Ma sì, tutti all’estero. Rebellin è argentino (ma non era di Montecarlo?). Simoni, che è trentino e inevitabilmente anche abbastanza italiano, l’anno prossimo potrebbe diventare austriaco. Poi chissà, una cosa tira l’altra: persino Casagrande potrebbe ripresentarsi per il prossimo Mondiale un po’ eschimese. Fuori uno, fuori due, fuori tre. Fuori tutti. La colpa è di una persona sola: lui, l’odiato cittì, Franco Ballerini. Da qualche settimana il più grande esportatore italiano di ciclisti depressi e geni incompresi. Voglio dirlo subito, perché su certe questioni bisogna schierarsi senza tentennamenti: di questa colpa, non lo ringrazierò mai abbastanza.
Risultati a parte, credo che dopo il Mondiale si possa stilare un bilancio senza precedenti: giuro, mai nella storia si era assistito ad un’estate così demenziale. Ancora adesso stento a credere che davvero abbiamo vissuto settimane simili. Eppure è tutto registrato. Bettini vince le Olimpiadi, anche grazie alle scelte felicissime di Ballerini, e il giorno dopo si comincia con il masochismo nazionale. Finalmente abbiamo davanti uno scenario bellissimo, con Bettini che non è certo anziano, con Basso (terzo al Tour) che è ancora giovane e con Cunego (primo al Giro) che è giovanissimo. Eppure non è di questo che si parla. Non è di questo che ci si compiace. No, l’estate 2004 è tragicamente occupata da un temone importantissimo: Rebellin. Forza, guardiamoci allo specchio: ma davvero si può passare un’estate a parlare di Rebellin?
Già come corridore costui non mi ha mai fatto impazzire. Scusate, sono cresciuto a pane e Merckx e pane e Gimondi, poi a pane e Indurain, pane e Bugno, pane e Pantani, continuo a pane e Armstrong, pane e Cunego, pane e Basso: potrei eccitarmi per Rebellin? Siamo seri. Ma a parte le simpatie sportive, in questo caso c’è qualcosa di molto più grave. Leggo su un dispaccio Ansa (20 settembre 2004, ore 15,22) il messaggio che l’ex vicentino invia al sottosegretario argentino Claudio Morresi: «Spero di contribuire alla crescita nel mondo del nome della nazione argentina, perché mi sento molto legato a questa nazione. Sto studiando la storia e l’immigrazione argentina, e per quello che ho capito finora, tutti in questa nazione si sentono come in una grande famiglia. Io voglio far parte di questa famiglia e mettere in essa tutta la mia forza, tutta la mia esperienza e soprattutto il mio cuore. Signor Morresi, le sarò riconoscente per tutta la vita e la prima cosa che farò quando arriverò a Buenos Aires sarà abbracciarla». Io, sinceramente, di un tizio che non prova il minimo imbarazzo nello scrivere simili cose non sento la minima mancanza. L’unico timore che ho, forte e pressante, è che magari un giorno ci ripensi.
Eppure per tutta l’estate abbiamo parlato di costui. E a seguire, in extremis, pure di Simoni. Il Mondiale di Verona, il nostro Mondiale, è così diventato una bega da ballatoio su Rebellin e Simoni. Ma tu pensa la demenza italiana. Se fossi in Giovanni Rana e Teofilo Sanson, che hanno sborsato una cifra per riavere il Mondiale, chiederei i danni e la prossima volta devolverei tutto in fagiolate. Se il livello del nostro ambiente è questo, molto meglio le fagiolate.
Mi tornano in mente alcune perle. Questo Berton che per tutta la Vuelta ci devasta da Eurosport con la sua visione aritmetica del ciclismo, sostenendo indignato «va bene, Ballerini ha vinto l’oro olimpico con Bettini, ma perché rinunciare all’argento di Rebellin?». Non so cosa dire: a me questa gente, che considera la vita un teorema di Pitagora, mette paura. E vogliamo parlare degli altri? Il Duo de Frascati, al secolo Alessandro Fabretti e Gigggetto Sgarbozza, approfitta delle ferie di molti titolari per impossessarsi del microfono nelle corse minori e lanciare coltellate tra le scapole di Ballerini (nonostante il perfido impegno, la vera vittima alla fine è Biscardi, che nel ramo teletrattoria per anni ha creduto d’essere il titolare della cattedra). Quindi, rientrano da Ibiza i grossi calibri. Memorabile - e vergognosa - la presentazione tivù del Mondiale. Tutti in fila, da Dinosauro Bulbarelli a Davide Cassani, passando per la polifonica della Val di Non diretta dai maestri Moser e Fondriest, nel trucidare Ballerini per non aver convocato Simoni, pensa te, uno che non fa risultati da due anni, e che soprattutto in vita sua ha sempre litigato con le corse in linea. Il punto comunque non è questo: sulle questioni tecniche si può polemizzare, ci mancherebbe altro. La vergogna sta in qualcosa di molto più importante, cioè nel metodo: non esiste al mondo che si organizzino processi senza sentire l’imputato, o qualcuno che lo rappresenti. Forse la comitiva Rai e la Polifonica della Val di Non, più che a Biscardi, nei loro processi si ispirano a Bagdad?
Se così è, tanti saluti a tutti. A Rebellin, che è già espatriato, e a Simoni, che si appresta a farlo. Ma non solo. La mia speranza è che siano solo i primi, cui poi segua un grande esodo (senza ritorno) di stizziti anti-italiani. Nel caso, mi porto avanti. Tanti saluti anche ai Berton, ai Bulbarelli, ai Cassani, ai Moser, ai Fondriest, ai Fabretti e ai Gigggetti. Ma sì, tanti saluti a tutti: a loro e a quelli che ci hanno rovinato il Mondiale per Simoni e Rebellin. Tranquilli, per le spese di viaggio passo io.
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