Ben Healy: «Io corro sempre all'attacco»

di Giorgia Monguzzi

Ben Healy è nato il 19 settembre 2000 in un una cittadina fuori Dudley proprio al centro della penisola britannica, non ha grandi storie alle spalle e nemmeno ama parlare molto di sé, preferisce dimostrare quello che vale con i fatti e, ora come ora, ci sta riuscendo benissimo. Capelli lunghi ed anello all’orecchio, a vederlo sembra quasi un cantante rock e in effetti Ben ne condivide un po’ la sfrenatezza a cui unisce però una profonda consapevolezza del suo obiettivo: imparare tanto e arrivare il più lontano possibile.
Ben è letteralmente innamorato del ci­clismo, ha corso prima in mountain bi­ke e poi su strada, ma anche giù dalla bici segue questo sport in maniera vi­scerale come tifoso, come turista, come un vero appassionato. Nel 2022 è passato professionista con la Ef Edu­cation EasyPost e quest’anno sta dimostrando al pubblico che ha tutte le carte in regola per diventare un grande campione. I numeri in realtà li ha sempre avuti fin da ragazzo, da junior collezionava ri­sultati e nei Paesi Baschi ha addirittura battuto il coetaneo Rem­co Evene­poel; per chissà quali ragini la nazionale britannica non l’ha mai preso seriamente in considerazione, così ha cambiato casacca approfittando delle origini irlandesi della famiglia del pa­dre. Scatenato e intrepido, Healy si è fatto conoscere nelle categorie giovanili prendendosi la scena con azioni folli che l’hanno portato sia a sbagliare tut­to ma anche ad arrivare al traguardo con le braccia alzate. Non ha mai voluto sentire ragione, gli attacchi da lontano sono diventati un suo marchio di fabbrica e guai se il direttore sportivo cerca di fargli cambiare idea. Nel 2019 era uno dei più giovani al Tour de l’Avenir e nella quinta tappa, a Saint Ju­lien Chapteuil sotto la pioggia si è ritagliato la prima grande vittoria.
Nel 2020 ha replicato il successo a la Ron­de de l’Isard mentre al Giro d’I­ta­lia Un­der 23 ha dato una gran mano a Tom Pidcock per portarsi a casa la rosa. E’ stato un anno fondamentale per Healy che, nonostante la pandemia, è riuscito a dimostrare di avere la stoffa del campione. Ai campionati nazionali ha dominato la prova a cronometro degli under 23 staccando di 45” il secondo classificato e addirittura nella prova in linea riservata agli elitè si è fatto 120 km in solitaria rifilando  2’37” all’espertissimo Nicolas Roche.
Ama attaccare, ama gustarsi la bellezza del ciclismo provando il brivido dell’azione.
È affascinato dal nostro paese che già nel 2021 gli aveva regalato una gioia con la vittoria dell’ultima tappa del Giro Under 23 dominato da Juan Ayu­so. Quest’anno proprio in Italia ha trovato il successo nella terza tappa della Coppa e Bartali e poi a Larciano, la ricetta è sempre stata la medesima: un attacco da lontano e l’arrivo in solitaria. Il tenace irlandese è esploso completamente alle classiche delle Ardenne dove ha tenuto letteralmente testa e tutti i più grandi specialisti del panorama internazionale.
Alla Freccia del Brabante è stato battuto dal francese Dorian Gadon dopo un’emozionante fuga a due, mentre all’Amstel Gold Race è stato l’unico ad impensierire uno scatenato Tadej Po­gacar che ha dato la biada a tutti. In­fine la Liegi, il podio sfiorato dopo una corsa che non ha risparmiato niente a nessuno.
Al Giro c’era grande attesa per il ragazzo irlandese che si era scatenato nelle classiche e che in Italia si metteva alla prova con la sua prima grande corsa a tappe.
Il portacolori della Ef non si è mai montato troppo la testa, ma preferisce lavorare duro: il suo piano era quello di fare una buona cronometro d’apertura (Healy è campione nazionale nelle prove contro il tempo) e magari concedersi qualche giorno in rosa puntando sulla tappa di Lago Laceno, ma tutto non è andato proprio secondo i desideri. L’irlandese ha consumato energie sin dall’inizio della quarta tappa mettendo in scena una quantità incredibile di attacchi che però non gli sono valsi l’obiettivo di entrare nella fuga di giornata. Eppure in quel giorno ha imparato molto e in fretta e l’ha messo in pratica quattro giorni dopo nell’ottava frazione, quella dei muri marchigiani. Healy è partito da Terni con una sola idea in testa, prendersi la tappa in ogni modo possibile e a circa 50 km dall’arrivo ha messo in scena il suo piano. In fuga con altri 11 atleti, sulla prima ascesa verso la salita dei Cappuccini ha salutato la compagnia lanciandosi in un’azione che pareva folle e invece Ben ha incrementato sempre di più il margine giungendo al traguardo con 1’49” di vantaggio sul secondo classificato. Era dal 2018 che al Giro non si vedeva un distacco simile.
«Le prime tappe del Giro sono state per me molto impegnative - ha raccontato Healy -: sono arrivato alla corsa rosa con tanta voglia di imparare e provare ad attaccare. Lo ammetto, volevo vincere una tappa ed era fondamentale provarci, la prima occasione era l’arrivo di Lago Laceno. Quel giorno ho speso tante energie per riuscire a centrare la fuga e così nel momento cruciale, non ne avevo più, ma ho imparato la lezione. Prima della partenza della tappa di Fossombrone ho pianificato la tattica con il mio diesse Van Garderen e, una volta in fuga, ho provato ad andare via da solo, sentivo che quello era il momento giusto. Vincere è stato bellissimo»
Dopo Fossombrone Healy non si è di certo fermato, ma ha continuato ad attaccare tappa dopo tappa inseguendo l’obiettivo della maglia azzurra poi sfumato totalmente nella terza settimana. Nella frazione da Seregno a Bergamo è andato all’attacco fin dai chilometri iniziali, ha letteralmente preso d’assalto tutte le salite inscenando un vero e proprio duello con Rubio e poi nel finale giocandosi la vittoria a tre in uno sprint sul vialone di Bergamo. Non è arrivato il successo ma un secondo po­sto dietro a Brandon McNulty che l’ha battuto negli ultimi metri.  Nessun ri­morso per l’irlandese che ha fatto i complimenti all’avversario con una stretta di mano e con i ringraziamenti per la bella sfida.
Il talento di Healy cresce e lo sanno be­ne i suoi direttori sportivi Tejay Van Garderen e Charlie Wegelius che all’unisono sottolineano le grandi capacità del ragazzo.
«Healy è incredibile, ha già dimostrato di avere la stoffa del campione e quest’anno è letteralmente sbocciato. Per il momento preferisce fare ancora di testa sua, ma tenetelo d’occhio, vi regalerà delle belle sorprese.»
Per Van Garderen, che nel 2017 aveva vinto una tappa al Giro, la frazione di Fossombrone è stato in assoluto il mi­glior giorno in ammiraglia. Anche Vincenzo Nibali ci aveva parlato del giovane irlandese proprio alla vigilia della corsa rosa prospettandoci delle grandi cose, il siciliano ci aveva proprio visto giusto. Il Giro ci ha fatto scoprire Healy, ma è solo l’inizio della carriera di questo ragazzo giovanissimo che ama follemente il ciclismo.
Alla Parigi-Roubaix non ha gareggiato, ma è arrivato in versione turista per aiutare la squadra al rifornimento: si è emozionato a bordo strada promettendo prima o poi di prendere parte alla corsa delle pietre. L’irlandese ama la bicicletta e vuole vivere il mondo dello sport alla sua maniera, sognando e at­taccando, godendosi il viaggio. Oc­cor­rerà sicuramente del tempo per imparare a gestire meglio le energie e magari un giorno potrà anche ambire a diventare un corridore da corse a tappe. Per adesso Ben Healy continua ad inseguire i suoi sogni facendo follie in bici e regalando emozioni ai suoi sempre più numerosi tifosi.

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