Editoriale
di Pier Augusto Stagi

Caro Vincenzo,
grazie. Grazie di cuore per averci regalato emozioni uniche e averle regalate anche a chi abitualmente il ciclismo lo vede solo come un impiccio, una perdita di tempo. Grazie per aver avuto quell’intuizione geniale sul traguardo di Sheffield, che ti ha portato a vestire subito la maglia gialla e ha costretto - dico costretto - chi più chi meno ad inseguirti con pagine e servizi televisivi e radiofonici o via web. Molti nei giornali hanno sperato in cuor loro che la tua impresa fosse un semplice fuoco fatuo estivo, ma si sono dovuti prontamente ricredere.
Grazie Vincenzo, per avermi dato la possibilità di rivivere un’emozione unica, vissuta sedici anni fa quando Marco seppe riportare la maglia gialla in Italia, trentatré anni dopo il grandissimo Felice Gimondi. Grazie per averlo fatto con una classe e una semplicità che ti sono proprie. In te non ho rivisto Gimondi, Pantani o Magni, ma nel tuo comportamento, nel tuo modo di porgerti alle persone - bada bene, non nel modo di pedalare o interpretare la corsa - mi hai ricordato tantissimo un campione galantuomo come Miguel Indurain, che come te vinceva con la semplicità dei grandi, senza mai atteggiarsi a tale.
Grazie ai tuoi genitori, alla tua bella famiglia, a Rachele che ha preferito seguirti da lontano, via skype o con un semplice messaggino di buongiorno al mattino e di buonanotte alla sera. Grazie a quelli che ti vogliono bene da anni - come i fratelli Carera - e che tu ti tieni ben stretto, perché sai che d’ora in poi su quelli potrai sempre contare, perché come hai avuto modo di dire tu nell’ultima conferenza stampa «ci sono sempre stati e non sono arrivati solo adesso». Pensa che tanti corridori al tuo posto farebbero l’esatto contrario. Per citare Marco, al quale mi lega un ricordo dolce e struggente, il suo problema è stato proprio quello. Rinnegare i suoi amici: punto di partenza di una parabola drammatica che l’ha portato a vivere un tragico epilogo.
Grazie a Luca Gialanella, a Ciro Scognamiglio, a Marco Pastonesi, a Luca Cerri, al mitico Fabrizio Cadelano (autista della “rosea”), la gloriosa squadra Gazzetta che mi hanno accolto come uno di loro e scorazzato per un po’ in giro per la Francia. Grazie a Giovanni, il mitico e inarrivabile Cerruti, un grande inviato che non vedeva l’ora di andare in pensione per poter finalmente vivere da suiveur il Tour de France. Avere come pilota una grande firma del giornalismo italiano non solo mi ha inorgoglito ma - non ve lo nascondo - mi ha anche un pizzico imbarazzato. Poi ci ha pensato lui, Giovanni a sistemare ogni cosa, con la sua proverbiale ironia e con la sua ineguagliabile leggerezza.
Grazie a Cristiano e Angelo, che sono Gatti e Costa, i quali sedici anni fa erano con me sui Campi Elisi e quest’anno per mille e più ragioni non hanno potuto esserci ma alla fine in qualche modo c’erano anche loro. Un grazie lo devo perché mi hanno incoraggiato ad andare anche da solo, a vivere a pieni polmoni un’esperienza unica, che aveva dell’impossibile e tu Vincenzo l’hai resa quasi scontata.
Grazie a Valeria, la mia metà che mi ha capito per intero come spesso capita alle donne e ha compreso l’importanza del momento. Pensava già ad un luglio fatto di toccate e fughe francesi dopo le tre settimane di Giro, poi invece si è rassegnata al tuo predominio, alla tua forza e ha capito che forse era giusto che io restassi lì in Francia, al tuo fianco a vivere un’emozione senza eguali.
E un grazie va anche alla redazione di tuttobiciweb.it, nelle persone di Paolo Broggi e Giulia De Maio, che hanno fatto un grandissimo lavoro redazionale per raccontare assieme a me un Tour da sogno. Un grazie va anche a voi tutti, agli oltre 16mila visitatori unici medi che ci hanno seguito in quelle tre settimane a tinte gialle.
Grazie Vincenzo, per mille e più ragioni. Per quelle che ho scritto e per quelle che restano nel mio cuore e nei nostri dialoghi. Grazie per il tuo messaggino, inviato in quella domenica mattina di quel fantastico e indimenticabile 27 luglio 2014. Io che ti trasmetto alle 7 di mattina la foto della camicia gialla che avrei indossato e sfoggiato in tuo onore quel giorno e tu veloce come Kittel che mi rispondi entusiasta e felice.
Grazie per averci riportato tutti sui Campi Elisi, materialmente e spiritualmente. Grazie di aver fatto diventare gialla per un giorno La Gazzetta dello Sport e grazie alla “rosea” che ha fatto davvero una grande cosa. Grazie per aver intasato nell’ultima settimana gli organi d’informazione con le tue parole, le tue immagin e la tua storia.
Scusa solo gli italiani, in particolare i giornali di questo nostro malandato Paese che forse nemmeno ti meritano, visto e considerato che dal 29 luglio avevano già liquidato la tua impresa considerata fino a quel momento come un doveroso impiccio, e sono tornati felici ad occuparsi del grande calcio estivo, delle macchinette, delle macchiette e di varie altre amenità. Ti chiedo solo una cosa: fai in modo di rompere loro ancora le palle con le tue strabilianti vittorie e le tue fulminanti imprese. È l’unico augurio che ti faccio e mi faccio. Con calma e serenità, quando meno se lo aspettano, butta lì un’impresa delle tue. Se ci riuscirai, grazie.
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