L’anno scorso, dopo 18 stagioni, ha concluso la sua carriera da ciclista professionista per intraprenderne una nuova, sempre nel mondo delle due ruote di vertice. Paolo Tiralongo, prof dal 2000 al 2017 e vincitore di tre tappe al Giro d’Italia, per il 2018 si è unito all’UAE Team Emirates con il ruolo di assistente diesse e di responsabilità del materiale ciclistico. Voluto fortemente da Fabio Aru, con cui ha condiviso gli anni in Astana, Paolo ci racconta come il 27enne sardo campione d’Italia si sta preparando alla corsa rosa, da cui manca da due anni.
Ti manca la vita da corridore professionista?
«Sinceramente no. Ho scelto di smettere quando era arrivato il momento giusto. Dopo quasi 20 anni di gare, è bello godersi la vita normale, anche se fermo a casa ci sto ancora poco. Non sento l’esigenza di andare in bici, per tenermi in forma vado a correre a piedi e con i Rollerblade, attività che da corridore praticavo solo in inverno. Mi piace molto pattinare, quando ho tempo mi diverte e rilassa. Da quando ho appeso la bici al chiodo ho messo su 5 chili. Sono tornato una persona normale anche da questo punto di vista».
Come ti trovi nella nuova veste?
«Per me è tutto nuovo, anche se negli ultimi anni ero diventato quasi un diesse in corsa. Devo imparare un nuovo lavoro, inserirmi, imparare a fare cose che non ho mai fatto prima come i programmi per i ragazzi. Non è difficilissimo, sempre di ciclismo si tratta, mi ci vorrà un po’ di tempo per apprendere. Mi piace ascoltare, capire, apprendere dai migliori per fare tutto come si deve. Guardo i colleghi più esperti per capire come muovermi nel nuovo ruolo. Alle corse do una mano e più che altro mi preoccupo di organizzare ritiri e allenamenti».
Da chi stai imparando la nuova professione?
«In ufficio a Magnago (MI) lavoro quotidianamente al fianco di Marco Marzano e Mario Scirea, in più sono sempre a stretto contatto con tutti gli altri direttori, compresi il francese Mauduit e lo spagnolo Matxin, che sono quelli con maggiore esperienza. Imparo soprattutto guardandoli all’opera. Il consiglio più importante che mi hanno dato è di ricordare che non sono più un corridore, che devo guardare le situazioni da un’altra prospettiva».
Un tecnico a cui ispirarti?
«Beh, per il carisma a Giancarlo Ferretti. Ferron è uno che trasmetteva grinta solo a vederlo. Penso di essere rigido come lui: da corridore pretendevo tanto da me stesso e dai miei compagni, così anche adesso sono disposto a dare tanto ai ragazzi, ma pretendo altrettanto impegno e convinzione».
Come ti sei inserito alla UAE Team Emirates?
«Bene, con Fabio siamo stati accolti al meglio. Cambiando gruppo è normale che ci sia tanto da lavorare, ma abbiamo gettato le basi per costruire una squadra competitiva in vista del Giro d’Italia. Alla corsa rosa Fabio sarà affiancato dai corridori che più si adattano al suo stile di corsa e agli obiettivi che ci siamo prefissati. L’intoppo del Catalunya - caduta nella prima tappa, ritiro dopo la quinta a causa di un ematoma al retto femorale - per fortuna non ha avuto gravi conseguenze e ha richiesto solo qualche giorno di riposo. In questi giorni con noi sul Teide si stanno allenando Simone Petilli, Valerio Conti, Edward Ravasi, Vegard Staeke Laengen e Darwin Atapuma, tra gli atleti più competitivi che abbiamo per le corse a tappe. La formazione definitiva per il Giro sarà ufficializzata prima del Tour of the Alps».
Fabio come sta?
«Nonostante tutto, sta bene. Era uscito dalla Tirreno-Adriatico con una leggera influenza, il clima quest’anno ha messo a dura prova tutti, ma con la certezza di essere a buon punto nella preparazione. I riscontri che abbiamo avuto dalle ultime gare ci confortano. Già sul Sassotetto alla Tirreno ha dimostrato di non essere lontano dai migliori, anche se al suo grande obiettivo stagionale mancava ancora un mese e mezzo. Si è piazzato quarto nella tappa con arrivo in salita e ha chiuso dodicesimo nella generale. Siamo contenti anche di come è andato nella crono individuale che ha chiuso la Corsa dei due Mari».
Prossimi passi in chiave Giro?
«Siamo già volati in Spagna, sul Teide, dove staremo una ventina di giorni. Dopo una settimana di recupero, ora stiamo svolgendo un blocco di lavoro intenso in vista del Tour of the Alps, che rappresenterà l’ultima prova prima della corsa rosa».
Sarà un test importante anche in chiave mondiale.
«Sì, si affronterà una tappa che ripercorre quello che sarà il tracciato iridato, ma è presto per pensare a quell’obiettivo. Solo dopo il Giro inizieremo a programmare la seconda parte di stagione con Vuelta e campionato del mondo nel mirino».
Cosa avete cambiato rispetto alla preparazione in Astana?
«Per i Grandi Giri in sostanza il lavoro da svolgere è sempre lo stesso. Rispetto al passato, abbiamo inserito più gare e lavori sulla forza esplosiva, come accelerate, progressioni e volate in salita dopo un lavoro al medio. Decidiamo i carichi e i tipi di lavoro in base alle sensazioni che Fabio avverte in corsa, in base a cosa gli manca cerchiamo di allenarci per colmare le eventuali lacune».
C’è qualche altra novità che possiamo raccontare?
«Abbiamo lavorato tanto con la bici da cronometro, Fabio l’ha utilizzata ogni settimana. Oltre ad aver cambiato materiali, abbiamo cambiato la sua posizione in sella, dopo esserci recati in galleria del vento a Milano. Gli abbiamo alzato il manubrio e l’appoggio delle protesi in una posizione più comoda, così da permettergli di respirare meglio avendo la cassa toracica più aperta. A vederlo superficialmente, la posizione può sembrare meno aerodinamica della precedente, ma si sta dimostrando più efficace. La prima crono individuale che Fabio ha affrontato alla Tirreno-Adriatico ci ha fatto sorridere perché ci ha detto che è migliorato tantissimo. È riuscito a portare a termine i 10 chilometri di gara in 40” meno rispetto al tempo dell’anno scorso».
Sappiamo che, come tutti i campioni, Fabio è geloso dei suoi valori, ma rispetto a un anno fa possiamo dire a che punto è? Più avanti o più indietro di quando si fece male e dovette rinunciare a presentarsi al via della grande partenza dalla sua Sardegna?
«Direi che siamo in linea con i parametri di un anno fa e alla vigilia del Giro sarà ancora più forte perché si presenterà con più giorni di gara nelle gambe. Quest’anno abbiamo scelto di svolgere blocchi di lavoro più intensi, come quello tra Tirreno e Catalunya, che si ritroverà nelle gambe al momento opportuno».
Come lo seguirai alla corsa rosa?
«Sarò in un’ammiraglia che precederà la corsa, come fatto sinora alle altre gare, per studiare il percorso. Guarderò le fasi salienti dalla tv, in collegamento con i colleghi in corsa, a cui darò le mie indicazioni. Non ho ancora il titolo per poter fare il diesse in corsa. Ho preso il patentino di primo livello, appena possibile prenderò il secondo e a novembre seguirò il corso dell’UCI. Nel frattempo sto studiando l’inglese e imparando il più possibile dal di fuori».
Oltre a Fabio, quali altri ragazzi segui?
«Sono concentrato soprattutto su di lui, ma è chiaro che sono disponibile con tutti, in particolare con il gruppo che lavora con lui. Ora che siamo in altura sul Teide, ai ragazzi offro volentieri la mia esperienza, in quasi 20 anni da professionista ho preparato tanti grandi giri, so cosa bisogna fare per farsi trovare pronti per l’appuntamento. Se hanno bisogno di un consiglio, sono al loro servizio».
Te lo immagini vestito di rosa?
«Più che sognare o parlare preferisco fare i fatti, quindi lavorare al massimo per poter concretizzare le nostre ambizioni. Sono fatto così. Sarà fondamentale partire bene, dare il massimo, non lasciare nulla di intentato. Dovremo confrontarci con avversari tosti, squadre ben assortite di corridori buoni, ma non abbiamo nulla da temere. La voglia di fare bene al Giro dopo due anni di assenza c’è. Nel 2016 Fabio ha debuttato al Tour, lo scorso anno ha dovuto rinunciare alla corsa rosa per una caduta a pochi giorni dal via. Alla sua ultima partecipazione, nel 2015, chiuse secondo alle spalle di Alberto Contador. Dobbiamo migliorare quel piazzamento». Quindi vincere.
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