrebbe potuto immaginare qualcosa di simile?
Troppa ironia stufa. Meglio appoggiarla un attimo sul tavolo e andare dritti sul bersaglio. Con una premessa doverosa: questa storica vittoria di Wiggins al Tour (che per me resta la vittoria scippata a Froome) va davvero raccontata come un evento particolare e carico di significati. Più che altro, non insisterei troppo sulla suggestione della prima volta: ormai, a forza di mondializzare, è sempre la prima volta di qualcuno (all’ultimo Giro, del Canada). Non è questo il punto. Il bi-trionfo inglese merita tanti applausi e un sincero inchino, magari abbinato ad un sentito vaffangiro per i creativi francesi dei cento chilometri a cronometro e dei due soli tapponi di montagna. Detto tutto questo, però, dobbiamo fermarci. Dovremmo. Punto e a capo. Invece, stranamente, hanno aggiunto tutti quanti un carico di spiegazioni e di conclusioni che fa diventare indigesto e sgradevole il meritato trionfo. Mi riferisco proprio alla sinfonia di violini sul metodo Sky, sull’innovazione Sky, sull’organizzazione Sky, sulla filosofia Sky: tutto così rivoluzionario, tutto così moderno. Tutto così.
Vorrei evitarmi il fastidio di sentirmi accusare d’invidia italiota o di grettezza provinciale. Rispedisco cordialmente al mittente, in modo preventivo, queste idiozie. Sono strafelice che il ciclismo possa ancora vantare, anche in questa congiuntura mondiale da lamette ai polsi, grossi sponsor e grossi investimenti. Anche se sono sempre meno italiani, anche se sono sempre più lontani. Non è questo il problema, non è la Sky in quanto squadra a rendersi sgradevole. È tutto il contorno di superlativi e di lecchini a creare disgusto. Wiggins e Froome, assieme ai lazzari resuscitati come Rogers (ma come l’hanno tirato fuori dal sarcofago?), assieme alla grandezza riconosciuta di Cavendish, costituiscono la grossa egemonia di quest’epoca. Nessuno può negarlo. Ma riconoscere tutto questo non significa dover attribuire alla Sky anche i crismi di una magica primogenitura, come se davvero fino all’avvento della Sky niente fosse mai esistito. Ne sono sicuro: non avremmo la Sky se non avessimo contato prima tante esperienze gloriose, del tutto meritevoli di uguale ammirazione e analoga stima. Ho provato a guardare e a riguardare in controluce il fenomeno di questo squadrone, ma sinceramente non sono mai riuscito a trovare un solo elemento di sconvolgente novità. Soltanto una massiccia dose di “Caressismo” può spacciarlo per rivoluzione copernicana. In questo alla Sky sono maestri. Ma non è che noi dobbiamo essere asini per forza.
Ricordo che un giorno, agli albori, invitarono i giornalisti a contemplare il loro pullman, presentato come fosse una fantascientifica astronave, o giù di lì. Ma per quanto i padroni di casa lo decantassero, con le sue comodità e le sue tecnologie, nessuno degli astanti riuscì a vedere qualcosa di veramente diverso da qualcosa di già noto, un bel pullman.
Certo non si può dire che alla Sky manchi la potenza mediatica per promuoversi. Certo non si può dire che in casa non sappiano fare bene il loro mestiere. Ma non sta scritto da nessuna parte che tutti noi, fuori dal cerchio magico, si debba prendere per fenomeno paranormale un normale team di altissimo livello. Stiamo calmi. La Sky ha vinto bene un Tour disegnato su misura da organizzatori in odore di servilismo. Questo è tutto, non c’è altro da aggiungere. Benvenuto dunque al Regno Unito tra i grandi miti del ciclismo. Facendo il loro ingresso nella prestigiosa galleria, gli inglesi - e il seguito di lacchè internazionali - dovranno però sforzarsi di accettare una dolorosa verità: il ciclismo l’hanno inventato prima, molto prima.
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