Vingegaard, semplicemente Jonas

di Francesca Monzone

Ci sono sogni che si realizzano grazie a quelle op­por­tunità che, colte al volo, riescono a ribaltare intere situazioni. Il Tour de Fran­ce è stata l’occasione che Jonas Vingegaard ha saputo prendere al volo per cambiare il proprio destino di gregario di lusso e indossare con coraggio i gradi di capitano. Così il filiforme danese, chiamato alla Grande Boucle per sostituire Tom Dumoulin ed essere di aiuto a Primoz Roglic, ha saputo reinventarsi: quando lo sloveno, favorito per la vittoria, è stato costretto al ritiro, Jonas ha risposto subito alla chiamata.
Vingegaard e i suoi compagni della Jum­bo Visma hanno attraversato un momento difficile con l’abbandono di Roglic: sulla carta erano la squadra più forte, chiamata a dominare la corsa e a sostenere Primoz, pronto a battersi fino all’ultimo colpo di pedale, contro il connazionale Pogacar per conquistare Parigi. Così non è andata e la corazzata olandese lungo la strada ha lasciato a terra corridori importanti: Gesink prima, poi Tony Martin e infine anche Kruijswijk.
In questa situazione Vingegaard in un attimo ha capito che si doveva continuare a lottare, perché al Tour de Fran­ce la Jumbo-Visma era andata per fare grandi cose, dovevano solo trovare un nuovo modo per realizzarle.
Così è iniziata la nuova vita del ventiquattrenne di Hillerslev, un piccolo pae­se che conta meno di 400 abitanti, nello Jutland settentrionale. Nei suoi primi anni da ciclista Jonas non ha impressionato con i suoi risultati e ha dovuto aspettare per diventare un ciclista professionista, scegliendo di andare a lavorare una volta finita la scuola. Ha preso servizio in una fabbrica che si occupa di surgelare il pesce appena pescato e così ogni mattina andava a lavorare, mentre il pomeriggio si dedicava alla bicicletta.
«Probabilmente sono riuscito a diventare un professionista perché ero in grado di resistere a certi sacrifici - ha spiegato Jonas Vin­gegaard nella conferenza stampa di chiusura del Tour de France - La mattina presto andavo a lavorare, surgelavo il pesce e non era un lavoro leggero. Appena finivo scappavo ad allenarmi e riuscivo a fare 4-5 ore di bicicletta. Forse questa mia resistenza fisica e la costanza mi hanno fatto diventare un corridore professionista».
Corre nell’Odder Cykelklub, senza grandi risultati però. Ma è determinato e continua a ottenere piccoli piazzamenti nelle competizioni nazionali.
Nel 2016 passa alla Continental danese ColoQuick e così inizia a fare le prime gare importanti e incontra quelli che poi saranno i suoi avversari nel World Tour.
Nel suo primo anno con la ColoQuick, Vingegaard scopre finalmente se stesso e capisce che può andare forte sia a cronometro che in salita. Al Sibiu Tour del 2016, a 19 anni, termina nono nella cronoscalata, alle spal­le di corridori come Franco Pel­li­zot­ti e Davide Rebellin, ma appena davanti a Bernal, allora alla Androni Sidermec. Nel 2018 sfiora la sua prima vittoria tra i professionisti: in una tappa di montagna del Tour of China, il giovanissimo scalatore arriva secondo dietro al leader della classifica Raffaello Bonusi, coincidenza anche lui della Androni Sidermec. Vingegaard chiude bene nella classifica di quella corsa e ancora non sa che questo è solo l’antipasto per quello che accadrà qualche anno più avanti. Il danese continua a correre con la Colo­Quick e va forte nel Tour du Loir et Cher, dove ottiene il terzo posto nella quarta tappa, quella più dura. Questo gli permetterà di fi­nire quarto nella ge­nerale e primo tra i giovani. Due settimane dopo si gio­che­rà la vittoria al GP Viborg in uno sprint a due con Kasper Asgreen, più forte di lui in quella giornata. Jonas continua a credere nelle sue capacità e va dritto per la sua strada, anche se deve fare i conti con lo stress della gara, che non sempre riesce a gestire.
«Quando ero più giovane sentivo mol­to lo stress della gara e facevo fatica a controllarlo. Ho lavorato molto su questo e devo ammettere di essere stato bravo, perché adesso riesco a gestire le mie emozioni. Se non fossi riuscito a domare lo stress in gara, non avrei potuto mai correre una gara difficile come il Tour de France».
Jonas va forte e continua a piazzarsi: a maggio è quarto nel GP di Sundvolden  e il giorno dopo quinto al Ringerike GP. Al Tour des Fjords impressiona di nuovo, attaccando con Edvald Boas­son Hagen, Lars Boom e ancora As­green. Pur­troppo però arrivano anche i problemi, le cadute e le delusioni: si frattura l’anca in gara e solo il 24 settembre torna a correre in una gara nazionale. Risale in sella e nuovamente fa bene a Sun­dvol­den, Rin­gerike e MBC-Hammer tanto che arriva per lui la chiamata dell’allenatore della nazionale danese Anders Lund, che lo porterà alla Peace Race.
Vingegaard si mette subito in luce e nel finale della prima tappa se la svigna con altri quattro, tra i quali c’è Sa­muele Battistella che vincerà la volata. Il giorno dopo la vittoria andrà a Marc Hirshi e il bravo danese chiuderà al sesto posto. Nella prova di Coppa delle Nazioni al bacino idrico di Dlouhé Strán trova ancora Hirschi e Battistella e stavolta nel gruppo in fuga che si giocherà la vittoria in volata c’è anche Tadej Po­gacar. Il danese e lo sloveno si conoscono e si rispettano e lo stesso Poga­car, durante il Tour de France, ha usato parole di elogio per il rivale. «Jonas è un bravo ragazzo, è anche simpatico - aveva detto lo sloveno -, ha fatto una bel Tour de France e già il prossimo anno potrebbe essere proprio lui il vincitore di questa cor­sa».
Il danese continua ad andare bene in particolare in salita e il 1° gennaio del 2019 farà il suo debutto professionistico con la Jumbo Visma, che crede nelle sue potenzialità e vuole dargli il tempo di crescere. Il team olandese guarda con interesse ai corridori scandinavi e, insieme a Vingegaard, avrebbe voluto prendere anche Mikkel Frøhlich Ho­noré, che però è andato alla corte di Lefevere. Vingegaard in squadra viene guardato con interesse e in Olanda sostiene diversi test, per capire fin do­ve potrà arrivare. «Jonas è ancora mol­to giovane ma credo che sentiremo mol­to parlare di lui nei prossimi anni - disse il diesse del team Merijn Zeeman -. Ha davvero bisogno di tempo per crescere e formarsi, ma una cosa l’abbiamo vista: c’è un motore molto grande in questo ragazzo. Adesso sta a noi guidarlo al meglio, perché possa raggiungere la piena maturità».
Vingegaard si mette subito in luce e coglie il successo nella penultima tappa del Giro di Polonia. Ma non regge lo stress, il suo demone in corsa si ripresenta e nell’ultima tappa chiuderà nelle retrovie. Quella è la sua prima vittoria nel World Tour. Nella Vuelta a España disputa il suo primo grande giro, al servizio di Roglic e impressiona salendo a gran ritmo sul terribile Alto d’Angliru. È in questa tappa che la Jumbo Visma cancella ogni dubbio e si disegna il fu­turo del ragazzo di Hillerslev: è un corridore da grandi giri e può fare bene in salita.
Jonas è consapevole della sua forza e nel 2021 conquista una vittoria di tappa con arrivo in salita all’UAE Tour, tenendo a bada Pogacar e Adam Yates. Un mese dopo, alla Settimana Ci­clistica Inter­nazionale Coppi & Bartali, vince due tappe con arrivo in salita e conquista il successo finale, e poi sarà terzo nel­la cronometro di apertura del Giro dei Paesi Baschi. La strategia della Jumbo-Visma è perfetta e il danese chiude secondo alle spalle di capitan Roglic. In casa Jumbo Visma ades­so hanno capito con certezza il valore di Jonas, hanno visto che è cresciuto presto e bene e si merita un po­sto per il Tour de France, in sostituzione di Tom Dumoulin. Nel team olandese però non vogliono caricare di troppe responsabilità Jonas, perché è giovane ed è al primo Tour. Vingegaard però sa che può far bene e nella quinta tappa, la cronometro con arrivo a Laval Espa­ce Mayenne, è terzo alle spalle di Kung e Pogacar, che ha vinto senza troppi problemi. Primoz Roglic è già caduto, da Tignes non riparte e la squadra, vive autentici momenti di sbandamento
«Quando Primoz è stato costretto a ri­tirarsi per noi è stato un momento difficilissimo. Non avevamo più il nostro leader, siamo stati costretti a rivedere tutto quello che dovevamo fare e in poco tempo abbiamo dovuto cambiare completamente tattica» ricorda Vin­ge­gaard.
La Jumbo-Visma si reinventa comunque rapidamente; sul Mont-Ventoux firma un grande capolavoro con Van Aert vince stravolgendo tutti i pronostici e costringendo alla resa i suoi avversari. Quel giorno sul Gigante di Provenza, il giovane danese ha messo in difficoltà Pogacar per la prima volta, con lo sloveno che non riesce a tenere il suo passo in salita. Tutti sanno che ormai Pogacar ha in tasca il Tour, ma in classifica generale qualcosa cambia e Jonas sale sul terzo gradino del podio alle spalle dell’esperto Rigoberto Uran.
«Ho capito che avrei potuto lottare per i primi posti della classifica, dopo il Mont-Ventoux - ha raccontato a fine Tour il danese -. Dopo quella tappa ho creduto di più in me stesso, grazie an­che alla squadra che ha voluto propormi come uomo per la classifica generale».
Il podio a Parigi non è più un sogno per il ragazzo della Jumbo Visma e dal Mont-Ventoux parte il suo vero viaggio alla scoperta di una nuova realtà. Il team olandese crede sempre di più nel suo ragazzo e garantisce libertà d’azione a quei corridori a quei corridori che, con Roglic in corsa, non avrebbero avuto spazio.
Vingegaard è attento in corsa, controlla il suo più grande rivale Pogacar e cerca di contenere il ritardo. Il danese resiste e il colombiano Uran crolla, così Jonas diventa secondo.
«Negli ultimi giorni di corsa sapevo di dover rimanere concentrato, perché anche il minimo errore avrebbe potuto rovinare tutto il lavoro fatto».
Jonas è tranquillo e trova anche il modo di scherzare e alla stampa spiega che in danese il suo cognome si pronuncia “Vin-ge-go”, ma che comunque lui per tutti vuole essere solo Jonas.
Il giovane danese sui Pirenei mette in evidenza tutta la sua bravura e arriva secondo sul Col du Portet, lasciandosi alle spalle Richard Carapaz anche il giorno dopo, quando la corsa arriverà a Luz Ardiden. La diciannovesima tappa, serve per riprendere fiato perché il giorno seguente c’è la prova a cronometro con arrivo a Saint-Emilion. A vincere è ancora una volta Wout Van Aert e Vingegaard arriva terzo preceduto anche da Kung. A Parigi l’ultima volatavede vincere ancora Van Aert che completa il suo splendido Tour de France.
Jonas conclude secondo dietro a  Po­gacar, ed è secondo anche nella classifica del miglior giovane e della montagna, sempre alle spalle dello sloveno.
Il Tour è finito e ci sono le riflessioni e i bilanci da fare. «Sono contento di quello che ho fatto, al via da Brest non potevo immaginare che sarei salito sul secondo gradino del podio della Gran­de Boucle, la corsa più importante al mondo». Jonas Vingegaard con calma ripercorre i suoi 21 giorni di corsa ed è certo di essere stato fortunato e di aver avuto un’opportunità importante con il ritiro di Roglic. «Mi piace essere sul podio di una corsa così importante, mi piace meno essere sotto i riflettori e parlare con la stampa. Ci sono corridori che apprezzano più di me la notorietà. Io sono un ragazzo semplice, mi piace restare a casa con la mia famiglia con mia moglie Trine e nostra figlia Frida. Il risultato? Pogacar ha meritato di vincere, forse avrei potuto guadagnare un minuto in più se fossi partito fin dall’inizio come capitano».
Jonas Vingegaard, il ventiquattrenne venuto dalla Danimarca e che surgelava pesce, ha dimostrato a tutti il suo valore, ma anche di non essere cambiato e di essere rimasto lo stesso ragazzo di sempre. «Ho fatto qualcosa di incredibile, lo so, ma voglio dire che questo risultato non potrà cambiarmi. Prima del Tour io ero Jonas e anche adesso, voglio essere semplicemente Jonas per tutti».

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