Joshua Tarling, la nuova stella è pronta a brillare

di Carlo Malvestio

Ormai non dovremmo più sorprenderci di vedere dei ragazzi poco più che adolescenti fare la voce grossa nel mondo dei grandi, ep­pure ogni volta si rimane sbalorditi nel vederli così pronti, così maturi, così forti. Quest’anno è stato il turno di Joshua Tarling, classe 2004, di rivelare al mondo il suo fenomenale motore. Il giovane gallese è la risposta della Ineos Grenadiers alle squadre ri­vali, dopo che negli ultimi due anni, bisogna ammetterlo, il team britannico ha vinto meno di quanto ci si potesse aspettare e si è visto sfuggire alcuni ta­lenti, che hanno preferito virare verso altri lidi. Tarling però è un diamante grezzo che, dopo l’ormai non più sorprendente salto dal mondo degli junior a quello dei professionisti, ha cominciato subito a mettere in mostra i wattaggi della sua centralina elettrica. Nel giro di qualche mese a cronometro si è imposto come uno dei migliori del mon­do.
«È un mostro di potenza - ha detto in una recente intervista il compagno di squadra Geraint Thomas -. In un’ora di cronometro ha tenuto dei wattaggi medi che io tengo per poco più di 10 minuti».
C’è da credergli, perché d’altronde non è da tutti laurearsi campioni europei contro il tempo all’età di 19 anni, rifilando più di 40” a Stefan Bissegger e Wout Van Aert, oppure concludere sul podio il suo primo mondiale da pro, battuto solo da Remco Eve­nepoel e Filippo Ganna, dopo aver conquistato l’iride tra gli junior l’anno prima in Australia. Lo stesso Eve­nepoel che poi Tarling ha battuto alla Chrono des Na­tions, volando alla media di 52,386 km/h nei 45,4 km di prova. Non solo, è diventato anche campione britannico contro il tempo e si è imposto come il corridore più giovane dell’anno a vincere una corsa WorldTour, la crono del Renewi Tour.
La Ineos non ha intenzione di perdere tempo con Joshua e lo ha subito gettato nella mischia nelle classiche del pavé e delle Ardenne, in attesa di capire qua­le percorso possa essere a lui più adatto, fermo restando che potrebbe presto di­ventare il cronoman più forte del mondo.
«Ha qualcosa di Bradley Wiggins e qualcosa di Chris Froome. Del primo ha la capacità di andare forte e a lungo, del secondo la possibilità di tenere un’altissima frequenza di pedalate» ha invece detto il suo connazionale Luke Rowe.
Ab­biamo avuto la fortuna di incontrare Joshua Tar­ling in DMT, azienda della quale è di­ventato testimonial (in­sieme a campioni del calibro di Poga­car, Ayu­so e Vi­via­ni) e dalla quale ha ricevuto le sue prime scarpe personalizzate per ce­le­bra­re il trion­fo eu­ro­peo di Em­­men. Sor­ri­den­te e gioviale, ma non di mol­te pa­role, Tarling si è fermato nell’azienda del Gruppo Zecchetto di ritorno dal Giappone, dove aveva partecipato al Cri­terium di Saitama insieme ad altri campioni.
Joshua, come è andata la trasferta nipponica per il Criterium di Saitama?
«Mi sono divertito un sacco in Giap­pone, c’erano tantissime persone ad applaudirci, a chiederci foto e autografi. È bello poter fare questo tipo di eventi di fronte a tifosi e appassionati con una cultura così diversa dalla no­stra».
Cominciamo un po’ a conoscerti, come hai iniziato ad andare in bicicletta?
«Mio papà usciva spesso in bicicletta e faceva anche qualche garetta a Shrew­sbury. Io ho cominciato a seguirlo fin da quando avevo 6 anni, pedalavo sugli stessi percorsi e anch’io partecipavo a qualche competizione per divertimento. A Newport, poi, c’era una pista do­ve ho iniziato ad andare sempre più frequentemente, entrando a far parte del progetto della federazione nazionale. Per qualche anno ho corso anche con la squadra dell’ex professionista Ma­­gnus Bäckstedt, nella quale ho po­tuto imparare molte cose».
Anche tuo fratello sta crescendo bene…
«Sì, esatto, mio fratello Finlay è due anni più piccolo di me, corre, ed è an­che un buon cronoman. Alla Chrono des Nations che io ho vinto coi professionisti, lui ha chiuso secondo con gli juniores. Devo dire che in famiglia sia­mo tutti appassionati di ciclismo».
Continueremo a vederti gareggiare nei ve­lodromi?
«Non ho intenzione di smettere con la pista, anzi, da quando sono arrivato in Ineos Grenadiers mi è venuta ancora più voglia di praticarla (è campione eu­ropeo U23 nell’inseguimento a squadre, ndr) seguendo le orme di alcuni dei migliori pistard del mondo, come anche Elia Viviani. Io credo che le due attività funzionino bene insieme, in pista ti alleni full gas e quindi tieni alta l’intensità, mentre su strada migliori la resistenza e alla fine tutto torna utile in entrambe le discipline».
Quando hai capito che saresti passato professionista con la Ineos Grenadiers?
«È sempre stato un sogno per me unirmi a questa squadra. Le mie performance in pista e poi la medaglia d’argento conquistata da primo anno ju­nior ai Mondiali a cronometro nelle Fiandre hanno fatto sì che entrassi in contatto con loro. Inizialmente pensavo di dover fare una stagione tra gli Under 23 ma poi l’anno scorso ho vinto un po’ di corse e si è subito presentata la possibilità di passare professionista. Non potevo tirarmi indietro».
La stagione di debutto è stata davvero im­pressionante. Te l’aspettavi?
«No, era davvero impossibile immaginarsi una prima stagione tra i professionisti di questa portata. Ma ho trovato subito l’ambiente giusto in squadra, un sistema e un modo di allenarsi perfetto per le mie caratteristiche. E alla fine i risultati sono stati davvero incredibili».
Il giorno in cui sei andato più forte?
«Sicuramente agli Europei in Olanda. Tutto ha funzionato alla perfezione, è stata una giornata speciale».
C’è qualcuno a cui ti ispiri?
«Non ho un vero e proprio idolo, ma tanti corridori che ammiro e che seguo. Ovviamente ci sono i miei connazionali e compagni di squadra Geraint Tho­mas (Joshua era in piazza a Cardiff nel 2018 quando Thomas festeggiò la vittoria del Tour de France, ndr) e Luke Rowe che sono fonte d’ispirazione, ma mi so­no sempre piaciuti anche Bradley Wig­gins e Mark Cavendish».
Hai avuto modo di imparare tanto dai se­natori della Ineos quest’anno?
«Certo, quest’anno mi sono fatto guidare totalmente dai corridori più esperti, da Rowe, Thomas, Swift e Kwiatko­wski che, per esempio, conosceva a me­moria l’Amstel Gold Race e mi ha bombardato di informazioni. Se pedali con corridori come loro, devi semplicemente stare lì, ascoltare quello che ti dicono e metterlo in pratica. Altrimenti dovresti impararlo da solo e soprattutto fare grandi sforzi. Così, invece, si apprende tutto più velocemente».
E cosa ci dici di Filippo Ganna? Siete an­­che fisicamente simili…
«Sono fortunato a poterlo chiamare amico. Durante le classiche del nord sono stato in camera con lui e devo ammettere che mi sono divertito parecchio. È un ragazzo super simpatico dal quale c’è tanto da imparare. Fuori dalle gare cerchiamo di parlare il meno possibile di ciclismo, ma qualche consiglio in gara e soprattutto per le cronometro gliel’ho chiesto».
Nelle crono sei già un asso. Vuoi provare ad importi anche in altri terreni?
«Sicuramente sì, ma non so ancora qua­­le sia la strada che vuole farmi prendere la squadra. Le classiche sono certamente qualcosa che ho in mente e con le quali mi piacerebbe continuare a misurarmi in futuro. Solo il tempo po­trà dirmi dove posso arrivare».
La corsa dei sogni?
«La Strade Bianche. Mi affascina tantissimo. Polvere e sterrati mi piacciono, mentre è da vedere come digerisco gli strappi e le salite, perché ancora non ho un’idea chiara su questo».
E lontano dalle corse che ragazzo sei?
«Sono un grande appassionato di Mo­toGP, sono anche stato vedere il gran premio di Valencia quest’anno. Potete definirm così, ciclismo e Mo­toGP, per il resto sono un ragazzo normale, mi piace passare il tempo libero con la mia famiglia. Pilota preferito? Fabio Quar­ta­raro, ma la sua moto quest’anno non andava proprio».
Le vacanze come sono andate?
«Bene, ne ho approfittato per un po’ di relax tra Dubai e Giappone, ora però non vedo l’ora di rimontare in sella».
Cosa ti stuzzica in vista del 2024?
«Non so ancora molto, ma voglio essere pronto per le Olimpiadi di Parigi 2024, che sono il grande obiettivo del nuo­vo anno. Il percorso della cronometro mi piace molto, e anche quello della strada non è male. Forse parto dall’Au­stra­lia, e potrei debuttare in un Grande Giro correndo la Vuelta di Spagna».
Ad accompagnarti ci saranno le splendide scarpe personalizzate di DMT.
«È davvero speciale avere delle scarpe tutte per me, sono bellissime, e mi ri­tengo davvero fortunato ad averle personalizzate, fatte a posta per me. I co­lori mi piacciono tantissimo, bianco e blu con le stelle, sicuramente spiccheranno in gruppo e non vedo l’ora di mettermele».

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