Gatti & Misfatti
Capricci d’estate
di Cristiano Gatti

Abbiamo trascorso un’intera estate, ma ancora è difficile stabilire se sia più disarmante la storia di Cipollini o quella di Ronaldo. Per mio conto, non sapendo decidere, li metto sullo stesso piano: in modi diversi, in tempi diversi, entrambi hanno dato un sublime esempio ai giovani che li mitizzano e li venerano. Quale esempio? Uno stupendo esempio di come si possa fare spregiativamente pipì sopra le fortune della vita.

Non ho la minima intenzione di star qui a sindacare sulle singole questioni e sui più reconditi dettagli. Voglio fermarmi alla sostanza. Cipollini e Ronaldo sono nel ciclismo e nel calcio sul piedestallo più alto. Se lo meritano, sia chiaro: e chi lo discute. Per qualità, per talento, per abnegazione, hanno raccolto quanto hanno meritato. Ma è dopo, una volta arrivati lassù, che hanno perso la gara più difficile: quella della grandezza. Essere grandi non è solo una questione di curriculum. Non basta buttare sulla bilancia un chilo di medaglie per stare sempre dalla parte della verità e della ragione. Essere grandi davvero, fuori da un campo di calcio o giù da una bicicletta, è tutta un’altra cosa: proprio quella che i due miliardari hanno chiaramente dimostrato di non aver capito. Purtroppo, anche se il pubblico dei tifosi ha uno stomaco da scrofa, capace di digerire pure le scatolette di tonno senza tonno, la loro bella parabola resterà segnata. Ora e sempre, senza rimedio.

Se devo essere sincero, Cipollini mi sembra un po’ meno scandaloso. Lui, se non altro, si è fermato al piagnisteo vittimistico di chi, dopo un certo numero di anni a farsi i calli sotto il sedere, non si vede celebrato come una divinità all’entrata del Billionaire o nei balletti di Carramba che sorpresa. Ma come, sono Cipollini e non guadagno nemmeno sette miliardi l’anno. Ma come, sono Re Leone (ma che due marroni con questi soprannomi) e non mi offrono una fiction, un posto in Parlamento e un contratto da otto miliardi al mese per pubblicizzare un perizoma o un gel. Poveraccio, va capito. Umanamente, è sacrificato.

Ma quell’altro, Ronaldo, si è spinto ben al di là. Moratti l’ha curato come una crocerossina, gli ha fasciato il ginocchio ferito e gli ha cambiato il pannolone tutte le sere. L’ha pagato per mesi, l’ha aspettato come una Penelope fedele, l’ha consolato nelle terribili serate della malinconia. E poi? Un finale struggente: non appena il brasiliano s’è rimesso in piedi, il suo primo desiderio ha agghiacciato tutto il mondo, tutto il mondo meno Madrid: basta, voglio andarmene dall’Inter, e tanti saluti al presidente.

A prescindere dagli epiloghi pasticciati delle due vicende, è chiaro che il movente per simili gesti è quello che - una volta tanto - ha lucidamente individuato proprio Moratti, parlando del suo campione ingrato: «Vinto il Mondiale, si crede in diritto di fare qualunque cosa». Per Cipollini, mi pare di poter dire che il suo Mondiale si chiami Milano-Sanremo. In un caso e nell’altro, il grande traguardo scatena un incontrollabile senso di onnipotenza. Quella brutta bestia che ciascuno di noi, grande o piccola, custodisce e a fatica trattiene in fondo all’anima, meglio nota come Ego, in casi simili si gonfia come un air-bag e chi la tiene più. Il resto, sono solo macerie.

Buona fortuna a Ronaldo, buona fortuna a Cipollini. Che il cielo li aiuti a sopportare le loro insopportabili situazioni di vita. La cocciutaggine di Cuper, la freddezza dello sponsor. Caso mai, bisognerebbe anche che qualcuno, vicino a loro, li aiutasse ricordando loro com’era la vita a tre milioni al mese, se mai ci sono passati. Dico tre milioni al mese, non sto a scomodare i poveri bimbi denutriti dell’Africa profonda: se mettiamo davanti loro, sarebbe meglio che ce ne stessimo zitti tutti e per sempre. No, basterebbe che qualcuno, vicino a Cipollini e a Ronaldo, li aiutasse a ricalarsi in una semplice condizione di normale anonimato, come tanti loro tifosi, che a livello di notorietà faticano a farsi riconoscere dalla portinaia e a livello di mortificazioni non devono subire quelle di Cuper o dello sponsor, ma di un banale caporeparto. Sulle ali dell’immaginazione, Cipollini e Ronaldo potrebbero forse riscoprire il senso del limite, o quel salutare valore umano che è il pudore. Soprattutto, potrebbero trovare le energie necessarie per resistere, consapevoli che a due o a venti miliardi l’anno certi torti sono tutto sommato più sopportabili. Tutto questo sarebbe possibile, se i Ronaldo e i Cipollini avessero vicino qualcuno pronto a farlo presente. Ma dopo questa strana estate io me ne esco con un dubbio in più: tanta bella gente ha vicino qualcuno?

Cristiano Gatti, bergamasco, inviato de “Il Giornale”
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