Maggio è il mese della Madonna, del Giro d’Italia e degli sponsor. Mai come in questo mese, dentro - e davanti, e dietro - la carovana rosa è tutto un fiorire cromaticamente e sonoramente invadente delle aziende che pagano soldi per farsi conoscere, vivendo in un benevolo e salutare parassitismo sulla fatica dei corridori.
Diciamo la verità: fino a una decina d’anni fa, i puristi del giornalismo - pure quelli che in privato magnavano come vitelli e taroccavano note spese come Al Capone - guardavano lo sponsor con accigliato fastidio, inalberando sempre la bandiera della libertà di stampa e dello sport senza padroni. Lo sponsor era visto più o meno come la presenza satanica dentro i sacri valori di De Coubertin, con le sue esigenze commerciali di business e con la sua influenza palancaia sul talento degli atleti. E pazienza se nel frattempo la gente gradiva molto, a bordo strada, il gentile omaggio di un cappellino, di un palloncino, di una manona platificata con sopra il relativo marchio propagandato. E pazienza se le squadre stavano in piedi grazie ai contratti firmati con le aziende. E pazienza se gli stessi puristi del giornalismo, sottobanco, beneficiavano di inviti, viaggi, regali natalizi, sconti su cucine e formaggio grana. In pubblico, lo sponsor era demonio e rovina dello sport. In privato, ci capiamo, se ne può riparlare.
Tutto si potrà dire dei tempi moderni, che sono mollaccioni e svaccati, ma certo non si può dire siano ipocriti. Almeno in questo settore del rappporto sport-sponsor (curioso come le due parole in qualche modo si somiglino e quasi si anagrammino, come in una singolare predestinazione). Sì, al giorno d’oggi la nebbia dell’ipocrisia è completamente svanita, spazzata via da un sano realismo e da una civile considerazione del problema. Ormai i giornalisti, proprio adesso che non beccano più stecche, e passaggi aerei, e vacanze pagate (posso giurarlo: io non ne conosco), proprio adesso che potrebbero scatenare liberamente il loro rancore purista, proprio adesso accettano gli sponsor e parlano di sponsor con estremo senso di giustizia. Quando effettivamente sono invadenti e prepotenti, parlano di sponsor sfacciati. Ma quando lo sponsor si muove con discrezione e buonsenso, in una intelligente opera di promozione, lo sponsor è riconosciuto e considerato. Satana non c’è più: lo sponsor è il benvenuto come un angelo benedetto, e passi pure se ogni tanto s’inventa conferenze stampa pallose per annunciare novità risibili. Una scocciatura, niente di più.
Sostanzialmente, s’è compresa una cosa banalissima: nell’epoca del mercato libero, chiusi i rubinetti delle sovvenzioni pubbliche, per lo sport lo sponsor è vita. Dove non c’è più sponsor, non c’è più sport. È un’amara conclusione? È la fine dello spirito olimpico? Ma per piacere: coperti dallo spirito olimpico, gli sportivi hanno firmato nei decenni sublimi porcherie. Molto meglio il gioco leale, in campo aperto, senza finzioni e falsità. Meglio un intervento serio e diretto del grande sponsor che l’opera subdola e sotterranea, travestita magari da mecenatismo, di notabili politici capaci solo di maneggiare soldi altrui.
Lo dico senza pudori e senza imbarazzi: il ciclismo deve tenersi stretti i suoi amici imprenditori. Altro che storie. Finchè lo sponsor farà da sfondo alle corse, le corse vivranno. Oltre tutto, il ciclismo ha una fortuna colossale: i suoi amici, nella media, sono veri e sono belli. Lasciamo pure alla vela e al golf i marchi fighetti. Lasciamo pure al calcio le grandi famiglie curvaiole. Io mi tengo stretti gli sponsor della bicicletta: tra quelli che conosco, ce ne sono ben pochi di cui vergognarci. Al riguardo propongo il famoso gioco della torre, in un ipotetico duello ciclismo-calcio, scegliendo tra i più noti. Proviamo a rispondere.
Con tutto il rispetto, chi butteresti giù tra:
Zani (Liquigas) e Agnelli Junior?
Galbusera (Lampre) e Moratti?
Squinzi (Mapei) e Berlusconi?
Doris (Mediolanum) e Della Valle?
Ferrero (Estathe) e Lotito?
Colnago e Zamparini?
Androni (Giocattoli) e De Laurentis?
P.S.: come noto, non è ammessa la risposta “tutti e due”.
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