Editoriale
Orfani di Pantani, i «superstiti» hanno dovuto correre un Giro che era stato disegnato per altri.
Come per i vestiti sartoriali, disegnati su misura, se a vestirli non è chi li ha ordinati, allora la «vestibilità» va a farsi benedire. Doveva essere un Giro spettacolare, affascinante, soprattutto per noi
italiani. Se ci fosse stato Pantani, però. E visto e considerato che il camoscio di Cesenatico non c’era, il Giro d’Italia numero 79 è stato quel che è stato: un buon vestitino ben confezionato, ma poco vestibile. Abbiamo quindi assistito a un «altro» Giro. Un Giro strano e di difficile interpretazione: noioso per troppo tempo, emozionante per troppo poco. Incerto ed equilibratissimo,
pieno di volate e di montagne, quest’ultime però troppo lontane da Atene, troppo vicine a Milano. Anche Carmine Castellano, alla fine, ha dovuto ammettere a denti stretti che «qualcosa è da rivedere»,
perché una corsa che si decide negli ultimi tre giorni non è pienamente soddisfacente.
Ma nonostante la corsa rosa sia stata abbondantemente archiviata, permetteteci di tornare sull’argomento con alcune piccolissime riflessioni.
Maglia verde. Deve tornare a premiare a tutti gli effetti il più forte scalatore del Giro. Va rivisto il modo di distribuzione dei punteggi, nelle speranza che la maglia finisca realmente sulle spalle del più forte grimpeur della corsa, non al più solerte a raccogliere punti anche sui cavalcavia. Piccoli, per il secondo anno consecutivo ha vinto la speciale classifica degli scalatori: fosse arrivato una volta con i primi nei grandi tapponi Dolomitici o Alpini saremo stati i primi ad applaudirlo. Invece è arrivato a quasi due ore dal vincitore Tonkov.
Maglia bianca. Perché non riproporre la maglia bianca di miglior giovane. Se quella nera è improponibile per ragioni sindacali (i corridori sono prontissimi a difendere la propria dignità di lavoratori, ma farebbero meglio a cominciare a pensare a proteggere la propria testa con un caschetto...), perché non riproporre quella bianca per i migliori corridori neoprofesisonisti?
Meno classifiche. Se da un lato proponiamo una classifica in più, consigliamo Castellano e soci di ridurre le classifiche, che certamente portano soldi a organizzatori e società, ma condizionano oltremodo la corsa: Intergiro, Lotteria, Centenario, Combattività e via elencando. Mancano le classifiche del più figo, del più brutto, del più onesto, del più furbo e poi le avremmo di tutti i colori. Mille e più volate, per classifiche che significano poco o nulla e che portano confusione tra gli sportivi e inducono i corridori a spolmonarsi, volate che hanno il potere di arricchire le casse delle squadre e spegnere le velleità di battaglia quando battaglia deve esserci.
Strade ai tifosi. Infine, il problema della sicurezza sulle strade. Un maggior rispetto del Giro verso i tifosi e dei tifosi verso i corridori è semplicemente auspicabile. Nei grandi tapponi Dolomitici e Alpini abbiamo incontrato tantissimi tifosi, esagitati e esagerati. Spesso esasperati dalle forze dell’ordine che, eseguendo appunto gli ordini, hanno chiuso le strade al traffico con eccessivo anticipo non facendo salire i cicloturisti lungo le vette di maggior richiamo nemmeno in sella alle loro biciclette. Come è successo sul Colle della Maddalena, per esempio. Ma se da un lato in certe circostanze le forze dell’ordine sono state a dir poco troppo ligie al dovere, in alcune occasioni l’organizzazione è mancata clamorosamente. Come sul Pordoi, Mortirolo e Aprica, dove i tifosi esagitati hanno corso il rischio di far cadere i corridori. Perché non si è pensato a transennare anche i punti più nevralgici della corsa?
Questi appunti sono anche già stati mossi, e quel che ci preoccupa è che molti «pensatori», non solo
della Rcs-Organizzazioni sportive ma in particolare di Mediaset, hanno fatto sapere, informalmente, che se fosse per loro i tifosi sulle strade non li vorrebbero più vedere. Meglio che se ne restino a casa, seduti
comodamente in poltrona, davanti al televisore a fare audience!, dicono.
Rispettiamo tutti i punti di vista, ma a questi signori vorremmo solo far presente, che nel calcio, un certo Silvio Berlusconi, uno che di televisione e business se ne intende, ha fatto in modo che il calcio diventasse
un prodotto appetibile e vendibile a livello televisivo, tanto é vero che oggi si è arrivati alla Tv a pagamento
e le squadre i maggiori introiti non li hanno più dai botteghini ma dai diritti televisivi. Nonostante questo, per Berlusconi gli stadi devono conservare la loro funzione principale: ospitare i tifosi perché questi sono
e restano parte integrante dello spettacolo. Se il calcio ha bisogno dei tifosi sugli spalti perché «tifoso è bello»,
lo stesso vale per il ciclismo: i tifosi assiepati ai bordi della strada sono elemento fondamentale per lo sport
del pedale.Basterebbe solo qualche piccolo accorgimento per rendere tutto più spettacolare e sicuro.
Poche accortezze: qualche transenna in più e qualche funzionario di meno.
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