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L'ORA DEL PASTO. CARLO CASSOLA, I TEMPI MEMORABILI E QUEL TANO BELLONI CHE...
di Marco Pastonesi | 14/06/2024 | 08:09

Primi di luglio. La villeggiatura. Il giorno della partenza, fra ansia crescente e confusione casalinga e stanchezza nervosa. Poi la stazione, le valigie, il facchino, il treno. “Finalmente arrivarono i fratelli; no, soltanto il maggiore, e l’altro? – E’ andato a comprare ‘La Gazzetta dello Sport’ -. Be’, questa era una buona cosa, così poi l’avrebbe letta anche lui. Lo interessavano soprattutto l’automobilismo e la boxe; e anche il ciclismo. In passato era stato per Belloni, perché il fratello maggiore era per Belloni, mentre l’altro sosteneva Brunero. Ora però sia Brunero che Belloni avevano smesso di correre, vinceva sempre Binda, e il ciclismo era diventato poco interessante. Ma in tutti gli sport c’era una grande decadenza. La boxe, gli sembrava, non valeva più nulla da quando Dempsey aveva lasciato il ring. E degli automobilisti del passato, era rimasto solo Campari: gli altri erano morti o s’erano ritirati”.

Carlo Cassola scrive “Tempi memorabili” nel 1963 e lo pubblica nel 1966 (Einaudi, 100 pagine). Racconto lungo o romanzo breve, è la storia di Fausto, la sua vacanza al mare, il mare di Marina di Cecina, un’infatuazione per Gabriella e poi un innamoramento per Anna. “Nessuno, vedendolo, si sarebbe accorto del suo turbamento. Nessuno avrebbe saputo quant’era commosso, e com’era felice. Quelle poche settimane, è vero, lo avevano cambiato profondamente. Ma era rimasto un solitario. Da ragazzo, quando si accendeva per qualcosa, ci pensava di continuo, ma non ne parlava con nessuno. E così ora, la felicità dell’amore l’avrebbe assaporata in solitudine”.

Forse anche il ciclismo era stato un’infatuazione, o un innamoramento. E il suo eroe era Tano Belloni, Gaetano all’anagrafe, da Pisighiton, in italiano Pizzighettone. Lo chiamavano l’Eterno Secondo (è spiegato anche nelle note a pie’ di pagina 14), dove il primo era Costante Girardengo. Ma quel soprannome gli andava stretto, considerando che Tano Belloni al Giro d’Italia del 1920 arrivò prima di tutti gli altri 48 partenti e gli altri nove arrivati, e che stavolta Girardengo era stato poco costante tant’è che aveva abbandonato la corsa, e che così Tano se l’aggiudicò con la bellezza di 32’24” sul compagno di squadra torinese Angelo Gremo, secondo, e di 1.01’14” sul compagno di squadra francese Jean Alavoine, terzo.

E via di considerazioni. Considerato che Tano Belloni non aveva ancora sei anni quando stava pescando sulle rive dell’Adda, si azzuffò con un coetaneo, ebbe la peggio, non si sa come ma finì nel fiume e cominciò ad annaspare e ad agitarsi e a bere perché non sapeva nuotare, però un commerciante di Pisighitòn, che aveva assistito alla scena, si tuffò senza saper nuotare neanche lui, eppure riuscì a salvarlo e anche a salvarsi. Considerato che Tano Belloni non era esattamente un figlio d’arte, visto che suo padre faceva l’addestratore di cavalli da carrozza e il vinaio finché, emigrato a Milano, Porta Venezia, via Stoppani 19, si trasformò in panettiere. Considerato che Tano Belloni da ragazzino lavorava come muratore, cementatore e stuccatore in gesso, che sempre da ragazzino si iscrisse allo Sport Club Virtus per praticare la lotta greco-romana, che ancora da ragazzino mollò la lotta per continuare a lottare ma in bicicletta. Considerato che Tano Belloni cominciò a correre a 20 anni, senza vincere, ma già correva parecchio, e parecchio vinceva, dietro le gonne di ragazze, contadine e mondine, secondo il ragionamento che ogni lasciata è persa.

Tutto considerato, come non tenere a Tano?

 

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