Editoriale
ALL’OMBRA. Il caso viene bollato un po’ sbrigativamente come l’effetto di «voyeurismo più che di una reale volontà di denunciare un malcostume o, peggio, un abuso di farmaci». A parlarne è La Gazzetta dello Sport, che ha almeno il grande merito di parlarne, di tirare fuori il problema, sia sull’edizione cartacea, sia sul web.
Lo fa rendendo noti i dati divulgati da Fancy Bears, il celebre team di spionaggio informatico associato all’intelligence russa. La denuncia è chiara: 25 giocatori in occasione del Mondiale 2010 hanno fatto ricorso ad esenzioni a scopo terapeutico (TUE). Questo dato non è sconvolgente, ma perlomeno avvicina il mondo del futbol a questa pratica fatta di certificati e deroghe che sembrava cifra distintiva solo per alcuni sport di resistenza. Ma oltre a questa bella lista di esentati, ce n’è un’altra con un elenco di ben 150 positività - rigorosamente anonime - registrate nel 2015 che, come sostengono gli hacker russi, «nel 2016 sono salite a 200». Fancy Bears conclude che «i giocatori che unanimemente affermano come il calcio sia libero dal doping, mentono».
Insomma, le cose sono due: o questi di Fancy Bears sono solo dei pazzi criminali oppure, nonostante siano persone senza scrupoli, dicono il vero. E visto che qualche mese fa hanno messo seriamente e debitamente in crisi lo sport americano, non con illazioni, ma con prove, sarebbe anche il caso di usare lo stesso rigore e la stessa attenzione per questo caso.
Nella lista delle esenzioni ci sono anche i nomi e i cognomi dei giocatori che ne hanno fatto richiesta. Sono venticinque e rappresentano 12 Paesi. Cinque argentini, quattro tedeschi, tre neozelandesi, le Nazionali più rappresentate. Milito, Tevez, Veron, Heinze, Gomez, i nomi più altisonanti. Le sostanze? Soprattutto il betametasone, corticosteroide presente nel popolarissimo Bentelan. Ci sono anche due italiani in questa lista, Vincenzo Iaquinta e Mauro Camoranesi. Il primo per il betametasone, il secondo per il triacinolone, altro corticosteirode da infiltrazione.
Ben più imbarazzante e per certi versi inquietante è invece la lista delle presunte positività calcistiche riscontrate nel 2015, di cui Fancy Bears fornisce solo i nomi dei laboratori di provenienza e le sostanze riscontrate. C’è di tutto: dagli stimolanti ai diuretici, dagli ormoni anabolici ai cortisonici, dai narcotici alla cannabis. Siamo di fronte ad una replica di quanto avvenuto per le Olimpiadi, con campioni rianalizzati a distanza di anni? Siamo alla vigilia di uno scandalo senza precedenti? Mancando i precedenti, penso che proseguiremo nel solco della prudenza. Però non riduciamo tutta questa storia con il semplice bollino rosso del voyeurismo. Se di guardoni si tratta, non sono quelli dell’intelligence russa ad esserlo, ma chi si ostina a guardare senza vedere. E a pensare che lo sport del calcio sia lontano anni luce dal doping, quando invece è molto più semplicemente nell’ombra.

PATCHWORK. Resto nel mondo del calcio. In questa estate calda che volge al desìo, il ciclismo è nella sua parabola discendente, siamo prossimi ai titoli di coda, mentre il calcio vive la sua aurora: è appena partita la stagione con tutti i sogni e le ambizioni del caso. Si sono giocate le prime giornate di campionato e abbiamo potuto ammirare anche le nuove divise stagionali delle varie squadre. Una cosa mi è balzata immediatamente all’occhio: il calcio si sta ciclistizzando. Alla faccia delle maglie pulite, e di tutte le regole di marketing o presunte tali che vengono bellamente calpestate. Avete presente i completini di alcuni team professionistici di seconda fascia, quelle Professional, pieni zeppi di loghi? Bene, nel calcio non siamo a questo punto, ma ci si sta avvicinando molto. Una squadra come la Juventus, tanto per fare un nome, ha deciso da quest’anno di presentare un nuovo sponsor anche dietro la maglia, proprio sul fondo schiena. Altri club arrivano ad averne addirittura anche tre sul petto. Insomma, un vero e proprio patchwork che per il mondo del futbol è davvero una primizia. Penso anche che per il mondo del pallone la strada sia stata appena segnata: addio maglie pulite, anche il mondo del calcio ha sempre più bisogno di “danè” e lo stile può anche andare a farsi benedire.
Noi, quelli del povero mondo antico del ciclismo, appariamo più abbordabili, ma di gran lunga anche più presentabili. Circoliamo per il mondo con le belle ed eleganti maglie della SKY, della BMC, della UAE Emirates, dell’Astana o del Team Bahrain Merida, tanto per citarne alcune, chiari esempi di pulizia e immagine. È proprio vero, l’erba del vicino è sempre più verde, ma forse ogni tanto sarebbe il caso di buttare un occhio nella nostra serra, piena zeppa di bellissimi bonsai e orchidee o piante ad alto fusto, non di semplici fiori recisi.

Pier Augusto Stagi
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