Il giornalista, le idee e quei regali...
di Cristiano Gatti
Caro direttore, ti sarà certamente capitato almeno due o trecentomila volte di affrontare lettori e appassionati, in giro per corse o al telefono, via lettera o a stretto giro di fax. Prova a fare mente locale: riusciresti a metterne insieme almeno due che la pensano allo stesso modo? Riusciresti a riunire per grandi gruppi le pretese, le aspirazioni, le aspettative di questi severi giudici, oltre tutto inappellabili perchè quando li perdi non li ritrovi più?
Dì la verità: l’assemblaggio di segmenti omogenei è assolutamente impossibile. Ciascuno ha in testa il suo ciclismo, il suo mondo e ovviamente il suo giornale. Ciascuno, soprattutto, sa sempre «cosa c’è dietro» e non capisce perché noi giornalisti non lo scriviamo. Personalmente, quando parlo con un tifoso mi sento un deficiente totale, uno sprovveduto, un ingenuo, uno che è sempre stato preso per il naso senza nemmeno rendersene conto. Giuro: avverto regolarmente la sensazione d’essere tagliato fuori dai giochi veri, tutti più in alto, o più dietro, rispetto alle mie normali conoscenze. Tutti dimostrano ogni volta di sapere qualcosa più di me. Il che può essere ovviamente vero, e come no: ma possibile sempre, inevitabilmente, certissimamente? Caro direttore, se si potesse per ipotesi aprire il giornale alla sconfinata tribuna dei tifosi, finalmente realizzeremmo il sogno di una lettura quanto meno varia e divertente. Quante verità, quanti retroscena, quanti esclusivi potremmo sparare ogni mese su Tuttobici?
Tutte queste versioni - ovviamente certe e provate, e come no - sono legate da un solo filo comune, sottilissimo eppure percepibilissimo. E cioè dalla convinzione dei lettori che i giornalisti siano ladri, prezzolati, venduti, pavidi, codardi, accidiosi e in definitiva anche un po’ cretini. Diciamolo subito: molto spesso ci prendono. La categoria è zeppa di fulgidi esempi. Però, porco giuda, non è bello passare sempre e comunque per cretini a prescindere. E per venduti. E per vigliacchi. Magari non sembra, ma anche noi abbiamo una dignità. Nascosta, compressa, spiaccicata: però c’è.
Dirai: cosa gli prende, è in crisi depressiva? È stato preso a cazzotti da un ultrà? Medita di diventare missionario in Africa? Tranquillo, anzi allarmato: nessuno dei tuoi uomini medita la fuga. Se pesci in faccia bisogna prendere, siamo tutti qui pronti in prima fila. Anche solo per abitudine. Piuttosto, questa è una manifestazione del malessere che sta strisciando nelle redazioni migliori, nelle coscienze più vive, nei professionisti più seri. È lo sconforto, certe volte forte e insistente, che prende davanti ad una triste realtà: e cioè che qualsiasi sforzo, qualsiasi fatica, qualsiasi rigore si possano investire nel lavoro finiscano inevitabilmente per non contare nulla, tanto siamo per definizione tutti ladri, tutti bugiardi, tutti vigliacchi, in definitiva tutti cretini.
Adesso ti chiederai: e allora, che facciamo? Se permetti, caro direttore, io un’idea l’avrei, anche se ti avverto subito che non è nuova. Si tratterebbe di questo: anzichè farti un paiolo così, sforzandoti di pensare un bel mensile, libero e agile, coraggioso e disinvolto, anzichè farti angosciare dalle idee, prova a metterti comodo in poltrona e a non pensare più. Meglio: dedica il tuo tempo a reperire gadget, sì, insomma, regali che possano piacere al pubblico. Nel nostro ramo, credo potrebbero andare telai al carbonio, manubri a corna di bue, pedali a scatto e, se proprio vogliamo rovinarci, portabiciclette per auto. Sono sicuro che sfonderemmo i record di vendita. All’inizio potremmo continuare ad allegare la rivista, col tempo non credo sarebbe neppure più necessario. Perchè il lettore pretende la verità, ma eventualmente si accontenta anche di un parafango. Cosa dici? Le polemiche, i servizi, le inchieste? Su, cerca di essere realista. Walter Veltroni è stato il primo a vendere videocassette con un giornale allegato, certamente in modo molto culturale, perché le sue cassette erano meno cassette di quelle della concorrenza, comunque hai visto com’è andata: ce lo ritroviamo vicepresidente del consiglio. Non dico che tu debba puntare a tanto, ci mancherebbe: però non porre troppi limiti alla provvidenza. Se imbrocchi il regalo giusto, puoi finire persino ai Rapporti col Parlamento. Il che, per un uomo di bicicletta, sarebbe certamente il massimo: i Rapporti che impiegheresti tu, il ministro di adesso se li sogna.
Cristiano Gatti, 39anni, bergamasco, inviato de “Il Giornale”
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