Pogacar, il re dei due Mari

di Pier Augusto Stagi

Se la Tirreno Adriatico è sta­ta uno spettacolo di rara bellezza, il vincitore non è stato da meno, visto che pa­re venuto dal cielo in terra a miracol mostrare. Tadej Pogacar è chiaramente la classica ciliegina di una torta che la si mangia con gli occhi. E noi, malati di bicicletta, questa corsa dei Due Mari ce la siamo davvero divorata con lo sguardo, grazie a questi quattro fenomenali interpreti del ciclismo moderno che rispondono ai nomi di Tadej Pogacar, Julian Ala­philippe, Wout Van Aert e Mathieu Van der Poel.
Una corsa pazzesca, animata anche da eccellenze del pedale di prima grandezza come Egan Bernal e Vincenzo Ni­bali, Mikel Landa e Matteo Fabbro, Joao Almeida e Simon Yates. Ma in questa corsa fatta di grandi “griffe” quello che più impressiona è lui, questo ragazzo sloveno di soli 22 anni che fa le cose con una naturalezza quasi imbarazzante.   
I numeri parlano per lui. Sono lì da leggere. Dal 2019 - anno in cui ha debuttato tra i professionisti - ha vinto il 50% delle corse a tappe a cui ha partecipato, 6 su 12. A 22 anni e mezzo conta 20 vittorie: Nibali, Contador e Froome alla stessa età erano a quota zero. Poi, se proprio vogliamo proseguire il ragionamento, con tutte le cautele del caso e toccando ferro anche per lui, anche dopo aver fatto la scorpacciata del Tour de France solo qualche mese fa, il ragazzo della UAE Emirates non ha mostrato cedimenti. Non si è ripresentato al via scarico o svogliato, ma più competitivo che mai. Altro che pa­gare dazio dopo un inverno tra stress e pressione dei media, premiazioni e impegni extra corsa, per non parlare di un rinnovo triennale che fa­rebbe girare la testa a chiunque (si par­la di 3 milioni di euro a stagione, premi esclusi, ndr). Lui, il pupo di Mauro Gianetti, si è ripresentato al via vincendo l’Uae Tour e ha bissato con sicurezza alla Tirreno. Può bastare? In attesa della Campagna del Nord, chiaramente sì.
Lo so bene anch’io, dopo anni di corse e stagioni filate via una dopo l’altra in un amen, la stagione successiva a quella in cui si vince il Tour de France o comunque una grande corsa, è la più complicata di tutte. Solo sei mesi fa lo sloveno è diventato la maglia gialla più giovane degli ultimi 116 anni. E se lo si stuzzica sull’argomento, lui risponde come se fosse in bicicletta: con naturalezza e quel sorriso tra il divertito e il sognante.
«Se sono in gara faccio la gara, io non vado alle corse per allenarmi, ma ci vado per divertirmi e mi diverto solo se riesco a ottenere il miglior risultato possibile. Alla Tirreno stavo bene, perché tirarsi indietro?».
Va forte su tutti i terreni, Taddeo. In salita e a cronometro, in discesa e sul piano. E a rendere tutte queste doti letali c’è la testa, che non è marginale, anzi. Anche nella tappa spacca gambe del Muri di Castelfidardo, dove avrebbe potuto nel finale raggiungere e su­perare uno spettacolare ma oramai esausto Van der Poel, si è accontentato di guadagnare su tutti e chiudere se­condo a pochi metri dal campione na­zionale olandese. Per non parlare della crono conclusiva di San Be­nedetto del Tronto nella quale lo sloveno ha confermato di andare fortissimo, tanto da chiudere al quarto posto, subito dietro a Van Aert che è riuscito a battere Gan­na, al quale non è riuscito il nono successo di fila, mentre tra di loro si è inserito il campione continentale Küng. E a testimoniare il dominio di Pogacar c’è il distacco del terzo classificato nella generale, Mikel Landa: 3’57”. Il più ampio tra primo e terzo nella storia della Corsa dei Due Mari (56 edizioni, ndr), oltre alla media finale più alta: 41,681 km/h. Tadej, che ha vinto a 22 anni, 5 mesi e 23 giorni, è il quinto più giovane di sempre. Insom­ma, numeri da fenomeno. Uno di fila all’altro.
Molti l’avrebbero voluto vedere volentieri al via anche della Sanremo, ma anche in questo caso è stato lo stesso fuoriclasse sloveno, con assoluta naturalezza, a motivare l’assenza: «Non ci sarò e non ho rimpianti - ha spiegato poco dopo aver ricevuto il tridente della Tirreno -. Adesso ho bisogno di riposo, ripartirò a inizio aprile dai Paesi Baschi con la mente fresca e poi sarò a Freccia Vallone e Liegi-Ba­stogne-Liegi».
Un ragazzino che incanta e conquista, ma pensa già ai ragazzini. A San Bene­det­to è stata notata una signora con tan­to di felpa con la scritta “Pogi Team”. Lei è Teja Hauptman, moglie di Andrej, l’ex prof della Lampre, ami­co da sempre di Beppe Saronni, che oggi è il tecnico e il talent-scout della UAE Emirates. Taddeo l’ha scoperto lui. Bene, il vivaio voluto da Pogacar si chiama appunto “Pogi Team Generali Rog”, creato insieme alla Rog Cycling Association. Il tutto per ringraziare la Rog Ljubljana, squadra con la quale il talento sloveno ha mosso le prime pe­dalate ed è cresciuto: «Il team ha 100 bambini, si allenano in Slovenia e inizieranno a correre a fine marzo - ha spiegato in quei giorni Alex Carera a Ciro Scognamiglio de La Gazzetta dello Sport, che con il fratello Johnny è il ma­nager di Pogacar -. Hauptman, diesse di Tadej quando era ragazzo, e il padre di Tadej sono il team principal e il ge­ne­ral manager. La maggior parte degli sponsor è italiana: le bici, per esempio, sono Colnago».
Taddeo ha lo spirito del ragazzino e come tale si gusta tutto, a pieni polmoni. Una vittoria che lo gratifica, ma non lo esalta: quello no, perché il pupo è tipo concreto e non si lascia andare a facili entusiasmi. «La Tirreno? E una grandissima soddisfazione averla vinta - ha detto -. È tra le più belle e prestigiose corse a tappe di una settimana. Quella di quest’anno è stata poi di un livello pazzesco e sono felice di averla conquistata io, ma la stagione è ancora lunga…».
Lo strapotere di questo ragazzo sloveno ha preso forma nella tappa verso i Prati di Tivo, quando si è andato a prendere la tappa regina della Tirreno-Adriatico con maglia azzurra annessa. In quell’occasione si è sbarazzato pri­ma di Egan Bernal e poi di Geraint Tho­mas, restando solo già a 5 chilometri dalla linea bianca. «Quel giorno ho davvero firmato una prestazione molto buona - ci racconta con orgoglio -. Vi­ci­na al mio massimo. Ho attaccato presto perché è così che si deve fare se vuoi guadagnare tanti secondi».
Contento è anche e soprattutto John Wakefied, l’allenatore sudafricano che è il coordinatore della performance della UAE Emirates, che al sito Velo­news aveva confidato: «Il principale pre­gio che ha Tadej forse è quello che non va mai nel panico, non si stressa mai, non ha mai la luna storta. Credo siano elementi chiave per le sue prestazioni. Ma ha margini per progredire. Il miglior Pogacar non si è ancora visto».
L’impressione che si ha di Taddeo è che John Wakefied abbia assolutamente ragione.

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