Van Aert, il campione eccezionale

di Francesca Monzone

Ha indossato la maglia gialla per quattro giorni, ha vinto tre tappe, tra cui la cronometro di Rocamadour e a Parigi è salito sul palco con la maglia verde della classifica a punti. Al Tour numero 109 Van Aert ha dimostrato ancora una volta la sua versatilità, la sua potenza fisica e il suo altruismo, mettendosi ogni volta al servizio dei compagni di squadra. È stato il riferimento e il punto di forza di Jonas Vingegaard, Primoz Roglic e Christophe Laporte, portandoli alla vittoria e salvandoli in situazioni complicate. In Francia per tre settimane, Wout van Aert ha fatto quello che nessun altro avrebbe potuto fare, neanche Pogacar o Vingegaard sarebbero riusciti a lottare come ha fatto lui e per questo una giuria speciale, guidata da Laurent Jalabert e Andy Schleck e dal pubblico, gli ha consegnato il premio di super combattivo della Grande Bouclr.
Il belga era in competizione per questo titolo con Simon Geschke, Alexis Gou­geard, Louis Meintjes, Thibaut Pinot, Tadej Pogacar, Nils Politt, Neil­son Powless, Quinn Simmons e Fred Wright, ma nessuno dei giurati ha mai pensato che altri meritassero quel premio più di Van Aert. Per tre settimane il belga ha lottato come un leone in ogni tappa ed è stato il corridore che più ha infiammato il pubblico. E a Parigi il fiammingo ha dimostrato di essere capace di godersi le emozioni, tanto che sugli Champs Elyseés ha preferito gustarsi lo spettacolo e il trionfo con la sua squadra, piuttosto che prendere parte allo sprint finale.
«È straordinario vincere il Tour de France e arrivare a Parigi con la tua squadra davanti a tutti. È bellissimo anche perché c’è tutta la famiglia ad aspettarti. Dopo la cronometro è stato difficile per me concentrarmi sullo sprint e così ho pensato che fosse me­glio vivere quei momenti in modo diverso e sono molto felice della mia scelta».
L’emozione di vincere lo sprint a Pa­rigi l’aveva già vissuta lo scorso anno, quando fu il più veloce e bissò il successo conquistato il giorno precedente nella crono. Quello era un Tour particolare però_ Roglic era caduto e a Ti­gnes si era ritirato, il fiammingo e Vin­gegaard avevano dovuto prendere la situaione in mano in casa Jumbo Vi­sma. Poi alla fine dell’ultima tappa non c’era stato nemmeno il tempo per festeggiare tanto che Van Aert la sua coppa di champagne l’aveva bevuta in aereo, mentre volava verso il Giappone per affrontare le Olimpiadi di Tokyo.
Durante il Tour si è parlato di Van Aert come uomo da classifica generale, perché va forte a cronometro, sa come muoversi in un volata e in salita riesce a resistere.
Per vincere un Tour de France bisogna avere grande testa e un fisico particolare, caratterizzato da quella leggerezza che ti fa volare in salita: Van Aert ha una grande personalità e una incredibile resistenza, ma pesa quasi venti chili in più di Vingegaard. Wout è possente ed è proprio questa caratteristica a garantirgli tanta potenza, la stessa che poi riesce a sprigionare nelle gare di ciclocross, dove più volte ha vestito la maglia iridata.
Possiamo discutere a lungo sulle capacità del fiammingo di vincere un grande giro, ma alla fine basta chiedere a lui cosa pensa al riguardo: «Se mi concentrassi sulla classifica generale potrei ottenere un posto tra i primi 10 ma magari anche no. Ma questo non è il mio obiettivo ora, non è quello che mi piace. In questo Tour ho corso come volevo, conquistando la maglia verde della classifica a punti e aiutando la mia squadra».
Van Aert però ha anche indossato la maglia gialla per quattro giorni ed è stato lui a portarla in Francia dalla Da­nimarca. «La maglia gialla è qualcosa di veramente speciale e ti fa fare cose impensabili. Sono stato orgoglioso di averla indossata. Il nostro obiettivo era vincere e lo abbiamo fatto con Vinge­gaard e sono pienamente soddisfatto per questo».
Van Aert ha cambiato modo di correre  grazie ad un lavoro particolare fatto con la squadra. Adesso il belga corre meglio e si diverte di più e questo lo porta ad essere molto più sereno.
La  Parigi-Roubaix e il Giro delle Fiandre restano però le sue due ossessioni: difficilmente lo vedremo cambiare rotta finché non avrà conquistato queste due Classiche Monumento.
Solo dopo che avrà realizzato questo suo sogno, allora potrà nuovamente cambiare e puntare a nuovi obiettivi, magari rivedendo le sue convinzioni e pensando ad un grande giro.
In Danimarca nella cronometro di aper­tura era già pronto a salire sul podio e a indossare la maglia gialla, poi però è arrivato Yves Lampaert a buttarlo giù in un attimo. Wout però non si è perso d’animo e quella maglia gialla se l’è presa l’indomani e l’ha riportata in Francia.
Una crono persa e una vinta e nel mezzo c’è stata tutta la follia della Gran­de Boucle, nella quale è stata proprio la Jumbo-Visma ad avere i do­minare la corsa: il team olandese infatti, ha portato a casa tre maglie su quattro, ovvero la gialla e quella a pois con Vingegaard e la verde con Van Aert.
Le vittorie di Wout sono state a Ca­lais e Losanna e poi a Rocama­dour in una cronometro fatta a tutta, di­menticando anche le fatiche fatte per arrivare in cima a dHautacam.
A Parigi ci sono stati gli abbracci e i complimenti. Il figlioletto Georges, che con mamma Sarah lo segue a quasi tutte le corse, è salito con lui sul podio, poi ci sono stati i momenti emozionanti con la squadra e gli abbracci con Vingegaard che hanno commosso tanti appassionati.
Van Aert è un corridore speciale, ha imparato a dominare la propria indole, ha imparato a fare squadra: a  Rocamadour stava parlando in mondovisione rilasciava ma quando è arrivato Vingegaard al traguardo si è alzato di corsa ed è andato ad abbracciare il compagno, che quel giorno aveva vinto il Tour de France.
«E' raro che io mi commuova in questo modo - ha detto po riprendendo le interviste - ma questo è stato un Tour veramente speciale per noi, è indescrivibile tutto quello che stiamo vivendo e sono felice di far parte di questa squadra che da subito ha dimostrato che avrebbe fatto di tutto per conquistare la vittoria finale».
La maglia verde della classifica a punti era il suo obiettivo e l’ha conquistata con grande autorevolezza: è  riuscito a vincere con un forte grande vantaggio sui suoi avversari: in questo Tour è stato il simbolo perfetto, del corridore che vince e che porta alla vittoria la propria squadra, che ora ha fatto confezionare delle apposite ma­glie verdi e gialle per celebrare le vittoire del belga e del danese.
Il Van Aert che ha appassionato il mondo sfidando ad ogni gara Van der Poel, adesso è pronto a voltare pagina e a volare senza rivali. Pensa al Mondiale in Australia e poi, quando comincerà la stagione del ciclocross, dovrà decidere cosa fare. Ma se al mo­mento è in dubbio cosa il fiammingo farà in inverno, per certo sappiamo, che il 2023 sarà per lui l’anno delle Classiche Monumento e farà di tutto per realizzare un altro sogno, forse il più bello per lui: conquistare finalmente la Parigi-Roubaix e il Giro delle Fiandre.

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