Editoriale
INDOVINALA GRILLO. Non sarà la prima volta né tantomeno l’ultima. Per dare notizia di un ematocrito fuori dai limiti i giornali hanno confezionato pezzi ben messi e visibili. Per raccontare qualche giorno dopo che tutto era tornato nella norma, dieci righette in basso laggiù. Non sarà la prima volta né tantomeno l’ultima, ma il problema è che questa volta qualcosa di più da dire c’era.
Parlo del caso di Paride Grillo, il giovane velocista comasco in forza alla Panaria fermato il 27 febbraio scorso prima del via della Alzira-Alzira, prima tappa della Vuelta Algarve. Sei le formazioni controllate, 48 i corridori messi sotto la lente d’ingrandimento, secondo Jean Michel Voets, commissario internazionale, Grillo l’unico non idoneo a partire per ematocrito sballato.
Fino a ieri, o meglio fino all’anno scorso, il fermo per ematocrito fuori norma comportava 15 giorni di sospensione per ragioni di tutela della salute, poi rifacevi il tuo bell’esamino e se i valori erano tornati nei confini delle norme potevi tornare in gruppo con qualche sospetto in più e una verginità meno apparente.
Da quest’anno invece le cose sono radicalmente cambiate. L’Uci non si limita a fermare il corridore per due settimane, ma svolge un prezioso lavoro di indagine, sottoponendo i campioni prelevati al controllo antidoping con il metodo australiano, andando quindi a ricercare - attraverso il confronto sangue/urine - la presenza di sostanze proibite (epo e quant’altro). Alla fine, quindi, il corridore fermato
non rischia più due settimane di pausa, ma due anni di squalifica.
Questo per dire che cosa? Che il 13 marzo scorso Paride Grillo è tornato alle corse non perché ha scontato i canonici quindici giorni di stop, ma perché ha superato tutti gli esami di approfondimento del caso, altrimenti sarebbe stato squalificato per due anni. Quindi è bene sottolinearlo e rimarcarlo: fino a ieri chi veniva fermato per quindici giorni ripartiva con chiari sospetti di doping, oggi non è più così. Perché non è stato raccontato e spiegato anche dai principali quotidiani sportivi? Indovinala Grillo.

NON C’È NIENTE DA RIDERE. Torna la punzonatura nel cuore di Milano, restano i problemi. Tutti, proprio tutti. Torna dopo vent’anni il vecchio e caro rito della punzonatura: una kermesse musicalsportiva con le squadre a sfilare nel centro di Milano. Nel centro che più centro non si può: in Galleria, nell’Ottagono (voto 10 a Zomegnan per la riedizione aristocratica di questa sfilata). I tifosi gremiscono il salotto buono di Milano accompagnati dalle note del jazzista con la passione per la bicicletta Gigi Cifarelli (voto 9), e gran parte dei corridori e delle loro squadre (12 su 25, ma due con giustificazione: Discovery e Française des Jeux) disertano l’appuntamento adducendo le più svariate scuse. Una su tutte: la Rcs Sport non ha aderito al ProTour, noi non aderiamo alle loro iniziative (voto 3 alle squadre assenti). Solita guerra, soliti dispetti. Dice Ernesto Colnago: «Siamo un movimento di deficienti» (voto 9 per la chiarezza). Mario Cipollini: «Se non ci facciamo del male non siamo contenti» (voto 9, per il realismo).
Aggiungiamo. Il 5 marzo scorso tutte le parti avevano siglato un accordo di non belligeranza, con un impegno: adesso si corre, nei prossimi sei mesi ci ritroviamo per sistemare una volta per tutte questo dannatissimo Pro Tour. Ad una condizione: i tre Grandi Giri e le loro corse chiaramente fuori dal discusso circuito; le squadre di Pro Tour “invitate” di diritto alle corse organizzate dai tre Grandi Giri. L’Uci tace e acconsente. Poi però continua a considerare la Parigi-Nizza, la Tirreno, la Sanremo e via elencando, prove di Pro Tour (voto 2 all’Uci, che non capisce: i tre Grandi Giri - per il momento - non vogliono far parte di questo circuito. Chiaro?). Sembra di assistere ad uno spettacolo tra ubriachi: ognuno parla e nessuno ascolta cosa dice l’altro. Se fossimo al bar ci sarebbe da ridere a crepapelle, ma non è questo il caso.

INCOMUNICABILITA’. Storie già viste un’infinità di volte: un corridore taglia esultante per primo il traguardo, e poi ne arriva un altro ignaro e garrulo convinto di aver fatto altrettanto. È successo a Tom Boonen e Mirko Lorenzetto alla Parigi-Nizza, e a Bernhard Eisel alla Tirreno-Adriatico. In questo secondo caso la corsa era già finita nelle mani del russo Alexander Arekeev, che in fuga c’era stato la bellezza di 201 chilometri assieme a Contrini, Baliani e Krauss. Nessuno avverte Eisel (scherzo del destino, la sua sua squadra è la T-Mobile, il colosso delle telecomunicazioni): avranno trovato occupato?

CONTA O NON CONTA LA SALUTE? Una Sanremo da brivido, e non solo per la pioggia e il gelo. Una corsa condizionata e decimata dalle continue cadute. Uno spettacolo avvilente, al limite dell’imbarazzo. Biciclette con misure standard ingovernabili (per i nuovi geni della tecnologia asioamericana la bici su misura è ormai cosa superata, una perdita di tempo, una invenzione tutta italiana priva di significato: 5 misure standard e tutti contenti…), ruote in carbonio che sul bagnato diventano come sul ghiaccio le lame d’acciaio, gomme gonfiate all’inverosimile (dieci atmosfere, su strade rese scivolose dalla pioggia e dalla salsedine) e altre amenità di questo tipo. Parliamo di lotta al doping, e non ci si preoccupa se i corridori rischiano l’osso del collo. Conta o non conta la salute?
Pier Augusto Stagi
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