di Pier Augusto Stagi
SVITATI. La decrescita felice è il nuovo obiettivo del ciclismo mondiale. Garantire più sicurezza abbassando la velocità, questo è quello che hanno chiesto corridori e squadre, non tutti, ma alcuni. Van Aert è tra questi, Prudhomme, anche. Riduzione dei rapporti e non mi riferisco a questioni di coppia, ma ai rapporti che saranno limitati, dal prossimo mese di agosto, a campione, per vedere l’effetto che fa.
Ne abbiamo già parlato su tuttobiciweb: l’idea dell’Uci è garantire sicurezza in corsa, soprattutto in discesa e in volata, quindi basta rapporti liberi, un atleta non può sviluppare più di 10 metri e 46 centimetri a pedalata. Rapporto massimo consentito il 54x11 e poco importa se l’americana SRAM ha un 10 nel suo pacco pignoni (per Shimano e Campagnolo nessun problema). L’idea è mettere un limitatore, una vite, un blocco meccanico che non consenta alla catena di scendere fino in fondo, all’ultimo pignone.
È tutto molto bello: due anni fa l’Uci ha deciso di liberalizzare i rapporti agli juniores e ora li limita ai professionisti, con il paradosso che i ragazzini potranno usare il 58-60x10, mentre i professionisti solo nelle prove contro il tempo, dove la liberalizzazione resta tale.
È un momento così, fatto di cartellini gialli e rossi, ammonizioni, sospensioni ed espulsioni, radioline da spegnere e biciclette da appesantire, rapporti da limitare con un bullone o una vite da applicare: insomma, cose che non hanno alcuna base statistica e quindi scientifica, sono solo cose da svitati.
MANDATELI ALTROVE. Della questione punti vi abbiamo dato conto prima e durante il Giro d’Italia, ma proseguiamo per una questione molto semplice: il problema sembra non placarsi. Sappiamo che la questione punti condiziona le gare e di conseguenza le tattiche di corsa. Piazzare tre corridori nei dieci, vale molto di più che vincere una tappa. Provare a mettere due/tre/quattro atleti nei dieci nella classifica finale di una corsa a tappe è fondamentale, perché è la somma che fa il totale. Questo vale per la Uae Team Emirates così come per la Visma Lease a Bike e la Lidl Trek che lottano per essere il team numero uno al mondo, così come per i team più piccini che lottano per restare nel World Tour o nelle prime trenta. Ma la vera distorsione è data anche dall’assegnazione dei punti, non tanto al Tour al Giro o alla Vuelta, che sono la massima espressione del nostro movimento al pari delle cinque Monumento, ma è dato dai punti che saranno dati alle gare 1.Pro dal 2026.
Esempio facile facile. Vincere una tappa al Giro garantisce 180 punti, vincere una corsa 1.Pro, come Emilia o Laigueglia, varrà 250 punti. Nel periodo di maggio, di gare 1.Pro in Francia e Belgio, Ungheria e Norvegia, ce ne saranno più di una: chiaro che i team preferiranno mandare i propri corridori a fare punti lì e ad essere penalizzato rischia di essere il nostro Giro d’Italia. Trovo che questo modo di operare sia semplicemente folle e antistorico, direi anche miope e irrispettoso. Le francesi vengono qui da noi a fare vacanza, con un gruppo di corridori che vorrebbe essere altrove? Se fossi in Rcs Sport & Events altrove manderei quelli dell’Uci.
NEL CICLISMO SI PUO’. Vi chiedo venia, proseguo questo stucchevole viaggio nel mondo della burocrazia ciclistica, che tutto complica e nulla dipana. La chiarezza e l’immediatezza non sono proprie del nostro organismo mondiale, che di chiaro ha solo l’esigenza di complicare le cose. Alzi la mano chi comprende le classifiche di merito? Chi sa come vengono elaborate? Lo sanno lorsignori e questo è più che sufficiente. In questa logica e in questo solco, proseguono imperterriti in un’altra operazione che ha dell’incredibile: attribuire i punti raccolti dai corridori in nazionale anche ai loro club di appartenenza. Direte: e che male c’è? Di male, in un meccanismo di promozione e retrocessione, c’è che è semplicemente bizzarro condizionare una classifica di club con punti ottenuti dai corridori in maglia della loro nazionale, senza che i team-leader dei club possano minimamente incidere nella selezione dei corridori e nella strategia tattica. Prendiamo la Lidl-Trek all’europeo 2024: Jasper Stuyven e Edward Theuns, con la loro nazionale del Belgio hanno dovuto tirare la volata a Tim Merlier della Soudal, che ha vinto il titolo europeo e i punti ottenuti sono però finiti al team di appartenenza del neo campione europeo. Bene, pensate se questi punti fossero fondamentali per restare nella serie A del ciclismo. Pensate se la Lidl-Trek fosse appesa a un filo e quei punti non incamerati le costassero la permanenza nell’elite del nostro movimento. Può una classifica per squadre essere per lo meno condizionata da corse per nazionali? Sì, nel ciclismo si può.
FAB TOUR. Si torna a fare sul serio, con tutto rispetto, al Tour de France. Al via il meglio del meglio e quello che potremmo vedere l’abbiamo già assaporato con l’antipasto del Delfinato. Non per apparire scortese, ma se ci sono quei tre là e magari anche qualche asso da classica di un giorno, le corse assumono immediatamente un altro sapore. Cosa è servito il Giro di Svizzera, tanto per fare un nome? A far vedere al mondo intero cosa significa fare corse senza i “Fab Six”. Ogni corsa senza questi prodigi del passato è un ritorno al futuro, a un ciclismo visto e rivisto, fatto di attese, di tattiche e noia grassa. Si è ripiombati in un ciclismo antico e senza tempo, dove le corse sono sottofondo di un’estate calda e assonnata, dove il russare del frigo si alterna al ronzio dei condizionatori e la palpebra tende a calare, per non rialzarsi più. Con il Tour si celebra un altro sport, perché non lo dico io, è la storia del ciclismo che l’ha detto e lo ripete da sempre come un mantra: le corse le fanno i corridori. E i corridori, quelli buoni, sono qui. Buon spettacolo.