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DA VIEZZI A BRAMATI, BREVE RITRATTO UMANO E SPORTIVO DELLA "NAZIONALINA" CICLOCROSS. GALLERY
di Nicolò Vallone | 04/09/2024 | 15:02

La stagione di ciclocross che sta per cominciare avrà un ruolo quasi simbolico per l'Italia del pedale, poiché traghetterà il movimento dall'attuale corso federale al prossimo: nelle settimane iniziali del 2025 la struttura tecnica del c.t. Daniele Pontoni effettuerà l'ultima gara in assoluto di questo quadriennio Dagnoni e, poco dopo, quella inaugurale della nuova (o confermata, chissà?) gestione.

A parte questa curiosità, a cui si aggiunge l'orgoglio di ospitare ben 5 prove internazionali tra cui la Coppa del Mondo in Sardegna all'Immacolata, il primo germoglio del '24-'25 crossistico italiano l'abbiamo assaggiato nei due giorni scorsi in uno scenario da sogno. Il relais Le Marne, nel territorio comunale di Costigliole d'Asti, come da iniziativa visionario-sportiva del proprietario Guido Martinetti (personaggio di cui e con cui abbiamo parlato QUI) ha ospitato il primo raduno stagionale della Nazionale. O meglio, la Nazionalina.

Come anche nel calcio, dove nei primi raduni gli allenatori delle big convocano pochi elementi della prima squadra e tanti giovani del vivaio, Pontoni e parte del suo staff hanno lavorato con talenti di età compresa tra i 17 e i 21 anni: 4 atleti juniores e due Under 23, di cui uno che spiccava in allenamento per la maglia iridata in mezzo alle altre cinque azzurre. Con un'equa spartizione di genere: il campione del Mondo Jrs. Stefano Viezzi, pronto al salto in U23, insieme a Giacomo Serangeli e Mattia Agostinacchio; la "veterana" del sestetto Lucia Bramati insieme a Ilaria Tambosco e Martina Montagner.

Non è stata una preparazione serrata e particolarmente impegnativa, è stata bensì un'occasione per fare sgambate, fare gruppo e tenere a battesimo la pista di 2300 metri disegnata nel relais piemontese dallo stesso commissario tecnico. Un tracciato secco e veloce tra i vigneti, un tipo di percorso riconducibile a ciò che gli atleti potranno trovarsi davanti in occasioni come l'Europeo di Pontevedra del 2-3 novembre. Quattro ore sul percorso il lunedì mattina, un paio d'ore in palestra al pomeriggio, un'oretta sulle sgombre e caratteristiche stradine astigiane ieri mattina per chiudere in bellezza. È stato bello osservare da vicino la perizia tecnica di ragazzi già formati dalle categorie giovanili, dagli automatismi in bici consolidati ma che conservano quella piccola punta acerba che esprime margini di crescita.

Ed è stato prezioso poter entrare, con la dovuta discrezione e rispetto, nell'aspetto umano di questi corridori in piena formazione, andando al di là dei soliti momenti d'interviste legate alle gare. Rispecchiarsi nei loro modi di comunicare osservando analogie e differenze tra generazioni (chi vi scrive è ancor giovane, ma quell'età l'ha comunque passata da quasi quindici anni) e apprezzare una caratteristica che, pur con diversi caratteri, accomuna tutti loro: la lucidità. Forgiata dallo sport d'alto livello e da attente famiglie.

C'è Viezzi, sia coccolato che stuzzicato da Pontoni, che col trionfatore di Tabor ama indulgere alla comune lingua furlàn, tra una battuta sulla sua altezza o sulle sue gambe lunghe, e un ricordargli che "fuori dalle gare sei Stefano Viezzi, non il campione del mondo". Lezioni che il ragazzo apprezza e applica con l'umile serietà friulana: testa bassa (solo metaforicamente, essendo uno e novanta) e lavorare. Come nel Mondiale vinto rimanendo in sella dopo essere andato a sbattere su una transenna: l'emblema crossistico dell'essere tutto d'un pezzo. Come nel rispondere così alla nostra domanda sulla sensazione di passare in categoria U23: «Niente di che, solo che le gare saranno più lunghe e dovrò adeguarmi». Come nel riprendere a correre in un'annata che, dopo l'oro mondiale, l'ha visto vincere subito su strada in Work Service ma l'ha anche visto rompersi una clavicola all'Eroica e andare incontro a un piccolo grande calvario di salute da cui è uscito solo ad agosto. Per questo si aspetta un inizio di stagione poco brillante per andare poi in crescendo. Di pochissime parole, maestro fuori dalla bici dello scovare e riconoscere i funghi, Viezzi vive la sua massima beatitudine in montagna, dove trova i fedeli amici di sempre a passeggiare con lui e dove ritrova dolci ricordi legati a suo nonno.

C'è Serangeli, dal sorriso sbarazzino quanto il ciuffo castano chiaro, rappresentante di una nouvelle vague umbra di stradisti-crossisti che si completa con Scappini e Proietti Gagliardoni. Anche Giacomo ha dato con gli infortuni quest'anno. A fine gennaio ha praticamente anticipato di due mesi Van Aert rompendosi lo sterno in una rifinitura pre-Coppa del Mondo in Olanda. Lui, che in camera ha i poster autografati di role model diversi e complementari come Scarponi e Van der Poel, è rientrato alla grande in estate e ha coronato il recupero vincendo il trofeo dell'Aglianico in Basilicata. Oggi è al via sugli asfalti della Lunigiana, proprio con la rappresentativa della sua Umbria guidata da Eros Capecchi, nel Giro dei futuri campioni. (Così come Viezzi, 5° nella tappa inaugurale con la maglia del Friuli Venezia Giulia)

C'è Agostinacchio. Junior, non solo nel senso di categoria ma per distinguerlo dal fratellone Filippo, bicampione nazionale di ciclocross U23 in carica. Da ben altra longitudine d'Italia provengono gli Agostinacchio, primi crossisti valdostani dai tempi di Vagneur a indossare l'azzurro. Azzurro come gli occhi con cui Mattia misura i propri avversari, i propri interlocutori, i propri obiettivi, la propria vita votata al ciclismo, contando sulla capacità del papà di far rispettare le regole con paziente autorevolezza e non con autorità, e sulla capacità del fratello di saper ascoltare ed essere un punto di riferimento continuo.

A proposito di bei rapporti familiari, Ilaria Tambosco è cugina di Stefano Viezzi: si vedono ogni giorno anche fuori dall'attività, il ciclismo e il cross circolano nel dna familiare e lei montò in bici su ruote grasse emulando il cuginone. L'anno scorso seconda dietro a Elisa Ferri ai tricolori juniores femminili, domenica 12 gennaio Ilaria proverà a centrare il bersaglio grosso a Faè di Oderzo. Prima e dopo quella data, andrà a caccia di piazzamenti nelle sei tappe di Coppa del Mondo e nelle altre prove internazionali.

C'è Martina Montagner, che ha appena visto le compagne di club (team Conscio) Pegolo, Siri e Cenci andare a medaglia nei Mondiali pista Juniores in Cina. Anche Martina correva in velodromo, tanto da laurearsi campionessa italiana nell'inseguimento da allieva, ma poi ha scelto il binario strada-cross e, ispirata pure dalle sopracitate compagne seppur in differente disciplina, coltiva il sogno di guadagnarsi con una bella stagione la convocazione per i Mondiali in Francia del 1 febbraio. Segni particolari? L'ammirazione assoluta per la figura degli psicologi, «persone in grado di risolvere i nodi della mente e raggrupparli in un gomitolo armonico e lineare». Ipse dixit, 17 anni.

Simile profondità di pensiero, potenziata dall'esperienza di qualche anno in più, la troviamo in Lucia Bramati, figlia d'arte. Non del Davide direttore sportivo Quick Step, ma di Luca, che insieme a Daniele Pontoni segnò un'epoca del ciclocross italiano negli anni Novanta. «Ultima stagione da Under, sarà difficile all'inizio perché mi sono appena ripresa dalla seconda mononucleosi della mia vita ed è stato difficile "emozionalmente" gestire lo stop forzato. Cercherò di godermela senza mettermi più pressioni del necessario e alla fine tirerò le somme. Rispetto agli altri cinque colleghi e colleghe qui in ritiro, me ne sto alla larga dalla strada, che pur è stata la disciplina di mia mamma Elena Merenti, quindi proseguirò sul mio percorso di ciclocross e mountain bike con la Trinx, la squadra di cui mia mamma è presidente e mio papà è direttore sportivo, e dove corre mio fratello Marco.»

Essendo un tema dibattuto nello sport, quello dei genitori che allenano figli o figlie, chiediamo come sia lavorare per e con il padre: «A volte è difficile, lo ammetto, capita di scontrarsi ma sono spesso "scontri non detti" dove magari io penso qualcosa e non la dico, lui idem... ma la verità è che, alla fine della fiera, abbiamo lo stesso carattere e mi fido ciecamente di lui». Non solo. La sera a cena, seduti tutti intorno al tavolo (sia la "Nazionalina" che noi media) alla domanda di un Guido Martinetti in veste di splendido anfitrione, su chi sia il suo idolo o il suo mito, anziché rispondere con qualche ciclista o sportivo Lucia dice sicura: «Luca, mio papà».

Augurando a questi ragazzi un grosso in bocca al lupo, vi segnaliamo che un'intervista realizzata nell'occasione con Pontoni la potete ascoltare nell'ultima puntata di BlaBlaBike

[photo by KEMP STUDIO for RELAIS LE MARNE]

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