Caro direttore, so già che quando leggerai questi “Misfatti” alzerai subito il telefono e mi chiamerai. Più o meno, conosco le parole che userai. Mi inviterai alla prudenza, mi chiederai di lasciar perdere, mi rinfaccerai che un mio credo inossidabile è non lasciarci mai trascinare a certi livelli penosi…
Ecco, ti precedo: lascia stare quel telefono. Non mi chiamare. Nessuna esortazione, stavolta, sarà accettata. Hai solo una via d’uscita: prendere questi “Misfatti” e buttarli nel vicì. A quel punto, però, chiediti se abbia ancora senso continuare questa bella avventura comune.
Non ti credere. Costa molto anche a me proseguire, perché so benissimo che alla gente importa poco questo genere. Però proseguo: dopo averci molto pensato, vinco il fastidio che queste cose ispirano e vado sino alla fine. Perché? Perché, diavolo, c’è un limite a tutto. Persino agli impuniti della squadra Rai.
Voglio che la gente, almeno, sappia come funzionano certe cose, dentro questa squadra del servizio pubblico. E sottolineo pubblico, soprattutto a loro, che non se ne ricordano mai, utilizzando tempi e luoghi della collettività per fare i comodacci privati, manco fosse casa propria.
Un caro amico, ultimamente, mi ha posto una domanda molto elementare: ma com’è che tu, Stagi e Costa non comparite mai nelle trasmissioni Rai? La domanda è ricolma di candore. Anche se il caro amico conosce benissimo la risposta, dunque tanto candido non è. Allora: a beneficio dei lettori di questa pregiata rivista, una delle due più autorevoli, diffuse, lette e rispettate dell’ambiente ciclismo, dico chiaro e tondo che non c’è una spiegazione logica. Tutti quanti devono almeno sapere che Costa, Stagi e Gatti non sono fantasmi, che alle corse ci sono, che non scrivono di ciclismo per sentito dire, standosene rintanati in qualche ufficio milanese o bolognese. No, al Giro d’Italia ci siamo, esattamente come gli inviati dei maggiori giornali italiani. Eppure, tra tutti questi inviati, siamo gli unici a non ricevere mai il gentile invito a presenziare sul palco dei dibattiti pre o post gara. Molto rigorosi nei loro criteri d’invito - un giornalista a turno purchè ci vengano tutti - , i cervelli Rai dimenticano da due anni soltanto noi tre. Altri, durante un Giro d’Italia, tornano magari al Processo due o tre volte. Noi non entriamo mai nemmeno la prima volta. Fossero loro al nostro posto, parlerebbero di censure e di editti bulgari. Farebbero le vittime e i martiri della libertà. Io, per quanto mi riguarda, non ne ho la minima intenzione: semplicemente, li ringrazio di evitarmi certe comparsate in certe trasmissioni ridicole, dove vale sempre la regola di quel grande saggio che è Arthur Bloch, “non discutere mai con un cretino: la gente potrebbe non notare la differenza”. Detto questo, però, in linea di principio aggiungo una seconda cosa: questa bella gente del servizio pubblico, e ribadisco pubblico, è semplicemente vergognosa.
E’ chiaro che da parte loro non posso aspettarmi alcuna riflessione seria e serena. Loro vivono con la testa nel video, vanitosi e narcisi, convinti che soltanto il video possa assegnare a un uomo un posto e una dignità nel mondo. Dunque, saranno convintissimi che queste righe nascano dalla mia rabbia incontrollabile per non poter entrare nel loro paradiso terrestre. Li lascio volentieri alla loro convinzione. Continuo soltanto a beneficio dei lettori di tuttoBICI, cui tengo quanto a quelli del mio giornale. Voglio solo chiarire loro che il direttore e i collaboratori di questo mensile non si meritano un simile trattamento. Potrebbero accettarlo da una rete privata, che in casa sua invita e non invita chi gli pare e piace. Ma il servizio pubblico è un’altra cosa: ha qualche regola di comportamento. La prima, nel caso specifico, la capiscono anche i babbei: Stagi, Costa e Gatti possono essere odiosi e ripugnanti, ma le antipatie personali devono restare fuori. Se una trasmissione pubblica invita tutti i giornali, deve invitare anche tuttoBICI. Non ci piove. In caso contrario, siamo nel campo puro e semplice della mafietta, dove un paio di capettini si prende le sue ripicchine, pisciando in testa alla sacralità del servizio pubblico. Punto. Non esiste un altro modo di definirli, questi capettini: sono vergognosi, e che il diavolo se li porti.
E’ovvio che a un lettore di tuttoBICI, dopo questo monologo, resti aperta una semplicissima domanda: ma perché non invitano soltanto voi? La lascio alla fine perché il perché dovrebbero spiegarlo i capettini Rai. Io posso avanzare solo un’ipotesi: casualmente, Costa, Stagi e Gatti li criticano. Qualche volta, ma tu pensa, ci fanno sopra persino dell’ironia. Però l’ho detto: questa è solo un’ipotesi. Magari si tratta invece di una pura coincidenza: in realtà loro ci vorrebbero tanto, in nome di un sano gusto del contraddittorio, ma purtroppo non trovano mai il numero di telefono per invitarci. Solo il nostro. Se è così, sono pronto a chiedere pubblicamente scusa per ogni malevola considerazione. Soltanto, non so spiegarmi come il numero riescano sempre a trovarlo, quando devono insultarci.
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