Il Giro, la tivu’ e il mercato del pesce
di Cristiano Gatti
Mentre scrivo, il Giro d’Italia è di Italia 1, dopo essere stato della Rai, dopo essere stato di Italia 1. Mentre lei, caro lettore, sta leggendo, può anche darsi che sia invece di Telecapodistria o di Telekabul. La situazione va aggiornata di minuto in minuto. Questo povero Giro ne ha viste veramente di tutti i colori: è difficile capirci qualcosa. Io confesso pubblicamente di non avere più certezze: per un po’ ho pensato che ci fosse tanta confusione perchè tutti lo volevano, adesso comincio francamente a pensare che ci sia confusione perchè non lo vuole nessuno.
Il mercato dei diritti televisivi ormai è come il mercato del pesce: uno piazza sulla bancarella i suoi totani e i suoi sgombri, poi il primo che passa e tira fuori i soldi si porta a casa le bestie. Col passare del tempo l’hanno capita davvero tutti. Adesso resta soltanto la Rai. Come il giapponese che esce dalla foresta quarant’anni dopo la fine della guerra e s’immalinconisce perchè il nemico ha sposato sua sorella e ci fa pure dei figli, così la televisione pubblica continua a piantare il muso quando i concorrenti privati le soffiano gli avvenimenti sportivi. Così per il campionato di calcio, così per Inghilterra-Italia, così per la Formula 1, così per il Giro. Ogni volta sono pianti e strepiti, con immancabili interpellanze parlamentari su dove va a finire la democrazia. La Rai non si capacita: ma come, avvenimenti che abbiamo dato per quarant’anni, senza mai saltare un’edizione, adesso se ne vanno così, per due lire in più. Sono veramente stupendi: continuano a prendere cazzotti, ma reagiscono urlando come tacchini. Ancora non han realizzato di provare a restituirne qualcuno.
Eccoci così alla vicenda Giro. Non voglio qui ricostruirla, non mi ci metto nemmeno perchè non ne ho lo stomaco. Soprattutto, voglio risparmiare al gentile pubblico una mappazza tremenda. Il risultato comunque è questo: ad un certo punto del mese di gennaio, c’erano due squadre di giornalisti all’opera per preparare i servizi sul Giro. Quella di Italia 1, convinta di averlo come negli ultimi anni, a norma di contratto. E quella della Rai, allertata perché il ritorno della corsa era dato per certo. In una situazione di libero mercato, può anche succedere: non c’è proprio nulla di scandaloso. Il problema più serio riguarda se mai l’oggetto del contendere, nel caso specifico il Giro. La massima corsa a tappe italiana, seconda al mondo (anche se non so fino a quando), è complessa e impegnativa. Va preparata in inverno, con largo anticipo e con idee chiare. Invece qui avevamo due squadre al lavoro, ma con un piede dentro e un piede fuori, motori al minimo e aspettiamo come va a finire. Per fortuna, o per altro, le riprese tivù sono poi rimaste a Italia 1, che sull’onda della tradizione più recente farà in tempo a recuperare il terreno perduto. Ma questo non sposta di una virgola i termini della questione. Che è sostanzialmente questa: è possibile che il Giro, cioè chi lo fa, cioè gli organizzatori della Rcs, non trovino il modo di tutelare il loro prodotto? O davvero devono restare in sala d’attesa, come un padre incinto, aspettando di sapere se sarà maschio o femmina, senza possibilità di metterci becco?
Circola nell’ambiente questa idea: le riprese del Giro costano molto, non è un affare per nessuno. È già un grosso risultato trovare una rete che se lo prende in carico. Per un po’ ci abbiamo creduto tutti, poi però salta fuori una simpatica indagine dell’Abacus, mica di mia sorella, sugli eventi più popolari d’Italia. Questa la classifica: primo il festival di Sanremo, conosciuto dal 93 per cento della popolazione intervistata. Quindi, a seguire: seconda Miss Italia (91,5), terzo il carnevale di Viareggio (86,3), quarto il Palio di Siena (84,7), quinto il Telegatto (83,3), sesto - ma tu guarda un po’ - il Giro d’Italia (82). Come si vede, la corsa rosa è il primo avvenimento sportivo. Tanto per chiarire: il secondo è il Gp di Monza, che si piazza al decimo po sto assoluto col 78 per cento.
Non so agli altri, ma a me è venuto un dubbio: non sarà magari - chissà, forse, per ipotesi - che il Giro è presentato, promosso, venduto male? Non sarà che al mercato del pesce viene tenuto negli scaffali posteriori di una bancarella d’angolo? Butto lì, senza approfondire, sperando un giorno di capire. Per quanto mi riguarda, non avendo capitali per acquistare grandi diritti televisivi, e in fondo neppure per acquistare grandi apparecchi televisivi, mi limito ad aspettare le nuove trasmissioni. Nel frattempo cullo il sogno di vedere un giorno all’opera la mia squadra tipo. Interessa? Io la dico: Bonnici-Cribiori in regia, De Zan senior-Cassani sul palco e nel dopocorsa, Pierantozzi-Delfino in moto, Blini-Meda in strada, Di Benedetto tra i sudati della premiazione. Lo so, è solo un gioco. Ma i diritti della fantasia, almeno quelli, si prendono gratis.
Cristiano Gatti, 40anni,
bergamasco, inviato de “Il Giornale”
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