Ci ridanno
il Mortirolo
Ci sono due ottime notizie. La prima: dopo avercelo sottratto indebitamente, ci restituiscono il Mortirolo. La seconda: Carmine Castellano, l’architetto del Giro d’Italia, è uomo di parola (aveva promesso, ha mantenuto). Sissignori: prossimamente su questi schermi la presentazione del Giro 2004, ma già da adesso è possibile annunciare il clamoroso ritorno. Ci ridanno la nostra montagna, la più montagna di tutte, diciamo semplicemente la Montagna. Il terrore di tutti i ciclisti, il flagello di tutte le frizioni, il giustiziere di tutti i radiatori, ma soprattutto il mito di tutte le fantasie. Un sentito grazie ai pentiti della Gazzetta, che dopo avercelo negato si sono finalmente ravveduti. Valga ovviamente una considerazione fondamentale: più che un favore a noi, hanno fatto un favore a se stessi.
Potrei perdere tempo anche per altri dettagli del Giro, ma confesso francamente che quello delle anticipazioni mi sembra un giochino cretino per bambini stupidi. Non così se si parla del Mortirolo. Quelli che leggono tuttoBICI sanno benissimo, perché li ho devastati di appelli e di piagnistei, che considero il Mortirolo la colonna centrale del Giro. Dovendolo fare io, comincerei da lì: Mortirolo, e il resto a fantasia. Perché mai? Perché l’abbiamo solo noi. Perché non ha paragoni, e può dunque diventare il termine per tutti i paragoni. Perché soltanto lì, anche se non si decide la gara, anche se la classifica non cambia (obiezione di molti barbari dell’estetica sportiva), si assapora il gusto di un ciclismo d’autore, dove l’esercizio primordiale della dura disciplina - pigiare sui pedali - è ancora un serio problema.
Vaneggio? Andatelo a chiedere in mezzo al gruppo dei professionisti, o tra gli amatori adiposi della domenica. Non se ne incontra uno, neppure il più babbeo o il più rintronato, che non avverta questo sacro rispetto, questa ammirata soggezione, per la griffe della salita. Eppure, di fronte a tutto questo, gli organizzatori ad un certo punto l’hanno fatto sparire come prestigiatori da sagra paesana. Un furto con destrezza, più che altro. Francamente non sono mai riuscito a chiarire bene se per gli innegabili problemi di sicurezza creati dall’oceanico afflusso su una strada impervia, o semplicemente perché lassù in vetta non c’è un’Apt in vena di corposi investimenti pubblicitari. Non lo so, e mi interessa anche poco saperlo. So soltanto che davvero portare il Giro sul Mortirolo non è un’operazione semplice, ma a Castellano - oltre al grazie di noi tutti, gli orfani del Mortirolo - dico: per i grandi problemi servono grandi persone. Grande lui se accetta di nuovo la sfida.
Soltanto una cosa, chiedo già da adesso. Che sia una volta per tutte. Che nessuno lo sposti più. Che sia per sempre. Lo so che Castellano ha dietro tutta una pletora di supertecnici, pronti con la lista delle controindicazioni. Quali? Cito le prime che mi vengono in mente. «Il cinquanta per cento del gruppo fa il Mortirolo a spinta». Sai lo scandalo. Invece sullo Zoncolan e sul Colle dell’Agnello non spingono nessuno. E comunque: chi se ne frega se Cipollini ed Endrio Leoni si aggrappano al finestrino. Il Giro non è falsato per questo: pagheranno la multa e amen. I primi, i più forti, saranno davanti a darsele senza espedienti e senza aiuti. Solo questo conta. Altro motivone per il no al Mortirolo: è troppo duro, spaventa i big che preparano il Tour e li tiene lontani dal Giro. Perfetto. Ma non mi risulta che l’anno scorso gli Armstrong, gli Ullrich, i Beloki abbiano fatto a botte in prossimità delle nostre frontiere per iscriversi al Giro senza Mortirolo. O dico una fesseria?
Ci vuole coraggio&fantasia. Ecco cosa ci vuole per rifare un grande Giro. Altro che genialità di marketing e trovatine da avanspettacolo. Dobbiamo avere il coraggio di puntare sulle nostre originalità, perché diventino qualcosa di diverso e di inimitabile. Qualcosa di ambìto. Wimbledon non ha mai pensato di asfaltare i campi con un manto di tartan perché il tennis moderno è fatto di botte e di velocità: ha tenuto la sua erba, sacra e leggendaria, col risultato che i più grandi fanno la fila fuori per vincere questa cosa unica e speciale. Avvocato Castellano, vada avanti per la sua strada, ripida e tortuosa, pendenza massima 18 per cento, senza dare retta ai mediocri. Non si diventa grandi facendo un Tour di serie B, ma un Giro di serie A.
Cristiano Gatti, bergamasco, inviato de “Il Giornale”
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