Rapporti&Relazioni
Calciociclofili

di Gian Paolo Ormezzano

Francesco Guidolin, allenatore del bel Palermo del calcio, non perde occasione di far sapere che lui è ciclofilo spinto, di quelli veri, capaci di farsi le salite di un Giro d’Italia o di un Tour de France. Giancarlo Camolese, studioso di football che ha fra l’altro allenato il Torino, focalizza la sua annata di sportivo ancora praticante su una durissima randonnée pedalata con alcuni medici sportivi torinesi più o meno anch’essi coinvolti nel mondo del pallone. Gigi Radice se non ha problemi di salute se ne va per la sua Monza in bicicletta e la domenica pedala con i cicloamatori brianzoli: ha allenato Torino, Milan, Fiorentina, Cagliari, Inter… Alberto Malesani, Parma e Fiorentina eccetera, allenatore richiesto anche all’estero, non solo si proclama adepto della bicicletta, ma arriva anche a dire che in fatto di doping il ciclismo ha pagato per tutti, pagato per ingenuità ed anche onestà nel non occultare il male che lo ha invaso.

Non ci risulta che il mondo del ciclismo conduca iniziative di sorta per agganciare questa gente capace e importante, magari portando tutte queste celebrità pallonare ad un campionato del mondo, o meglio ancora, per evitare accavallamenti di date con le faccende del calcio, ad una tappa del Giro o del Tour, e usi questo tributo di interesse e di affetto a scopo propagandistico. Non ci sarebbe niente di male, ci sarebbe sicuramente qualcosa di bene, e soprattutto non si dovrebbe temere di spartire e incrementare certi episodi di sudditanza, quando il ciclismo scodinzola, davanti al dio del calcio che gli fa magnanimamente visita, come un cagnolino davanti al padrone (un ricordo personale agghiacciante: Shevchenko portato da un amico suo e del ciclismo ad una cena milanese per celebrare i venti anni dal record mondiale dell’ora di Moser, Shevchenko neppure bravo attore nel far finta che della cosa gli frega almeno un po’, e dunque largamente inferiore, come vis recitativa, a quello che è riuscito a convincere tanti appassionati di calcio di essere andato al Chelsea per far imparare bene l’inglese al figlioletto).

In fondo proprio da Malesani abbiamo raccolto la miglior difesa di un ciclismo vessato dall’antidoping e di riflesso la peggiore accusa ad un calcio ipocrita e chimico. In fondo Guidolin al Giro d’Italia si è presentato, e non una sola volta, da pellegrino, da credente, e non mai da snob che voleva collocare qualche foto di se stesso in bicicletta. In fondo - esperienza strettamente personale, che qui rivelo per la prima volta - quel Giovanni Trapattoni che urlava il mio nome da dentro una Cinquecento nei pressi del Vigorelli, un tardo pomeriggio di ventidue anni fa, era un allenatore di calcio che voleva a tutti i costi sapere, dal giornalista amico che stava lasciando il velodromo, se Moser ce l’aveva fatta a migliorare il suo primato: e mai aveva chiesto, magari allo stesso giornalista, un risultato di calcio con la stessa stentorea voglia, fonicamente tutta esibita, di saperlo.

Tante, troppe volte ci accade di scoprire una passione ciclistica in personaggi celebri, e di spendere un decimo di secondo per criticare noi stessi che non ce n’eravamo accorti, pur amando il ciclismo e conoscendo in qualche modo quei personaggi, nonché di spendere un secondo - e non di più - per archiviare la cosa dentro noi stessi. Eppure per pedalare amatorialmente sulle nostre strade ormai tutte infide perché troppo automobilizzate e dissestate, per fare del ciclismo vivo, all’aperto, la passione deve essere vera e grande. Altrimenti c’è “infra moenia” la cyclette, c’è il forsennato spinning da manicomio.
Proviamo ad andare avanti con il pensierino ispiratore di questo intervento, rovesciandolo, rivoltandolo. Mettiamo che si sappia che un celebre calciatore o comunque un celebre bipede del jet-set adora il nuoto, e quando può è assiduo spettatore di gare in piscina: pensate che il mondo natatorio si lascerebbe sfuggire un’opportunità simile di ancorarsi ad un personaggio importante? Ha fatto qualcuno un paragone fra cosa il mondo del podismo ha saputo ricavare da Gianni Morandi che fa la maratona di New York e cosa il mondo del ciclismo non ha saputo ricavare da Romano Prodi che scala lo Stelvio in bicicletta?

Magari io non sono il più adatto per parlare di queste cose, sono antico (qualcosa di più e spero di meglio che vecchio). Ricordo quando andavo per il giornale in Liguria a scrivere articoli sui ciclisti che si allenavano d’inverno su quelle strade, erano i giorni del lievitante Festival canzonettistico di Sanremo, una volta era con me Gianni Minà già allora addentro nel mondo della musica leggera, pur essendo sempre giornalista sportivo, e lui mi disse: “Sarebbe bello abbinare il nome di un ciclista famoso a quello di un cantante o di una cantante, portare avanti i due personaggi insieme, uno che segue le avventure dell’altro”. Una specie di sponsorizzazione reciproca. E mi fece anche due nomi: Massignan per il ciclismo, Nada per la canzone. Solo che allora sembrava difficile convincere Massignan, non Nada, nel senso che Massignan era molto ma molto più celebre della ragazzina che cantava “Ma che freddo fa!”. E Massignan, si badi, non era un vincitore di Giri d’Italia e di Francia, era soltanto un bravo scalatore. Ma il ciclismo era ancora una cosa grande, vasta, pregnante. Anche adesso - chiarisco - un Massignan dei nostri tempi non si voterebbe ad un abbinamento con una Nada dei nostri tempi: ma per timore che questa Nada lo snobbi, che il mondo della canzone tratti male, come un questuante, il povero ciclista.

Amen. Ho sottoposto a chi è arrivato sin qui un mio pensiero triste dilatato forse sin troppo: non tanto un progetto, quanto un rimpianto. Aspetto che qualche ciclofilo mi dica che si sta bene così, nel nostro mondo, senza dovere sfruttare niente di nessuno, e qualche altro mi dica invece che sono bravo a parlare, magari anche un pochino a scrivere, ma che dovrei provare io a fare in prima persona le cose che scarico sulla buona volontà di altri. Oppure che non posso parlare di ciclismo, perché sono io pure uno schiavo del calcio in quanto innamorato del Toro, e il calcio è tutto un porco mondo anzi un mondo porco. In questo ultimo caso so che scomoderei Fausto Coppi, tifoso granata prima di me e forse (nulla impossibile per il Campionissimo) più di me, ma verrei accusato di necrofilia o di sfruttamento di fantasmi che non hanno modo o voglia di venire in terra a smentirmi.
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