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ALESSANDRO TONELLI. «LA QUARANTENA? PER ME E' LA SECONDA CONSECUTIVA...»
di Valerio Zeccato | 10/04/2020 | 07:50

Alessandro Tonelli, ventotto anni il prossimo 29 maggio, professionista dal 2015 sempre con la casacca della Bardiani-CSF-Faizanè della famiglia Reverberi, è un bresciano della frazione Bornato di Cazzago San Martino nella splendida Franciacorta. Prima della pandemia Coronavirus che sta colpendo tutto il mondo, e con la provincia di Brescia che sta pagando un salatissimo dazio, Tonetti aveva recentemente dovuto già affrontare un altro difficilissimo calvario. Il 19 luglio del 2019 mentre disputava la sesta tappa del Tour of Qinghai Lake in Cina era rimasto coinvolto in una rovinosa caduta. Per Alessandro diverse fratture che avevano determinato un pneumotorace con conseguente impossibilità di rientro in Italia e più di un mese trascorso prima nell’ospedale di Xining e poi in quello di Pechino.

«Questa emergenza la sto vivendo con filosofia, nel senso che quello che mi è capitato in Cina mi ha forgiato e non sto facendo fatica ad attraversare anche questa nuova situazione – racconta il franciacortino -. Sono confinato qui come lo ero stato per oltre un mese in Cina, almeno adesso sono a casa mia a Bornato, con la mia famiglia, mentre allora ero da solo ed era arrivata mia sorella Francesca ad assistermi. Ho smesso di uscire per strada ad allenarmi non appena la Federazione ha invitato noi ciclisti professionisti a restare in casa, prima invece uscivo regolarmente da solo e mi allenavo nelle strade della Franciacorta e del Lago d’Iseo. Fortunatamente non ho mai ricevuto insulti o cose simili come è invece accaduto a qualche mio collega».

Come ti stai allenando tra le mura di casa?
«Faccio rulli ed esercizi a corpo libero. Non avendo una palestra in casa mi sto arrangiano come posso adattando quello che avevo: per lo squat (esercizio che serve per tonificare cosce e gluteo, ndr) ad esempio non avendo il bilanciere utilizzo una barra di ferro che avevo; come pesi uso le confezioni di bottiglie di acqua. Insomma una sorta di "fai da te" per cercare comunque di svolgere lavori di una certa utilità. Non avendo il rullo smart indispensabile per la piattaforma Zwift non faccio allenamenti di gruppo con altri colleghi, che sarebbe anche molto meno noioso, così quando pedalo sui rulli o ascolto la musica, tutta in generale, o guardo qualcosa in televisione. Ogni giorno faccio due sessioni sui rulli e una dedicata agli esercizi a corpo libero, circa tre ore in tutto di allenamento sei giorni su sette, il settimo faccio solo rulli a digiuno per contenere il peso e aiutare il metabolismo a bruciare i grassi e non solo gli zuccheri. E’ una cosa che va bene fare per noi professionisti, ma non ha senso per gli amatori, non lo consiglio assolutamente».

Allenamenti a parte come passi le giornate?
«Avendo una casa grande per fortuna c’è sempre qualcosa da fare: tagliare l’erba, sistemare le piante, un po’ di giardinaggio, e così passa il tempo. Sto aiutando papà Fabrizio, che in questi giorni non lavora, a pitturare la casa, poi ho cambiato le ruote della mia auto e quelle di mia sorelle togliendo quelle invernali e mettendo quelle estive. Non sono un fanatico della tecnologia, ho tolto Facebook perché secondo me ci sono troppi "sceriffi" che guardano in casa altrui e non nelle proprie, preferisco Instagram e con la squadra abbiamo fatto dei "takeover" che hanno avuto un buon successo. Tra noi compagni di squadra siamo a contatto normalmente sul gruppo e una volta alla settimana, al venerdì o al sabato sera, mi ritrovo via telefono con gli amici che ho al di fuori del mondo del ciclismo».

Quasi 1900 km percorsi in 13 giorni di gare per Alessandro Tonelli nel 2020 prima dello stop forzato. 7 tappe alla Vuelta a San Juan International in Argentina a fine gennaio, 6 tappe al Tour Colombia dall’11 al 16 febbraio.
«Sono partito con un blocco di lavoro intenso perché, dopo quello che era accaduto in Cina, era da sei mesi che non correvo. Dopo l’Argentina dovevo fare il Tour Of Oman che però è stato annullato per la morte del sultano, poi dovevo tornare in Cina per disputare il Tour of Hainan ma anche questo è stato annullato per il Covid-19. Per fortuna che c’era la corsa a tappe in Colombia e lì per le prime quattro tappe sentivo buone sensazioni, la condizione era in netta crescita; poi però nelle ultime frazioni ho fatto una gran fatica, un calo drastico di energie e ho pagato il fatto di correre in altura: davvero non vedevo l’ora di arrivare al traguardo! Pensavo poi di risentire più avanti dei benefici dell’altura ma sono saltate tutte le corse: dovevo fare le Strade Bianche, la Tirreno-Adriatico e altre gare in Italia con l’obiettivo di trovare il posto al Giro d’Italia: ero nella prima selezione fatta dalla squadra, però poi c’era da fare la scrematura per trovare gli 8 che avrebbero dovuto essere al via della corsa rosa».

Sei positivo o negativo: si tornerà a correre?
«Secondo me torneremo a fare le corse ma non prima di luglio, forse anche metà luglio. Il ciclismo vive su strada e ha altri problemi che ad esempio non ha il calcio. La carovana che si muove per le gare di ciclismo è composta da moltissime persone e quindi è difficile da gestire, penso solo agli alberghi che ci ospitano nelle varie gare che, con questa situazione, avrebbero molti problemi con gruppi così numerosi. Detto questo spero, e mi auguro, che il Giro d’Italia venga disputato, secondo me fine settembre - inizio ottobre potrebbe essere una buona data. L’UCI ha già predisposto che prima di tornare alle corse ci sarà il tempo per riportare tutti gli atleti ad una condizione fisica accettabile, tutto questo forzato stop ha cancellato in pratica la preparazione invernale e anche se stiamo cercando di mantenere un livello decente, non è che possiamo ripartire immediatamente ad affrontare certi impegni. Il periodo è difficile per tutti, per il ciclismo come per gli altri sport, ma la cosa più importante è superare questa emergenza e tornare alla normalità. Il motore essenziale si sa che è l’economia, le aziende e tutto il resto: se non ripartono queste cose non possiamo ripartire nemmeno noi».

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