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PICCOLE PERLE DI MILANO-SANREMO: PAVIA, LA NEVE, IL GUADO, IL MARE...
di Giuseppe Figini | 14/03/2024 | 08:20

Lo straordinario contagiri, a sa­lire, di quella che resta, seppure anticipata oramai da tempo da molteplici gare in vari continenti, la “classicissima d’apertura” per definizione del ciclismo mondiale, propone il numero 115 per l’edizione in calendario sabato 16 marzo 2024.

In realtà il 19 marzo, festività di San Giuseppe, è stato per tanti anni la data fissa di svolgimento della corsa dei fio­ri o “la Primavera”, come la definivano molti giornalisti internazionali. Poi, per una riforma delle festività italiane, San Giuseppe fu “retrocesso”, nel 1977, a giorno feriale continuando comunque a fregiarsi dell’attribuzione di “festa del papà”. Ecco perché, da quella data, la corsa è stata sempre di­sputata nel fine settimana più vicino al 19 marzo fatta eccezione per il 2020, annus horribilis della pandemia covid che ha inciso pesantemente, stravolgendolo, anche sul calendario ciclistico mondiale. Fu disputata sabato 8 agosto e il percorso, in pratica, non si sviluppò come d’abitudine  lungo la bella Ri­vie­ra ligure per il problema del paventato intenso traffico conseguenza dell’affollamento vacanziero e RCS Sport aderì ai desiderata dei sindaci liguri preoccupati di gravare ulteriormente i disagi di viabilità lungo la congestionata statale Aurelia e pure quella della re­te autostradale nella zona interessata. Da Milano la corsa si indirizzò verso la Lo­mellina, il Monferrato, le Lan­ghe e l’alta valle del Tanaro prima d’affrontare l’inedito, per la Sanremo, col di Na­va ed entrare in Liguria, in­contrando il mare ad Imperia e affrontare nel finale le tradizionali salite della Cipressa e del Poggio con l’arrivo in via Roma. Era­no previsti 299 km di gara, oltre a quelli del trasferimento da Milano ad Abbiategrasso (una quindicina) per raggiungere dal ritrovo di partenza quello del via. Per un problema di viabilità “last minute” nell’alessandrino furono aggiunti 6 chilometri e pertanto il totale ufficiale assomma a 305, distanza “record” per il ciclismo definito “moderno” che ha proposto la vittoria di Wout Van Aert su Julian Ala­phi­lip­pe.

LA CONCA FALLATA. La data del­la prima “corsa monumento” rimane comunque una vera e propria “pietra miliare”, indefettibile, nella costruzione del calendario ciclistico gestito dall’UCI. Milano-Sanremo è il titolo della corsa e quasi sempre la classicissima è partita effettivamente dal capoluogo lombardo, alla periferia sud di Milano, alla Conca Fallata, all’altezza dell’omonima osteria di via della Chie­sa Rossa, per poi puntare su Pavia, co­steggiando il naviglio Pavese. Lun­ghi rettifili fra filari d’alberi e prevalente am­bientazione agricola. il naviglio Pavese fu inaugurato agli inizi del 1800 dopo il susseguirsi di progetti partiti addirittura dal 1600. E il bacino della conca iniziale del corso d’acqua, la Con­ca Fal­lata (così battezzata dai critici che la ritenevano appunto sbagliata) ne è sta­ta la testimonianza. È a sud del perimetro cittadino e ha vissuto situazioni di tempi biblici per condurre alla realizzazione di un’opera importante per il collegamento idrico, irriguo e di comunicazione fra il capoluogo meneghino e varie direttrici. “Nulla di nuovo sotto il sole” verrebbe da dire per similitudini in materia pure dei giorni nostri.

LA CERTOSA DI PAVIA. Le uniche edizioni della Classicissima non partite da Milano sono state quella del 1965 e quella dello scorso anno, il 2023, che ha vissuto la vigilia e il via ad Abbiategrasso. È stata la soluzione decisa da RCS Sport in relazione alle posizioni in materia, assolutamente divergenti per diversi motivi, assunte dalla municipalità di Milano e da RCS. È questa la conseguenza della silenziosa diatriba che, del resto, serpeggiava da tempo fra le due parti in causa, ognuna ferma sulle proprie posizioni e ragioni, senza sfociare in un accordo di mediazione. Quale risultato è lo sradicamento - al­me­no temporaneo, è sperabile - del cic­lismo rosa dalla sua storica culla e, a lungo, casa meneghina. L’altro precedente fu nel 1965 quando una frana im­portante in località Capo di Ca­pra­zop­pa, nel comune di Finale Ligure, determinò la necessità di un cambiamento del percorso per superare il blocco af­frontando parte del colle del Melogno, precisamente dall’entrata di Finale Ligure alla località Ponte di Merlo, 6 chilometri d’ascesa al 6%, prima di percorrere una tortuosa discesa per rientrare sull’Aurelia a Pietra Ligure. Un’evenienza che ha minacciato in seguito varie edizioni della gara che ora è stata risolta con la costruzione di una moderna galleria.

Per compensare l’allungamento obbligato la corsa, dopo le operazioni di partenza svolte a Milano, il gruppo affrontò il trasferimento, non in gara, fino al comune di Certosa di Pavia, in una piovosa e fredda giornata, con la partenza reale in corrispondenza del viale che conduce, dalla statale, all’imponente e monumentale complesso, con mo­nastero, santuario ed esteso par­co realizzato alla fine del XIV secolo dai Visconti, subito a nord del confinante territorio del capoluogo, Pavia, che quest’anno ospita le operazioni di partenza e il via della Classicissima.

A imporsi a Sanremo fu l’olandese Arie Den Hartog che anticipò allo sprint nell’ordine Vittorio Adorni e Franco Balmamion, promotori di un allungo dopo Imperia, poi raggiunti dal “tulipano”, molto più sgamato nella volata a tre. Una delusione per i tifosi italiani che aspettavano una vittoria tricolore assente dalla doppietta consecutiva di Loretto Petrucci nel 1952-53 in volate di gruppo ed entrambe le volte se­condo fu il romagnolo Giuseppe “Pi­paza” Minardi. Un’astinenza durata fi­no all’impresa solitaria, straordinaria, del forte bresciano Michele Dancelli nel 1970. Furono diciassette anni d’attesa per un italiano sul primo gradino del podio di Via Roma nel dilemma, riassunto dal titolo di un articolo sul quotidiano torinese Tuttosport del giornalista scrittore Gian Paolo Ormez­za­no “Sanremo o Sanremò?” e per 17 anni il vincitore ha pronunciato Sanremò, con l’accento sulla o finale.

QUEL TRAGUARDO A PAVIA. La Certosa e/o Pavia, secondo lo spirar del vento, erano considerate un “traguardo”, virgolette d’obbligo, per il va­riegato gruppetto dei pistard, soprattutto specialisti dello sprint, velocisti an­che di vaglia, che partivano sì da Mi­lano ma con il loro “traguardo speciale” (e anche finale) posto nella zona di Pavia, magari dopo essere partiti subito in caccia, come si diceva nelle americane in pista (ora definite “madison”, definizione ripresa dall’impianto di New York del Madison Square Garden dove si svolsero le prima Sei Giorni), con il permesso dei maggiorenti del gruppo, per aggiudicarsi i diversi traguardi occasionali disseminati, in natura o contanti, nel tratto d’avvio. Erano diversi e anche protagonisti di buon nome in pista, che ricercavano fortuna e applausi nel tratto iniziale e, alcuni, pochi in verità, si spingevano fino alla vista del Turchino, prima di girare il manubrio verso Milano, soddisfatti degli applausi e dei premi conquistati.

Questo era anche possibile per il fatto che all’epoca non c’era limite al numero degli iscritti e dei partenti effettivi, regolamentati al massimo di 200 dall’UCI per tutte le corse agli inizi degli anni 1990. Il record di partenti - comunque sempre abbondantemente superiore ai 200 ogni anno negli anni 1970/80 -, si è registrato nel 1987 con al via 273 corridori. E per il fine corsa erano previsti due pullman con imperiale per le bici con uno che entrava in funzione dopo il Turchino, dove anche quello fin lì in funzione lasciava i suoi “passeggeri” in un luogo prefissato. Bastava essere inseriti in una qualsiasi squadra professionistica per iscriversi ma poi non tutti si presentavano a quella che ora è la verifica licenze. Al­lora era la “punzonatura” con l’applicazione del piombo malleabile, una sorta di monetina-contrassegno applicata al telaio e anche alle ruote tramite un punzone al momento della verifica li­cenze con ogni concorrente, campione o gregario, indifferentemente, obbligato a presenziare con la propria bicicletta. Dopo la seconda guerra il luogo della punzonatura era l’angusto cortile del palazzotto sede della Gazzetta del­lo Sport, in via Galilei, Milano, fra Por­ta Nuova e il capolinea ferroviario del­la rete delle Varesine. Le squadre al­loggiavano negli alberghi attorno alla Stazione Centrale e certamente non mancava il pubblico dietro le transenne che fiancheggiavano il corridoio d’accesso al cortile con l’intera zona isolata dal traffico deviato. Questo almeno fino alla seconda metà degli anni Ses­santa quando la redazione si trasferì nel Palazzo dei giornali di Piazza Ca­vour. Lo spirito di quei momenti è stato documentato da una collezione fo­tografica curata con passione da Giu­seppe Castelnovi, storico capo-redattore centrale della rosea con i direttori Gino Palumbo e Candido Cannavò, disposta nell’androne del moderno palazzo che lì sorge ora e dove “Ca­stel”, assai legato al ciclismo e alla San­remo in particolare, genovese di Ros­siglione, lungo l’ascesa del Turchino, ha abitato fino alla sua scomparsa alla fine dello scorso anno.
Da allora l’affollata “punzonatura” e il ritrovo di partenza dell’indomani si è svolta a lungo nel cortile della Roc­chetta del Castello Sforzesco di Milano e altri luoghi quali i Giardini Pubblici, la sede dell’Università Cattolica e qualche altro sito. Intanto erano mutate re­gole e abitudini con l’avanzare del ciclismo definito moderno che ha codificato e consentito l’assenza dei corridori alla verifica licenze e conseguente, vi­stoso, calo d’interesse per essere presenti degli appassionati per dare vita a un mero incontro tecnico-burocratico fra addetti ai lavori.  Bel segnale nel 2023 proveniente da Abbiategrasso con il ripristino della presentazione delle squadre alla vigilia, gradito e se­guito con interesse da un folto pubblico. Crediamo (e speriamo) che anche quest’anno a Pavia, bella e storica città sul Ticino, patria di un pioniere del ciclismo quale Giovanni Rossignoli (1882-1954), venga riproposta la presentazione quale momento di partecipazione e festa.

ED ECCO SANREMO. Sanremo è sempre stata sede d’arrivo dapprima con Via Cavallotti poi la preminenza dell’iconica Via Roma rispetto ad altre determinate da situazioni contingenti di natura viabile soprattutto. È comunque da ricordare che fra qualche ente della città dei fiori e gli organizzatori milanesi, in varie epoche, ci sono stati anche momenti di vivaci “frizioni” per la rivendicazione della primogenitura, della qualità e quantità della collaborazione organizzativa locale (indispensabile comunque) e, non è da nascondere, più prosaicamente, sull’entità del contributo economico pubblico e simili. Momenti che negli anni hanno determinato pensieri di spostamento dell’arrivo in comuni prima o dopo Sanremo, rimasti comunque tali. Fortunatamen­te, pensiamo noi.

I cambiamenti di percorso avvenuti per scelta propria, le situazioni critiche im­provvise da gestire con immediatezza in corsa, vari eventi esterni con riflessi sulla gara hanno caratterizzato diverse edizioni. L’inserimento del Poggio fu consigliato a “patron” Torriani da Mim­mo Filippi e Piero Parise della OTAT, la società di Sanremo che per decenni ha assicurato i trasporti delle attrezzature per le corse rosa e non solo mentre per la Cipressa c’era stata un’insistita segnalazione da parte di Carlo Proserpio, lo speaker storico, che aveva casa anche a Imperia e conosceva la zona.

VARIABILI INATTESE. Nei tem­pi più recenti sono state rimarchevoli le azioni in corsa che hanno consentito alla Sanremo di raggiungere il traguardo anche percorrendo l’autostrada dei Fiori - senza pagare il pedaggio… - dal casello d’entrata di Spotorno a quello d’uscita di Pietra Ligure, soluzione in­dividuata nella mattinata con gara in corso con un efficiente coordinamento collaborativo fra organizzazione, Pol­strada e altri enti competenti in materia al fine d’evitare il blocco stradale di lavoratori della Piaggio Aeronautica a Finale Ligure. Soluzione adottata anche nel 1994 per le medesime ragioni dal direttore di corsa Carmine Ca­stel­lano.

Nel 2013, con Mauro Vegni sulla tolda dell’ammiraglia di direzione, una vera e propria tormenta di neve improvvisa nella zona del Turchino causò l’intransitabilità della salita storica. La corsa fu neutralizzata ad Ovada e i corridori, molti dei quali quasi congelati, furono ricoverati sui van delle squadre e trasportati, in autostrada, ad Arenzano. La corsa riprese a Cogoleto, saltando il previsto passaggio in salita da Le Ma­nie, salita breve e impegnativa talvolta inserita nel percorso. Fortuna­tamente lungo la costa il tempo si raddolcì notevolmente. Viene in mente una frase che soleva ripetere quando il percorso della Sanremo era giudicato troppo facile, un direttore sportivo del ciclismo eroico quale il milanese Eberardo Pavesi, basco in testa e pipa in bocca, noto anche come l’avucatt, sempre alla guida dei verdi-ramarro della Legnano: ”Una gamba di neve sul Turchino e la San­re­mo diventa dura”.

IL GUADO. A proposito di difficoltà naturali un altro corridore in maglia Legnano, il mantovano-milanese Renzo Zanazzi, al passaggio da Tor­to­na per andare ogni 2 gennaio a Ca­stel­lania Coppi in pellegrinaggio, e pure in altre occasioni, per ricordare i suoi amici Fausto (al quale sussurrava all’orecchio del busto marmoreo che lo ri­cor­da, cose riguardanti un centomila li­re che sempre aspettava dal Campio­nis­simo, e Serse, carattere scherzoso e frizzante come il suo, ri­cordava che nel 1946, anno della ri­presa dopo l’interruzione bellica, il gruppo dei corridori guadò, a piedi, il fiume Scrivia. Il ponte era stato distrutto dai bombardamenti e indicava la caviglia per segnalare il livello dell’acqua in quel tratto. Però, ogni anno, l’estroverso Renzo alzava sempre un po’ l’indicazione del livello indicando parti del corpo sempre più in alto e reagendo con vibranti e secchi “inviti” del gergo milanese ai dubbiosi compagni di viaggio. Il tutto condito con una risata collettiva.

Renzo Za­nazzi è stato l’addetto, con i suoi compagni di so­cietà della Zanazzi-Gaslo o Zanazzi-Recrosio, alle segnalazioni alla deviazione per il Poggio pri­ma e quindi per quella della salita della Cipressa, nel comune di Costarainera mentre, in collaborazione con un componente di giuria, era fra gli addetti ad impedire che i corridori in ritardo che saltavano la salita del Poggio e passando sempre sull’Aurelia, non resistevano alla tentazione di non togliersi il nu­mero dorsale ed entrare nell’area del vicino campo sportivo ma cercavano di provare l’emozione di superare il traguardo in bici, riscuotendo comunque gli applausi ma complicando non poco la compilazione dell’ordine d’arrivo. È stato, come si dice, un buon incendiario in gioventù poi diventato pompiere col passare degli anni ma ogni tanto, comunque, qualche cerino l’accendeva ancora con la sua estroversa vivacità anche ciclistica.
La documentatissima “Storia enciclopedica della MILANO-SANREMO dal 1907 al 2009” firmata da Carlo Delfino, Nanni Di Marco e Giampiero Petrucci, è ricca di numeri e di dettagliate ricostruzioni, anno per anno, della grande classica.

Fino agli anni 1990 gran parte delle vetture della corsa, soprattutto quelle della giuria, erano messe a disposizione dell’organizzazione da parte di ap­pas­sionati che conoscevano le dinamiche di corsa e, quale ricompen­sa/rim­borso, oltre a potere vedere da vicino la gara, usufruivano dell’ospitalità alberghiera per una notte.

L’AUTO SCOMPARSA. Nei primi an­ni 1970 non c’erano i te­le­fonini e, per un disguido, saltò l’appuntamento fra uno di questi appassionati con vettura propria che avrebbe dovuto trasportare al seguito della Sanremo il giornalista della Gazzetta Luigi Gia­no­li, firma d’eccellenza del giornale, persona di fine e vastissima cultura che, per solito, nel ciclismo s’occupava del colore e dei ritratti dei corridori. La vettura del giornale con gli inviati di ciclismo non aveva posti disponibili. Gianoli si ritrovò solo e abbandonato nei pressi della Stazione Centrale di Milano, luogo preventivamente concordato per l’appuntamento del giorno di gara. Non si perse d’animo e con l’elegante calma che gli ap­parteneva comprò il biglietto per San­remo sul primo treno disponibile e nel suo “reportage” con il titolo “Inse­guen­do la Sanremo dal treno” raccontò il suo viaggio accogliendo i colleghi in sala stampa con il suo mirabile “pezzo” già confezionato e telefonato ai dima­fonisti del giornale, sempre con calma e con il sorriso, sen­za nervosismo ver­so nessuno.

La lunga e articolata storia sportiva della Sanremo - Milano - è sottinteso… - è ricca d’episodi, avvenimenti, personaggi e storie (vere o verosimili) che contribuiscono alla sua sempreverde popolarità, notorietà e affetto a livello internazionale.

Gara difficile da controllare, da interpretare e vincere per un avvenimento di costante richiamo che illumina una carriera e costituisce sempre una sorta di Natale internazionale per il mondo delle due ruote.

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