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DAVIDE MARTINELLI. IL GIRO D'ITALIA, CAVENDISH E QUELLA VOGLIA DI TORNARE A VINCERE
di Valerio Zeccato | 13/01/2023 | 08:20

Il prossimo 31 maggio taglierà il traguardo delle trenta primavere. Davide Martinelli, il «Diretto di Lodetto» in forza alla Astana Qazaqstan Team, nel 2023 taglierà un altro significativo traguardo: l’ottava stagione tra i professionisti. Il franciacortino «figlio d’arte» (papà Beppe detto Martino è stato un buon professionista ed un grandissimo direttore sportivo ed è tuttora in ammiraglia proprio all’Astana) aveva fatto scintille nelle categorie giovanili (tra i migliori risultati i titoli Italiani a cronometro Under 23 nel 2013, 2014 e 2015) e subito all’esordio tra i pro’ aveva lasciato il segno griffando due vittorie (una tappa al Tour de Pologne e una tappa al Tour de la Provence in Francia). Poi tutto è diventato più complicato sia per le sue caratteristiche di atleta (veloce ma non velocissimo), sia per la pandemia che ha complicato la vita a tutti, e Davide ha sofferto perché non è un corridore subito reattivo, ma come dice lui «Sono un diesel, ho bisogno di un po’ di tempo per andare a tutta». Meticoloso, puntiglioso, orgoglioso, Davide ha saputo ritagliarsi il suo spazio in un mondo non proprio facile come quello del ciclismo professionistico. E ha anche tanti tifosi, non solo in Franciacorta, che lo seguono con affetto. Alla vigilia della nuova stagione andiamo alla scoperta di «cosa bolle in pentola» in casa Martinelli.

Come sta andando la preparazione?

«Siamo andati in ritiro per 14 giorni ad Altea vicino a Calpe (Spagna, Costa Blanca, ndr) a dicembre. Abbiamo trovato tempo variabile all’inizio e negli ultimi giorni era sempre molto bello con temperature primaverili. Abbiamo fatto il classico lavoro che si fa ad inizio stagione, tanti chilometri in sella con velocità non blanda ma nemmeno esagerata».

Che sensazioni hai avuto?

«Sicuramente positive, sto bene. La mia prima gara sarà in Arabia Saudita al Saudi Tour dal 30 gennaio al 3 febbraio. L’ho già fatta nel 2020, sono quasi tutti arrivi in volata con una sola tappa con traguardo in leggera salita. Corsa che sarà decisa probabilmente dal vento che c’è sempre in quel territorio e provoca diversi ventagli. Poi sarò al via dell’UAE Tour dal 20 al 26 febbraio. Per le corse in primavera è ancora tutto da decidere. I programmi direbbero per me Parigi-Nizza a tappe e Milano-Sanremo, con qualche classica in Belgio. Ma è tutto ancora da decidere».

Sembra praticamente certo l’arrivo all’Astana Qazaqstan Team di Mark Cavendish, il grandissimo velocista. Cosa cambia per te l’arrivo di Cannonball?

«Sicuramente con lui i mie8 programmi cambieranno nel senso che io sarò al suo supporto prima delle volate. Non so ancora dire che ruolo avrò nel suo “treno” ma di sicuro negli ultimi km dovrò stare al suo fianco. E’ un ruolo che mi piace molto e farò volentieri, e che mi dà soddisfazione. Quando ci siamo visti Mark mi ha ricordato che 11 anni fa alla Sky quando ero stagista abbiamo già corso insieme. Sono contento di averlo come compagno di squadra e lavorare per lui che è sempre fortissimo in volata».

C’è nel tuo calendario la possibilità di correre il Giro d’Italia?

«E’ dal 2017 che non corro la corsa rosa, mi piacerebbe davvero tanto ritrovare quelle emozioni che solo il Giro ti sa regalare. E’ una festa ogni giorno, ogni tappa, vai su e giù per l’Italia che è bellissima e poi c’è la possibilità di conoscere da vicino i tifosi e c’è un’atmosfera incredibile. Sono tanti che mi contattano sui social e che non ho mai conosciuto: ecco il Giro è l’occasione giusta per guardarci negli occhi. Detto questo il mio calendario dipenderà molto da quello dei velocisti, quindi è tutto da vedere se sarò al Giro o al Tour de France».

Come sarà l’Astana senza Vincenzo Nibali che ha appeso la bici al chiodo?

«Sarà sempre più orientata nelle corse di un giorno con i “cacciatori” di tappe e classiche. Ho visto pedalare molto bene in questo inizio di stagione Gianni Moscon. E’ un corridore polivalente che può essere davanti in tante corse dure e con caratteristiche diverse. Due anni fa è andato vicinissimo a vincere la Parigi-Roubaix (fu quarto nel 2021 il giorno del trionfo del bresciano Sonny Colbrelli, ndr) e questo basta per far capire che tipo di corridore è».

Dal 2016 ad oggi cosa è cambiato tra i professionisti?

«Tutto! La cosa principale è il modo di correre. Una volta la corsa quasi sempre era orientata da una fuga che il gruppo controllava per diverse ore e poi neutralizzava. Le azioni importanti iniziavano a circa 50 km dal traguardo e si accelerava negli ultimi 30 km. Invece oggi ogni corsa fa storia a sé: soprattutto Van der Poel e Van Aert hanno cambiato completamente il modo di correre. Sono aggressivi fin dai primi chilometri e si lanciano all’attacco mettendo subito alla frusta il gruppo. Devi arrivare alla corsa quasi sempre al top della condizione, al 95%, altrimenti fatichi ad arrivare al traguardo. E così oltre a non essere utile alla squadra perché sei in affanno, non finisci le corse e fai solo fatica ma senza risultati».

Facile pensare che nel 2023 Davide Martinelli sogna e spera di tornare a vincere...

«Tutti quelli che incontro mi chiedono perché non torno al successo. Ma se fai il calendario ad alto livello è difficile trovare lo spazio per emergere, e sono pochi quelli che possono ambire a farlo. Le occasioni sono poche, lo scorso anno ho avuto problemi fisici in primavera e per due mesi ho sofferto le pene dell’inferno correndo poco. Finalmente sono riuscito a rimuovere con un intervento chirurgico una ciste al soprasella che mi dava molto fastidio e mi limitava nella pedalata. In primis nella nuova stagione voglio tornare a performare bene. Poi voglio farmi trovare pronto ad aiutare i velocisti nel finale delle corse e se dovesse capitare l’occasione per piazzare la zampata farò di tutto per coglierla...».

dal settimanale ChiariWeek 

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