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IL FUGGITIVO. RYLEE FIELD È L’HARRISON FORD DEL LANGKAWI
di Nicolò Vallone | 12/02/2020 | 07:29

Nel 1993 Harrison Ford per il cinema mondiale divenne Il fuggitivo, nei panni del chirurgo Richard Kimble che scappava da un’ingiusta accusa di uxoricidio. In questo Tour de Langkawi, l’etichetta di fuggitivo è appiccicata alla maglia di Rylee Field, 25enne corridore australiano della BridgeLane, che ha infiammato la prima metà del Tour de Langkawi con tre attacchi in solitaria in tre tappe consecutive. Spregiudicato, vittima dei furori di chi vuole emergere, potrebbero dire in molti. Ma in fondo, se per certi versi il ciclismo è il più “di squadra” tra gli sport individuali, d’altro canto cosa avvicina di più questa disciplina all’epica se non la figura dell’eroe solitario? Quello che stacca tutti e va. Per essere – ci perdonino Ferretti e Coppi – un uomo solo al comando.  

Volando più basso, l’esito delle iniziative personali del fuggitivo australiano non è stato particolarmente esaltante. Nella 2^ tappa ha attaccato dal quintetto di testa a 25 km dall’arrivo ed è stato ripreso quando di chilometri ne mancavano 3. Nella 3^ frazione è andato a prendersi il passo del Sempah ma è stato ripreso a 12 km dal traguardo dopo una fuga di circa 50 km. E lunedì, nella queen stage del Tour, è partito subito per la sua strada, ma ci ha pensato da solo a fermarsi, cadendo in discesa dopo aver vinto di gran carriera il primo gran premio della montagna. Tuttavia, come ci insegna Icaro, se non è epica questa…

Affascinati da cotanta temerarietà ciclistica, dopo il tappone di ieri abbiamo chiesto personalmente a Field se volesse candidarsi a “Harrison Ford del Langkawi”. Questa la sua risposta: «Sì, ho approcciato questo Tour per essere aggressivo. So di non essere uno da top 10 in corse del genere, i miei migliori risultati parlano di 20-30esimi posti». Questo almeno fino al mese scorso, quando ha vinto il New Zealand Cycle Classic. Un successo che ha dato il turbo alla sua fame: «Sono venuto in Malesia per mettermi in mostra e sfruttare al massimo ogni opportunità – prosegue – perché sento di avere la forma fisica per poterlo fare».

Ma qual è stata la ratio di ciascun attacco? Ecco il suo racconto: «Nella 2^ tappa, l’ho fatto perché ho visto tutti i miei compagni di fuga affaticati ed ero convinto di poterci riuscire, avendo oltre un minuto di vantaggio sul gruppone. Quando gli altri sono stanchi, finché riesco a recuperare energie mangiando e bevendo e sento di essere in controllo della situazione, so di essere in grado di attaccare in questo modo. Quando ho vinto la gara in Nuova Zelanda l’ho fatto così. Situazione simile nella 3^ tappa: ero nel gruppetto di testa verso la prima vera salita del Tour, alcuni dei miei compagni di fuga erano veri scalatori ma ho visto che qualcuno iniziava a rallentare il passo, allora io che invece mi sentivo in forze sono partito per conquistare la salita e poi mantenere il gap in discesa, ma due inseguitori mi hanno ripreso e poi il peloton ci ha riassorbiti e ha lanciato la volata. Invece nella 4^ tappa l’idea, dato che non sono uno scalatore, era di attaccare a tutta nella prima parte di gara e raggranellare più bonus possibile nei 3 sprint e nei 4 gran premi della montagna di categoria 3, per poi rientrare nel gruppone e giocarmi lì la grande salita di Genting Highlands. Purtroppo però ho sbagliato già alla prima discesa: ho preso troppo velocemente una curva, sono caduto e mi sono ferito alla mano destra. Col senno di poi magari avrei dovuto agire in maniera meno avventata e più furba, ma in ogni caso questi erano i miei piani».

Tutto molto chiaro, onesto e genuinamente entusiasta. Ora, con una mano fasciata e una classifica generale che lo ha relegato a oltre 20 minuti di ritardo dalla maglia gialla, c’è da chiedersi se proseguirà con la sua strategia. Il fuggitivo Rylee non lascia molti dubbi: «La ferita è superficiale e le tappe successive a Genting Highlands sono più pianeggianti. Magari nei primi due giorni riprenderò confidenza, ma poi tornerò ad attaccare quando se ne presenterà l’occasione». Infatti ieri nella 5^ tappa ha tenuto un atteggiamento conservativo, e lo stesso sta facendo nella 6^ attualmente in corso. Staremo a vedere se nei prossimi 3 giorni (2 tappe più la Classica di sabato 15) manterrà la sua promessa e ci regalerà altre emozioni.

Passando da questa settimana alla stagione 2020, quali sono gli obiettivi di Rylee Field? «Prendere continuità, proseguire con queste prestazioni, progredire nelle corse importanti, assorbire quanti più insegnamenti possibile da colleghi e direttori, divertirmi e migliorare: qui alla BridgeLane sono nel team giusto per crescere». Quest'ultima affermazione trova conferma in Chris Harper e Dylan Sunderland, passati dalla BridgeLane rispettivamente a Jumbo-Visma e NTT (sì, Sunderland sta correndo il Langkawi: è 12° nella generale).

E nel futuro di Field ci sarà anche l’Italia? «Sicuramente uno dei miei sogni è partecipare a corse prestigiose come il Giro. Il ciclismo italiano ha una tradizione molto importante. In Australia il ciclismo è popolare, ma non è a quei livelli. Ho avuto il piacere di venire in Italia una volta: c’è gente amichevole che ama andare in bici. Un’esperienza fantastica!». Se ci tornerà, allora, speriamo di non farlo ricredere e non fargli venir voglia di… fuggire.

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