Mi preme dirlo subito, ad annata ancora agli inizi, perché infierire a disastro compiuto non mi diverte per niente. Allora: pare che per il prossimo Giro d’Italia la nuova Saeco, in realtà matrimonio Lampre-Zappella, abbia tutta l’intenzione di ripresentare lo stesso schema dell’ultima edizione: due capitani, due punte, due avversari, due nemici. Cunego e Simoni, chi se no? Così, perché forse l’anno scorso i dirigenti sono rimasti un po’ delusi, visto che il trentino è arrivato ad insultare pesantemente il giovane compagno, senza però malmenarlo. Evidentemente contano sul fatto che stavolta, già rodati, pervengano direttamente ai cazzotti.
Anche alla guida della nuova squadra c’è un binomio: in ordine alfabetico, Corti e Saronni. Chi lo sa: entrambi piuttosto esperti e piuttosto saggi, si sentono in grado di controllare la situazione. Lo dico in amicizia: beati loro, se davvero ne sono convinti. Io non ho nulla da ridire sulla loro esperienza e sul loro equilibrio: Claudio e Beppe, con i loro pregi e i loro difetti, restano comunque due tra i più rassicuranti personaggi della dirigenza nazionale. Attenzione, però: mai sopravvalutarsi. E qui, dall’aria che tira, stanno rischiando questo errore di calcolo. Soprattutto, mi sembra evidente: sottovalutano Simoni.
Non voglio qui addentrarmi nello studio del personaggio trentino. Comunque lo si giudichi, gli si deve riconoscere una sua coerenza e una sua intransigenza di comportamenti: dal suo punto di vista, Cunego è diventato il peggiore dei nemici proprio sulle strade del Giro. Da lì, nonostante l’immane disponibilità del giovane campione, Simoni non s’è più mosso. E hai voglia di dire che il tempo sana tutte le ferite: in questo caso, col passare del tempo l’odio è cresciuto, tra l’altro coinvolgendo pericolosamente le rispettive tifoserie. Una fantasia mia? Va bene, sono io che rincorro fantasmi. Però, a questo punto, invito i simpaticoni che mi ritengono un visionario a un semplicissimo esperimento: prendere la macchina, risalire un poco l'autostrada del Brennero, uscire a Rovereto, quindi cominciare a girare per bar e trattorie, da lì fino alle Dolomiti, urlando gioiosamente “forza Cunego”. Via, provare. Poi eventualmente mi spediscono il risultato del test, non appena il traumatologo avrà tolto i gessi.
Parliamoci chiaro: Corti e Saronni sono grandi e vaccinati, già ne hanno viste (anche Saronni ha già avuto Simoni in squadra), e soprattutto sono padroni delle proprie azioni. Se davvero hanno intenzione di replicare la penosissima convivenza dell’anno scorso, con Cunego che in corsa costruiva una bellissima immagine del ciclismo e della sua squadra, e subito dopo il traguardo Simoni la demoliva a maleparole, ne hanno tutto il diritto. Su un dettaglio, però, io sono pronto a scommettere: Simoni non scenderà mai a patti per servire Cunego. Gibo ha una considerazione di sè, un orgoglio, una personalità che gli impediscono di piegarsi. Dunque, questo è il dato di fatto dal quale partire. Di certo, mi sembra demenziale l'ipotesi di far correre i due alla pari, «e che vinca il migliore». Cunego, per il 2004 che ha corso, per il Giro che ha vinto, per quello che ha già sopportato, si merita questa volta tre settimane di tranquillità. Altro che mettergli vicino un avversario in più. Di avversari, a partire da Basso, stavolta ne avrà già abbastanza. Cosa fare, allora? Forse la mia è una soluzione troppo banale, ma la dico lo stesso perchè non mi si accusi di pensare soltanto a demolire. Eccola: Cunego al Giro da solo, Simoni - doverosamente, dopo le figuracce che ha rimediato - al Tour per dimostrare finalmente la sua levatura internazionale, e non solo a parole (ovvio che anche Cunego possa andare al Tour: ma viaggiando praticamente da scolaro, quest’anno non sarà di disturbo al capitano). A Simoni non sta bene, questa divisione? Vuole essere capitano anche al Giro? Ma chi comanda, nel nuovo squadrone: Simoni? Se non bastano due team-manager per dare qualche ordine, provino ad aggiungerne un terzo.
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