Gatti & Misfatti
Mal di testa

di Cristiano Gatti

Se ho capito bene, ci aspetta un’annata più o meno così. Il ProTour va altezzosamente per la sua strada con un’aria aristocratica più esibita che reale, più vantata che effettiva, esattamente co­me certi nobili spiantati che hanno le cuciture ai gomiti lisi della giacca e in casa si ri­du­cono a man­giare malinconicamente pane e cipolle, ma­gari con i guanti tagliati in punta per il freddo, rimpiangendo i bei tempi andati. Fuo­ri, intanto, il ciclismo de­finito da questi stessi aristocratici spiantati “minore”, cioè popolare e ple­beo, se ne va a sua volta per la propria strada, divertendosi nelle volgari corse chiamate Tour, Gi­ro, Vuelta, Sanremo, Rou­baix, Liegi-Bastogne-Liegi, Lombardia.

Se ho capito bene, e può darsi non abbia capito nulla, ci avviamo verso l’anno zero del ciclismo bi­nario, con due linee che procedono fianco a fianco, ma sen­za incontrarsi mai, come vuo­le la teoria del parallelismo. I solerti cronisti saranno capacissimi di spacciare il ProTour come il grande ci­clismo e le corse monumento come la serie B (i solerti cronisti, quando i potenti ordinano, spengono volentieri il cervello, se ne hanno uno). E pa­zien­za se i tifosi, capendoci mol­to poco di questo delirio politico-burocratico, continueranno im­per­territi a guardarsi Giro e Tour come hanno sempre fatto, come se niente fos­se, im­pippandosi delle beghe che hanno portato al divorzio tra Uci e organizzatori. Situa­zione esemplare: la po­litica da una parte e la realtà dall’altra. Sulle cattedre del potere conterà solo il Pro­Tour, sui tavoli dei Bar Sport conterà soltanto la corsa tradizionale. Quella di sempre, quella co­nosciuta. Quella vera.

A questo punto della guer­ra intestina, che ha dilaniato e infine sgretolato il ciclismo mondiale, si po­trebbe osservare come co­munque un assestamento si sia tro­vato. Ciascuno per la sua strada, ignorandosi anzi odiandosi, e tanti saluti al­la diplomazia. Potrebbe per­sino essere così: quando un matrimonio è soltanto rancore e so­spetto, meglio romperlo. Se or­ganizzatori e Uci non si sopportano più, meglio salutarsi una volta per tutte. Do­loroso, ma co­mun­que meglio delle ruffianerie e delle coltellate alle spal­le. Almeno la si­tuazione diventa chiara e definitiva.

Però c’è un però. Lo dico a stagione da poco iniziata, prima di entrare nel vivo. Anche in questo ca­so può dar­si non abbia capito nulla, ma preferisco esprimermi: eventualmente sono pronto a ri­credermi, se qualcuno mi smen­tisce seriamente. Nell’at­tesa, non pos­so far finta di non vedere il primo effetto perverso dello storico divorzio tra ProTour e organizzatori. Lo dico in due parole: tante facce sporche delle storiacce di doping, messe alla porta dal Pro­Tour, stanno rientrando dal­la finestra nelle squadre più piccole, che vivendo fuori dal massimo circuito non so­no tenute al rigore dei codici ProTour. Risultato sublime: considerato che le squadre del ProTour, come abbiamo visto all’inizio, correranno corse lo­ro, per la verità sconosciute ai più, mentre gli organizzatori delle corse storiche avranno mano libera su­gli inviti, cioè potranno far partire chi vo­gliono, ecco che alla fine ci ri­troveremo le facce pulite nelle corse più anonime, mentre le facce sporche - riciclate dai piccoli team - saranno addirittura ospiti graditi sui grandi palcoscenici delle gare storiche.

Può darsi che la mia sia una visione un po’ scettica e diffidente. Ma i mo­vimenti di questo inverno mi inducono alle più fosche previsioni. Ho il net­to presentimento che dalla Sanremo in poi, passando per il Giro e ar­rivando al Tour, cioè nelle cor­se più belle, più note, più prestigiose, ora paradossalmente fuo­ri dal ProTour, tornerà in vo­ga l’anarchia. Una specie di “liberi tutti” che consentirà a qualunque squadra di portare in corsa qualunque tanghero dal passato oscuro. Di­co male? L’ho ammesso su­bito: può darsi che non ab­bia capito nulla. Però so­no curioso di vedere come andrà a fi­nire. Voglio proprio vederli, i grandi organizzatori, lasciare fuori di loro spontanea vo­lontà un bel nome in odore d’inchiesta. Non lo facevano prima, quando comunque avevano le regole del Pro Tour a im­porlo, figuriamoci adesso, che hanno le mani li­bere. Dav­vero avranno la fermezza di non invitare una squadra con un corridore am­biguo tra le sue fila? Sì, vo­glio proprio vederli. Ma se dovessi scommettere un cent, per questa stagione 2008 prevedo qualcosa di già visto. Polvere, nebbie, confusione. Discussioni sui cavilli, eccezioni sui codici, ma-se-però. E per tutti quanti noi, tifosi del ciclismo, un terribile mal di te­sta. Basta guardarlo: anche cambiando i fattori, il prodotto non è cambiato.
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