I MIGLIORI ALLEATI DI CERUTI. L’11 settembre scorso, in un albergo alla periferia di Milano, si è tenuto un convegno promosso dal «Gruppo del Rinnovamento del Ciclismo» che ha in Silvio Martinello l’uomo di riferimento. Le intenzioni del convegno dal titolo «Ciclismo sempre» sono state buone, molto buone, come del resto la partecipazione: numerosa e qualificata. Quello che ha lasciato a desiderare sono stati però alcuni interventi, forse troppi: poco propositivi, poco innovativi, carichi di astio e personalismi. Lodevole l’impegno di Martinello e di quanti lo stanno supportando in questo periodo per fare qualcosa di buono e nuovo per il nostro sport, come chiaro e chiarificatore è risultato l’intervento di Carlo Zuccaro, consigliere federale in quota alla minoranza, che non ha girato molto attorno al problema: o si trova un “candidato-presidente” forte e si stila un programma chiaro e credibile, oppure la partita è persa in partenza. «Siamo già in ritardo», ha detto. Condividiamo e aggiungiamo: abbiamo ascoltato l'intervento di apertura di Ivo Bensa, pieno di slogan vetusti e frasi ridondanti e abbiamo capito che lui e quanti la pensano come lui, sono davvero i migliori alleati di Ceruti.
VENGO ANCH’IO? NO TU NO. Rebellin ha fatto quello che desiderava fare, ma soprattutto quello che l’Uci gli ha permesso di fare: fino ad un certo punto. Dalle stanze di Aigle si sono adoperati moltissimo per consentire, agevolare l’operazione argentina del veneto di Montecarlo. Quello che ci ha sorpreso è stato l’impegno profuso da due italiani doc, due campioni del mondo, due azzurri d’Italia: Francesco Moser e Vittorio Adorni, i quali instancabili si sono davvero immolati alla causa. Ma per quale ragione non hanno tutelato allo stesso modo Mario Cipollini nel 2003, campione del Mondo in carica, escluso dal Tour de France? Misteri di un Governo che quest’anno si è più e più volte distinto per incoerenza e disparità. Prima permette che il Tour allontani dalla corsa Danilo Di Luca per presunti fatti di doping (ancora tutti da dimostrare), e poi interviene in favore di Zanini e Padrnos, anche loro messi all’indice dalla Grande Boucle. Insomma, fanno allegramente quello che meglio credono: a seconda dei casi. Proprio come per il progetto “Pro Tour”: idea giusta ma applicata con regolamenti che ognuno ha scritto a proprio piacimento sulla sabbia. Cosine da poco, cosine per pochi. Sembra d’essere tornati bambini, quando vigeva la regola del “No, tu no”. Per la serie: «Tu non giochi!». «È perché?». «Perché no!». Ma se davvero è così, che ce lo dicano.
Dà PIù fastidio ballerini o ceruti? Un argento mondiale con Bettini, una maglia iridata con Cipollini, un quarto posto iridato e un oro olimpico sempre con Bettini, infine un bronzo con Paolini: in quattro anni ha vinto come pochi altri, ma come pochi è stato attaccato. L’invidia è una gran brutta bestia, il rancore - forse - ancora di più. Ballerini avrebbe dovuto portare Rebellin, Simoni, forse anche Tosatto e qualcun altro, ma Ballerini fa il selezionatore tecnico, sceglie corridori, non li assembla. Altrimenti basterebbe una graduatoria dei migliori dodici corridori italiani (dal prossimo anno nove) in base ai risultati e un buon portaborse capace di distribuire anche le magliette azzurre. Se poi alla base dell’acredine attorno a Ballerini ci sono delle ragioni politiche (criticare Ballerini per attaccare Ceruti), si sbaglia ancora una volta il bersaglio: Ceruti ha tanti torti, e probabilmente è giusto che faccia le valigie, ma per quanto ci riguarda la scelta di Ballerini, risultati alla mano, è tra le più felici che il presidente potesse fare nell’ultimo quadriennio.
CAMPIONI MIGRATORI. Ma sì, andate tutti all’estero. Che il ciclismo italiano dei bistrattati chieda asilo e ospitalità a qualche altra Nazione: questo è quello che suggeriamo a loro e a quanti come loro sperano di poter correre un Mondiale senza passare attraverso le «forche caudine» delle selezioni.
Siete corridori di talento e dai chiari meriti sportivi? Ribellatevi, scendete in campo e tagliate la corda. Ci piacerebbe proprio vedere come l’Uci accoglierebbe questi e altri “campioni migratori”.
SQUINZI FOR PRESIDENT. Giorgio Squinzi presidente della Federazione Ciclistica Italiana? Magari. Ci faremmo la firma. Chi meglio di lui potrebbe guidare la malandata (al limite della bancarotta) Federciclismo? Ceruti è da settimane che va in giro dicendo che il signor Mapei sarà il loro candidato. Noi, che con Squinzi abbiamo parlato più volte, che l’abbiamo incontrato anche in Fiera in occasione della presentazione del libro scritto a quattro mani da Aldo Sassi e Marco Bonarrigo, gli abbiamo posto il quesito davanti ad una cinquantina di testimoni e qualche giornalista (anche Claudio Ghisalberti de La Gazzetta dello Sport) e la risposta è stata una e una sola: no grazie. E sua moglie, Adriana Spazzoli? Niente, anche lei non ne vuole sapere. Peccato, perché lo ripetiamo, ci metteremmo la firma. Squinzi sarebbe davvero la persona giusta al posto giusto: capace, appassionato, influente, ha tutto per fare del bene al nostro sport.
E allora perché il clan Ceruti continua ad andare in giro a dire che Squinzi si candiderà e lui, il diretto interessato, dice con garbo no grazie? Due sono per noi le ipotesi. La prima: è pretattica. Scenderà in campo tra un po’, e questa francamente sarebbe davvero una gran bella notizia. La seconda: è un bel giochetto ordito da Ceruti, che mette in giro a regola d’arte questa notizia per scoraggiare la concorrenza. Chi avrebbe la forza e il carisma di schierarsi contro un candidato così forte? Quindi, anche un Renato di Rocco (buttiamo lì un nome) ci penserebbe due volte prima di scendere in campo. Poi, tra un mesetto e mezzo, Ceruti potrebbe dire al popolo delle due ruote che Squinzi non ha trovato la persona a cui affidare la guida delle sue 47 aziende, e che quindi è costretto a ricandidarsi ancora una volta (può farlo). La minoranza è spiazzata, e il gioco è fatto. Tutte baggianate? Forse. Ma mai svarione sarebbe per noi più dolce. Una brutta figura in cambio di Squinzi presidente? Un rischio che sono disposto a correre: con il sorriso sulle labbra.
Pier Augusto Stagi
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