Editoriale

di Pier Augusto Stagi

ANDIAMO AD INCOMINCIARE. Siamo alla fine di un lungo e interminabile inverno, nel quale abbiamo saltato a piè pari la primavera, e si spera in questa estate calda fatta di corse e rincorse, di volate e scalate, accelerazioni e cadute, ma si spera non di ricadute (leggi Covid-19). Forse ci siamo, forse si parte, forse si fa. Che stress cari amici di tuttoBICI. Ancora poco, qualche settimana appena e torneremo a veder corse e competizioni. Qui da noi si ricomincia tra pochi giorni, dal 17 al 31 luglio, con raduni e corse per juniores e dilettanti, sulle strade della Romagna. Fine delle vacanze per ragazze e ragazzi che in questi anni in questo periodo di riposo non ne hanno mai fatto, anzi. Bravo Davide Cassani, ancora una volta, ancora di più, che da commissario tecnico della Nazionale e direttore Apt dell’Emilia-Romagna - coadiuvato dal gruppo della Nuova Ciclistica Placci di Marco Selleri, che ha portato alla rinascita del Giro d’Italia Under 23 - ha deciso di raggruppare tutti, dilettanti Under 23 ed élite, team Continental, juniores uomini e donne, negli alberghi della Romagna, e alternare corse e allenamenti, strada, pista e fuoristrada nel segno della multidisciplinarietà, parola chiave sia per il Ct azzurro che per il numero uno del ciclismo italiano Renato Di Rocco. Ci siamo, ripartiamo e teniamoci forte, non per mano, per ora no, teniamo le distanze senza contatti, perché siamo sport di prossimità, ma non perdiamoci di vista. Non perdiamoci lo spettacolo. Andiamo ad incominciare. Forse.

NON CONTIAMO PIÙ. Si ricomincia anche con la massima categoria, i professionisti. Il via alle corse di WorldTour il 1° agosto, con la Strade Bianche, in terra di Toscana. Poi Sanremo, Lombardia e via elencando. Il calendario c’è, stipato come pochi, ma era difficile fare altrimenti, anche se Oltralpe hanno fatto come hanno voluto, anche perché le prime a voler che così fosse sono state le squadre, che all’unisono hanno chiesto all’Uci una sola cosa, solo una: il Tour. E su questo si è lavorato. Il Covid ha scompaginato tutto, molto, se non tutto. Ci ha fatto cappottare, e ha evidenziato ancora di più la differenza che esiste tra le corse targate Aso e quelle di matrice Rcs Sport. Una forbice che si è maledettamente allargata, che non si è solo aperta, ma spalancata, per mancanza di una visione politica italiana nel salotto buono dell’Uci. Il nostro movimento contava già poco, adesso conta ancora meno. Il Belgio di Tom Van Damme (con alle spalle Tomas Van der Spiegel, il Ceo di Flanders Classic con un pacchetto di corse importante composto da 35 gare) ha chiaramente stretto un patto con gli amici di Aso e ha fatto man bassa. Noi siamo stati a guardare, senza neanche accorgerci di quanto stava accadendo sotto il nostro naso. Tom Van Damme, presidente della Federazione belga, componente del direttivo Uci, presidente della Commissione Strada e del Consiglio Professionistico è chiaramente persona di peso, che conta e ha il supporto dell’organizzazione più importante del movimento belga. Da noi questa sinergia manca. Renato Di Rocco, vice-presidente Uci, fa quello che può. Gianni Bugno è l’unico azzurro a sedere in una commissione (Consiglio del ciclismo professionistico): punto. Contiamo fino a due, quindi troppo poco. Paolo Bellino, Ad e direttore Generale di Rcs Sport, dovrebbe essere il ministro degli Esteri di casa “Gazzetta”, a lui toccherebbe il compito di trovare alleanze e sollecitare intese politiche come seppe fare in tempi recenti il suo predecessore Michele Acquarone, ma ha altre priorità, date dal bilancio e da conti economici che devono tornare. Questa è la sua “mission”: occhio ai numeri, ma in certe occasioni è importante curare anche la prosa. Belgi e francesi si sono alleati, hanno fatto comunella per interessi comuni, tutti gli altri ad inseguire. Chi era già dietro, nemmeno si è accorto di aver perso le ruote.

RIPRENDITI LA VITA. Di Zanardi sappiamo tanto, pure troppo, anche se diverse cose vanno ancora chiarite (scorta, buche, fessure, lampeggianti, ordinanze, segnalazioni e chi più ne ha più ne metta...), ma la cosa che più m’interessa è rivedere Alex in gruppo con il suo sorriso e quegli occhi svegli, pronti e intelligenti come pochi, unitamente ad una favella incantatrice. Tre anni fa, al Giro d’Italia, con Angelo Costa e Cristiano Gatti trascorremmo una cena semplicemente memorabile, dove Alex da Castel Maggiore ci fece letteralmente piangere dal ridere. Adesso siamo lì, con il groppo in gola e il cuore inquieto che si aspetta, che si prega per un uomo divenuto personaggio globale, che incarna al meglio i valori della solidarietà. I suoi amici paralimpici - quelli di Obiettivo 3 - si sono fatti in quattro e hanno raggiunto il 28 giugno scorso come da programma Santa Maria di Leuca (Lecce), là dove l’Adriatico e lo Ionio si abbracciano. Loro, i ragazzi di Alex da Castel Maggiore, il loro Obiettivo l’hanno raggiunto, adesso tocca a lui, a questo uomo elevato al cubo che nel 2014, ad alcuni studenti romani, ebbe modo di dire: «È possibile che, se il fulmine m’è arrivato tra capo e collo una volta, mi colpisca nuovamente. Ma rimanere a casa per evitare e scongiurare quest’ipotesi significherebbe smettere di vivere, quindi no, io la vita me la prendo». Riprenditela Alex. Riprenditela. Del resto, se vuoi, ne parliamo con calma. Dopo.

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