di Danilo Viganò
Lorenzo Mark Finn ha vinto il titolo mondiale juniores a Zurigo riportando l’Italia sul gradino più alto di un podio dal quale mancava da 17 anni. Una sparata decisa, irresistibile a 20 chilometri dal traguardo, che ha mandato in tilt lo spagnolo Alvarez, uno dei grandi favoriti assieme al danese (campione uscente) Philipsen poi ritiratosi per caduta. Travolti dall’azzurro, che si è dimostrato un grande corridore, un talento capace (forse) di rilanciare il nostro panorama ciclistico: a 60 chilometri il suo primo attacco aveva messo in croce gli avversari, per una ventina di chilometri hanno faticato per inseguirlo e si sono consumati mentre l’azzurro aveva il serbatoio delle energie sempre pieno.
«Sono scattato una prima volta nonostante mancassero 60 chilometri all’arrivo - ricorda con entusiasmo e soddisfazione Finn . Non era nei miei piani di attaccare in solitaria, speravo che qualcuno mi seguisse ma in quel momento nessuno ha voluto rischiare. Sinceramente ero un po’ preoccupato di poter scoppiare ma le urla della gente mi spingevano a resistere, dandomi fiducia e forza allo stesso tempo. Quando sono rimasto da solo ho pensato da una parte che avrei potuto piantarmi e dall’altra ho iniziato a immaginare questa maglia su di me. Credo si stata una delle migliori giornate della mia vita».
È probabile che il trionfo iridato di Zurigo Finn ce l’avesse nelle gambe già qualche settimana prima del mondiale. Vuoi perchè era uscito in ottime condizioni di forma dal Giro della Lunigiana, con un successo di tappa e il secondo posto in classifica generale alle spalle del francese Paul Seixas, vuoi perchè agli Europei si era messo in luce con il quinto posto nella crono e il settimo nella prova in linea.
«Come ho detto, stavo bene per non dire in giornata di grazia. Il Lunigiana mi ha dato quella percentuale di forma in più che mi mancava per essere al top, e gli Europei hanno fatto il resto. Ho fatto qualcosa di storico, anche se per rendermene conto ho dovuto aspettare qualche giorno. Con la mia vittoria spero d’aver dato qualcosa al nostro ciclismo e mi auguro che il nostro movimento riprenda a crescere».
Finn è un altro esempio di giovane corridore che unisce con profitto il ciclismo agli studi: «A scuola vado bene e spero di diplomarmi al liceo scientifico. Nella vita di tutti giorni pedalo e studio, e nel tempo libero mi diletto a camminare in montagna, tra aria buona e suggestivi paesaggi. Trovo che sia molto stimolante e al tempo stesso rilassante».
E adesso?
«È inultile negarlo, cercherò di dare il massimo per centrare l’obiettivo del professionismo. Farò due anni tra gli Under 23, saranno molto utili per la mia crescita, poi vedremo. Sono nella squadra sviluppo della Red Bull Hansgrohe - il cui nome è Team Grenke Auto Eder - e l’innesto nella squadra maggiore è quasi automatico, ma vorrei guadagnarmelo con i risultati».
Forza, determinazione e coraggio sono nel Dna di questo giovane talento salito alla ribalta delle cronache ciclistiche da un paio d’anni. Non ha timore di osare, Finn, e lo si è visto sia al campionato italiano su strada vinto con oltre due minuti di vantaggio sul secondo - bissando tra l’altro il titolo conquistato nella crono tricolore - sia al mondiale dove si è ripetuto alla stessa maniera.
«Solitamente riesco a gestirmi bene specialmente nelle corse impegnative che presentano tracciati misti come quello di Zurigo. Attaccare da lontano non mi spaventa, se poi fallisco pazienza. Ci riproverò la prossima volta. Ho dalla mia un buon recupero e questo facilità la mia prestazione soprattutto nelle corse a tappe che sono quelle nelle quali vorrei emergere in un prossimo futuro».
Così 17 anni anni dopo Diego Ulissi (Aguascalientes, Messico 2007) è dunque toccato a Finn riportare in Italia la maglia iridata della categoria juniores. Il 18enne nato a Genova, si è imposto all’attenzione già da allievo, vincendo sette corse. L’anno scorso, all’esordio negli juniores con la CPS Professional Team, ha firmato sette successi tra cui la Sandrigo-Monte Corno, la Piancamuno-Montecampione e la Collegno Sestriere.
Quest’anno al Team Grenke Auto Eder, squadra di sviluppo della Red Bull Bora Hansgrohe di Primoz Roglic, ha ottenuto nove vittorie (comprese due cronosquadre), il quinto posto all’europeo su strada, il settimo sia al mondiale e all’europeo a cronometro, il secondo nella generale del Giro della Lunigiana.
LA CARRIERA. Lorenzo Mark Finn abita ad Avegno, ad una ventina di chilometri dal capoluogo ligure. Ha giocato a calcio come difensore nella squadra del San Bernardino ma in parallelo andava anche in bici e ha iniziato a correre da esordiente di primo anno con la società Bici Camogli Golfo Paradiso Pro Recco Bike. Frequenta con ottimi profitti il Liceo Scientifico “Leonardo Da Vinci” di Genova. Il padre, Peter è inglese di Sheffield, si è laureato in ingegneria a Coventry, e ora è Head of Strategic Optical Product Management all’Ericsson a Genova. Mamma Chiara, anche lei ingegnere, lavora negli uffici della stessa multinazionale ed è lei a dettare i tempi di famiglia, come ha fatto anche a Zurigo, ai piedi del podio: «La vittoria di Lorenzo mi rende felice, perché è riuscito a fare quello che voleva. A casa? È sempre in bici ma adesso vediamo di infilare lo spazio poer qualche libro: l’anno prossimo lo aspetta il diploma».
Il REGISTA. Il trionfo di Finn ha un un grande regista azzurro, il ct della nazionale Edoardo “Dino” Salvoldi, che è sempre più l’uomo delle medaglie: «Quando mi è stato affidato l’incarico di ct della categoria juniores, insieme ai miei collaboratori abbiamo individuato due obiettivi da raggiungere. Il primo è stato la costituzione di un quartetto in grado di vincere un titolo mondiale, evento mai accaduto per l’Italia in questa categoria, e poche settimane fa a Luoyang abbiamo centrato questo grande risultato. Il secondo obiettivo era legato al titolo mondiale su strada, anche perché ci siamo resi conto che mancava da troppi anni al ciclismo italiano. A Zurigo abbiamo chiuso questo cerchio grazie all’impresa pazzesca di Finn, quindi c’è grande soddisfazione. Voglio ringraziare tutti gli uomini e le donne che mi sopportano e mi supportano: questo è un successo di tutto il team».